FISCALITà: confermato regime spagnolo su deduzione delle partecipazioni azionarie in società estere

Secondo la legge spagnola relativa all’imposta sulle società, qualora l’acquisizione, da parte di un’impresa assoggettata all’imposta in Spagna, di una partecipazione azionaria in una «società estera» sia almeno del 5% e sia detenuta per un periodo ininterrotto di almeno un anno, l’avviamento finanziario derivante da tale acquisizione può essere dedotto, nella forma di un ammortamento, dalla base imponibile dell’imposta sulle società cui è assoggettata l’impresa. Per essere qualificata come «società estera», una società deve essere assoggettata a un’imposta analoga a quella prevista in Spagna e le sue entrate devono derivare principalmente da attività imprenditoriali all’estero.
Secondo il diritto tributario spagnolo, un’acquisizione di una partecipazione azionaria da parte di un’impresa assoggettata all’imposta in Spagna in una società stabilita in Spagna non consente di contabilizzare separatamente, a fini fiscali, l’avviamento finanziario risultante da tale acquisizione. Per contro, l’avviamento può essere ammortizzato se vi è un’aggregazione d’imprese.
Con diverse interrogazioni scritte nel 2005 e nel 2006, alcuni deputati del Parlamento europeo hanno chiesto alla Commissione se il meccanismo di deduzione applicabile alle acquisizioni di partecipazioni azionarie in società estere, quale previsto dalla legge spagnola in materia di imposta sulle società, dovesse essere qualificato come aiuto di Stato. La Commissione ha risposto sostanzialmente che, secondo le informazioni di cui disponeva, il regime spagnolo non costituiva un aiuto di Stato. Tuttavia, in seguito al reclamo presentato da un operatore privato nell’ottobre 2007, la Commissione ha avviato un procedimento d’indagine formale. Il procedimento sulle acquisizioni di partecipazioni effettuate all’interno dell’Unione europea è stato chiuso con decisione del 28 ottobre 2009 , quello relativo alle acquisizioni di partecipazioni effettuate fuori dell’Unione, con decisione del 12 gennaio 2011 . Tali decisioni dichiarano incompatibile con il mercato interno il regime istituito dalla legge spagnola e prevedono il recupero da parte della Spagna degli aiuti concessi.
Tre imprese stabilite in Spagna, Autogrill España, Banco Santander e Santusa Holding, hanno chiesto al Tribunale di annullare le decisioni della Commissione. Con le sentenze odierne il Tribunale annulla le due decisioni della Commissione. Secondo il Tribunale, la Commissione non ha dimostrato che il regime spagnolo fosse selettivo, mentre la selettività è uno dei criteri cumulativi che consentono di qualificare una misura come aiuto di Stato. Il Tribunale rileva anzitutto che, anche ammesso che sia dimostrata, la sussistenza di una deroga o di un’eccezione a un quadro di riferimento (nella fattispecie, secondo la Commissione, si trattava del regime generale spagnolo d’imposta sulle società e, più precisamente, delle norme relative al trattamento fiscale dell’avviamento finanziario contenute nel regime di imposizione) non consente, di per sé, di dimostrare che una misura favorisce «talune imprese o talune produzioni» ai sensi del diritto dell’Unione, allorché tale misura è accessibile, a priori, a qualsiasi impresa. Il Tribunale spiega che il regime spagnolo non ha ad oggetto alcuna particolare categoria di imprese o di produzioni, bensì una categoria di operazioni economiche, ossia le acquisizioni di partecipazioni azionarie almeno del 5% in società estere detenute per un periodo ininterrotto di almeno un anno. A tal riguardo, il Tribunale sottolinea che il regime spagnolo non esclude, a priori, alcuna categoria di imprese, poiché si applica indipendentemente dalla natura dell’attività delle stesse. Inoltre, il regime spagnolo non fissa alcun importo minimo corrispondente alla soglia minima di partecipazione del 5%. Di fatto, esso non riserva dunque il diritto di beneficiarne alle imprese che dispongono di risorse finanziarie sufficienti a tal fine.
Il Tribunale respinge poi l’argomentazione della Commissione, secondo cui il regime spagnolo sarebbe selettivo poiché favorisce esclusivamente alcuni gruppi d’imprese che effettuano determinati investimenti all’estero. Esso rileva che un simile approccio potrebbe condurre ad accertare la sussistenza della selettività per ogni misura fiscale il cui beneficio sia subordinato a talune condizioni, quand’anche le imprese beneficiarie non avessero in comune alcuna caratteristica specifica che consenta di contraddistinguerle dalle altre imprese, a parte il fatto che potrebbero soddisfare i requisiti cui è subordinata la concessione della misura.
Il Tribunale ricorda infine che una misura della quale possono beneficiare indistintamente tutte le imprese stabilite sul territorio dello Stato interessato non costituisce un aiuto di Stato alla luce del criterio della selettività e che l’accertamento della selettività di una misura deve essere fondato, in particolare, su una differenza di trattamento tra categorie di imprese sottoposte alla legislazione di un unico Stato membro, e non su un su una differenza di trattamento tra le imprese di uno Stato membro e quelle di altri Stati membri. Da ciò il Tribunale deduce che il fatto che una misura favorisca le imprese assoggettate all’imposta in uno Stato membro rispetto alle imprese assoggettate all’imposta negli altri Stati membri (in particolare perché facilita le acquisizioni di partecipazioni azionarie da parte delle imprese stabilite in tale Stato membro nel capitale di imprese stabilite all’estero) non incide sull’analisi del criterio di selettività e consente soltanto di accertare, eventualmente, la sussistenza di un pregiudizio per la concorrenza e per gli scambi.