Anief: cancellare gli scatti stipendiali significherebbe proletarizzare docenti e Ata

Dal Governo continuano a giungere segnali negativi sul mantenimento degli scatti di anzianità del personale della scuola: dal colloquio tenuto dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini con i sindacati, non sono arrivate notizie positive. Pertanto, è da ritenere “ancora valido – scrive oggi la stampa specializzata – il sistema presente nel testo "La Buona scuola" che prevedeva aumenti di 60 euro ogni tre anni” e che, nella nuova versione della progressione di carriera che prevede un terzo degli aumenti legati all’anzianità, “si tradurranno in 20 euro ogni tre anni per l’anzianità di servizio e 40 euro per i meritevoli ma non tutti”.

“Se le indiscrezioni della carta stampata dovessero declinarsi nel decreto legge in arrivo sulla scuola – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – si tratterebbe di una vera ingiustizia. Il nostro sindacato ha calcolato che il blocco stipendiale ha privato il personale a partire dal 2010 in media di 60 euro mensili: 12 euro derivano dallo stop alla vacanza contrattuale risalente addirittura al 2009. Per questo motivo, se il Governo intende continuare su tale strada si sbaglia di grosso: introdurre la meritocrazia è una cosa, un’altra è lasciare la busta paga dei dipendenti della scuola non indicizzata al costo della vita. Lo dimostra il fatto che il gap certificato tra le buste paga di chi opera nella scuola, ferme al Contratto collettivo nazionale 2006-2009, e l’inflazione è di ben 4 punti percentuali a favore di quest’ultima”.

Lo stipendio di chi opera nella scuola ha quindi perso sempre più terreno, tanto che lo scorso anno i docenti e il personale Ata della hanno percepito ancora meno del precedente: nel 2012 la media si è attestava a 29.548 euro annui, quindi 80 euro più. Il danno è stato ora prolungato fino al 2018, attraverso il comma 255 della Legge 190/2014, entrata in vigore dal 1° gennaio 2015. Solo pochi giorni fa la stampa nazionale aveva calcolato che l’addio agli scatti di anzianità avrebbe fatto perdere mediamente a fine carriera oltre 12mila euro rispetto al modello attuale legato alla carriera automatica. E proprio oggi alcuni sindacati parlano di “una riduzione di circa 8.000 euro annui degli incrementi oggi garantiti dalle tabelle contrattuali”.

“Siamo davvero preoccupati – prosegue Pacifico – anche a seguito delle ultime notizie che arrivano da Trento, dove il sindacato tradizionale ha assistito con inerzia all’abolizione degli scatti di anzianità per il personale Ata. È un precedente grave, che va a cozzare con la nostra Costituzione. In particolare con l’articolo 1, secondo cui l’Italia è fondata sul lavoro; il 3, secondo cui vanno rimossi quegli ostacoli di ordine economico e sociale, che si oppongono al pieno sviluppo dei cittadini; il 36, in base al quale il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto; il 39, che sancisce la sottoscrizione di determinati meccanismi stipendiali attraverso appositi contratti da sottoscrivere con i sindacati”.

“Abolire gli scatti di anzianità, o ridurli dell’80 per cento, significherebbe quindi proletarizzare la categoria, costringendola a stipendi bloccati per tutta la vita professionale e destinandola anche ad una pensione misera, per molti destinata ad essere inferiore ai mille euro al mese e in certi casi vicina a quella ‘sociale’. Il personale della scuola su questa ipotesi si è già ampiamente espresso, sia nel corso di centinaia di seminari Anief, realizzati dal sindacato da settembre a oggi, sia – conclude il sindacalista – attraverso le consultazioni sulla Buona Scuola”.

L’Anief si impegna sin d’ora, qualora diventasse rappresentativa a seguito delle prossime elezioni Rsu di marzo, a ribaltare queste prospettive: i lavoratori hanno diritto ad uno stipendio dignitoso, che regga almeno il costo della vita.