CREDITO AL CONSUMO: è la banca che deve provare di avere informato il consumatore e di averne verificato la solvibilità

Una direttiva dell’Unione pone a carico del creditore taluni obblighi di fornire informazioni e chiarimenti affinché, nell’ambito di un contratto di credito al consumo, il debitore possa compiere una scelta consapevole al momento della sottoscrizione del credito. Detta direttiva impone altresì al creditore di consegnare ai consumatori una scheda contenente le Informazioni europee di base e di verificare la solvibilità del consumatore. In Francia, nell’ambito di due controversie, diverse persone si sono ritrovate nell’impossibilità di rimborsare le rate mensili dei loro rispettivi contratti di credito, sicché la banca ha richiesto il rimborso immediato delle somme mutuate, oltre agli interessi. Il giudice francese chiamato a statuire su tale domanda rileva che la banca non è in grado di produrre la scheda contenente le Informazioni europee di base né alcun altro documento che provi l’adempimento del suo obbligo di fornire chiarimenti.
In uno dei casi in esame, il contratto di credito contiene però una clausola standard nella quale il debitore dà atto di aver ricevuto e di aver preso conoscenza della scheda. Il giudice francese ritiene che una clausola siffatta potrebbe rivelarsi problematica se il suo effetto fosse quello di invertire l’onere della prova a sfavore del consumatore. Il medesimo giudice afferma che tale tipo di clausola potrebbe così rendere impossibile l’esercizio del diritto del consumatore di contestare la completa esecuzione degli obblighi da parte del creditore.
Nell’altro caso, il giudice francese rileva che, per quanto riguarda l’obbligo di verifica della solvibilità, il debitore non ha fornito alla banca documenti giustificativi della sua situazione finanziaria. Tale giudice si chiede quindi se la verifica della solvibilità del consumatore possa essere effettuata sulla base delle sole informazioni dichiarate da quest’ultimo, senza un controllo effettivo di dette informazioni attraverso altri elementi. Il giudice del rinvio si chiede altresì se il dovere di fornire chiarimenti e assistenza possa essere considerato adempiuto nel caso in cui il creditore non abbia preliminarmente verificato la solvibilità e le esigenze del consumatore.
Nella sua sentenza odierna, la Corte di giustizia dichiara che la direttiva non specifica quale sia il soggetto cui spetta provare che il creditore ha eseguito i suoi obblighi di informazione e di verifica della solvibilità, cosicché tale questione dipende dall’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro. A tal proposito, è necessario che le norme del diritto nazionale non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni simili di natura interna (principio di equivalenza) e che esse non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti riconosciuti dalla direttiva (principio di effettività).
Se è vero che la Corte non nutre dubbi circa l’osservanza del principio di equivalenza nel caso di specie, essa ritiene tuttavia che il principio di effettività sarebbe compromesso se l’onere della prova della mancata esecuzione degli obblighi del creditore gravasse sul consumatore. Quest’ultimo, infatti, non dispone di mezzi che gli consentano di provare che il creditore non gli ha fornito le informazioni richieste e che lo stesso non ha verificato la sua solvibilità. Il principio di effettività è, invece, garantito laddove spetti al creditore dimostrare dinanzi al giudice la corretta esecuzione dei suoi obblighi precontrattuali: un creditore diligente deve infatti essere consapevole della necessità di raccogliere e conservare le prove dell’esecuzione dei suoi obblighi di fornire informazioni e chiarimenti.
Per quanto concerne la clausola tipo che figura in uno dei contratti di credito in questione, questa non può consentire al creditore di eludere i suoi obblighi. La clausola costituisce infatti un indizio che incombe al creditore avvalorare attraverso uno o più elementi di prova pertinenti. Parimenti, il consumatore deve essere sempre in grado di dimostrare di non aver ricevuto la scheda prevista dalla clausola tipo o che essa non consentiva al creditore di adempiere gli obblighi di informazione precontrattuali ad esso incombenti. La Corte precisa che, se una simile clausola comportasse il riconoscimento da parte del consumatore della piena e corretta esecuzione degli obblighi precontrattuali del creditore, essa determinerebbe un’inversione dell’onere della prova in grado di compromettere l’effettività dei diritti riconosciuti dalla direttiva.
Quanto alla questione se la valutazione della solvibilità del consumatore possa essere effettuata sulla base delle sole informazioni fornite da quest’ultimo senza che venga realizzato un controllo effettivo di dette informazioni mediante altri elementi, la Corte rileva che la direttiva accorda un margine di discrezionalità al creditore al fine di stabilire se le informazioni di cui dispone siano sufficienti o meno per attestare la solvibilità del consumatore e se sia necessaria una verifica mediante altri elementi. Così, il creditore può, sulla base delle circostanze del caso di specie, o accontentarsi delle informazioni che gli sono fornite dal consumatore o ritenere necessaria la conferma di tali informazioni (non si impone pertanto un controllo sistematico delle informazioni fornite dal consumatore), fermo restando che mere dichiarazioni non comprovate di un consumatore non possono, di per sé, essere considerate sufficienti se non sono corredate da documenti giustificativi.
Inoltre, dalla direttiva non emerge che la valutazione della situazione finanziaria e delle esigenze del consumatore debba essere compiuta prima di aver fornito chiarimenti adeguati. Non sussiste, in via di principio, un nesso tra tali due obblighi precontrattuali. Il creditore può quindi dare chiarimenti al consumatore senza essere obbligato a valutare, preliminarmente, la solvibilità di quest’ultimo. Tuttavia, il creditore deve tener conto della valutazione della solvibilità del consumatore, ove tale valutazione renda necessario un adeguamento dei chiarimenti forniti.
Infine, la Corte precisa che gli obblighi di informazione devono, in ragione della loro stessa natura precontrattuale, essere adempiuti preliminarmente alla firma del contratto di credito, fermo restando che i chiarimenti non devono necessariamente essere forniti in un documento specifico, ma possono essere dati oralmente nel corso di un colloquio. La Corte ricorda tuttavia che la forma nella quale i chiarimenti devono essere forniti al consumatore è questione che rientra nell’ambito del diritto nazionale.