TARSU: produttori di rifiuti non possono smaltirli autonomamente, ma la tassa deve essere proporzionata

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2008/98/CE, relativa ai rifiuti. E’ stata proposta nell’ambito di una controversia tra la Società Edilizia Turistica Alberghiera Residenziale SpA (SETAR), proprietaria di un complesso turistico nella località di S’Oru e Mari (Italia), e il Comune di Quartu S. Elena, in merito al rifiuto della società di pagare la tassa comunale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU). Il 30 novembre 2010 la SETAR ha comunicato al Comune che non avrebbe più corrisposto, a partire dal 1° gennaio 2011, la TARSU, in quanto, si sarebbe avvalsa di un’impresa specializzata, ai sensi del d.lgs. n. 152/2006 [1] e della direttiva 2008/98 [2]. Il Comune ha informato la SETAR che essa restava obbligata al versamento della TARSU, essendo irrilevante la circostanza che la medesima società avrebbe provveduto autonomamente allo smaltimento dei propri rifiuti. La cartella di pagamento intestata alla SETAR, esponeva un importo di EUR 171 216. Nel 2012, il Comune ha peraltro concesso uno sgravio parziale e ha ridotto l’importo di EUR 74 193.

La SETAR ha chiesto alla Commissione tributaria provinciale di Cagliari l’annullamento delle cartelle di pagamento, facendo valere che contrastavano con la direttiva 2008/98 e con il principio «chi inquina paga» e che essa avrebbe dovuto essere esonerata dalla TARSU, avendo provveduto autonomamente allo smaltimento diretto dei suoi rifiuti.

La Commissione tributaria domanda alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione ammetta una normativa nazionale che non preveda per un produttore di rifiuti la possibilità di provvedere personalmente al loro smaltimento, con conseguente esonero dal pagamento della tassa comunale relativa.

Nella sua sentenza odierna la Corte ricorda che gli Stati membri avrebbero dovuto trasporre la direttiva entro il 12 dicembre 2010. La direttiva non prevede deroghe all’entrata in vigore delle misure di trasposizione. Pertanto il diritto dell’Unione e la direttiva 2008/98/CE, relativa ai rifiuti non ammettono una normativa nazionale, che trasponga una disposizione di tale direttiva, ma entri in vigore subordinatamente all’adozione di un atto interno successivo, qualora detta entrata in vigore intervenga dopo la scadenza del termine di trasposizione fissato dalla medesima direttiva.

La direttiva permette agli Stati membri di scegliere tra varie opzioni e non li obbliga a riconoscere al produttore iniziale di rifiuti il diritto di provvedere personalmente al loro trattamento e di assolvere con ciò l’obbligo di contribuire al finanziamento del sistema di gestione dei rifiuti istituito dai servizi pubblici. Lo smaltimento dei rifiuti figura soltanto all’ultimo posto della gerarchia del trattamento degli stessi e non si può concludere che il sistema permetta ai produttori di rifiuti di provvedere personalmente al loro smaltimento.

Inoltre la direttiva obbliga gli Stati membri a prevedere che i costi relativi al sistema di gestione dei rifiuti siano sostenuti dall’insieme dei produttori e dei detentori. Questa disposizione sarebbe privata di effetto utile, qualora si consentisse ai produttori e detentori di rifiuti di provvedere personalmente al loro smaltimento, con conseguente esonero dal pagamento della tassa comunale relativa. In altre parole, i produttori o i detentori di rifiuti si sottrarrebbero al finanziamento del sistema di gestione dei rifiuti che gli Stati membri hanno l’obbligo di istituire.

Il diritto dell’Unione non impone agli Stati membri un metodo preciso per il finanziamento del costo della gestione dei rifiuti: esso può, a scelta dello Stato membro, essere indifferentemente assicurato mediante una tassa, un canone o qualsiasi altra modalità. Ne deriva che una normativa nazionale la quale preveda una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato (e non al quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e conferito) non contrasta con la direttiva (v. sentenza 16 luglio 2009, C-254/08 Futura Immobiliare e a.).

Tuttavia, la tassa così stabilita non deve eccedere quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.

Nel caso di specie spetta quindi al giudice del rinvio verificare se la TARSU non comporti costi manifestamente sproporzionati rispetto alla quantità o al tipo dei rifiuti prodotti.