Carica di presidente di un’autorità portuale – Requisito della nazionalità

La Costituzione italiana dispone che tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge e che la legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani residenti all’estero.

Nel 2010, alla scadenza del mandato del presidente dell’Autorità Portuale di Brindisi, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha avviato il procedimento per la nomina di un nuovo presidente. Le sue funzioni sono di assicurare la navigabilità della zona portuale, predisporre il piano regolatore portuale ed elaborare il piano operativo triennale.

Nel 2011 il sig. Haralambidis è stato nominato presidente dell’autorità portuale di Brindisi.

Il concorrente escluso, sig. Casilli, ha chiesto al TAR Puglia l’annullamento di tale nomina, sostenendo che il sig. Haralambidis non poteva essere nominato poiché non possedeva la cittadinanza italiana.

La Corte, nella sua sentenza odierna, ricorda anzitutto che le attività del presidente di un’autorità portuale sono esercitate sotto la direzione e il controllo del ministro e, pertanto, nell’ambito di un rapporto di subordinazione. Egli esercita funzioni reali ed effettive in ragione dell’assunzione di un «incarico fiduciario» conferito da un’autorità governativa e connesso all’esercizio di pubbliche funzioni. La sua remunerazione è fissata con riferimento a quella di un alto funzionario della pubblica amministrazione.

In tali circostanze, il presidente di un’autorità portuale dev’essere considerato un “lavoratore”.

Il diritto dell’Unione sancisce il principio della libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea e l’abolizione di qualsiasi discriminazione.

Detto principio fondamentale prevede delle eccezioni per quanto concerne gli impieghi nella pubblica amministrazione.

Tali eccezioni debbono però ricevere un’interpretazione e un’applicazione uniformi nell’intera Unione.

La Corte ha già dichiarato che la nozione di «pubblica amministrazione» riguarda i posti che implicano la partecipazione, diretta o indiretta, all’esercizio dei pubblici poteri e alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato.

Per contro, la deroga non trova applicazione a impieghi che, pur dipendendo dallo Stato o da altri enti pubblici, non implicano tuttavia alcuna partecipazione a compiti spettanti alla pubblica amministrazione propriamente detta.

Dal fascicolo presentato alla Corte non emerge che gli enti di cui il presidente di un’autorità portuale garantisce il coordinamento o promuove l’attività siano preposti allo svolgimento di funzioni di pubblica amministrazione.

Il presidente esercita le competenze che sono attribuite all’autorità portuale e rilascia autorizzazioni e concessioni di aree e banchine a imprese che intendano svolgere operazioni portuali o fornire servizi portuali, atti di gestione che obbediscono a considerazioni di natura principalmente economica.

In determinate circostanze, è legittimato ad adottare provvedimenti di carattere coattivo intesi alla tutela degli interessi generali dello Stato. Ma si tratta di situazioni eccezionali.
In tale contesto, un’esclusione generale dell’accesso dei cittadini di altri Stati membri alla carica di presidente di un’autorità portuale italiana costituisce una discriminazione fondata sulla nazionalità vietata dal TFUE.

Il TFUE non consente a uno Stato membro di riservare ai propri cittadini l’esercizio delle funzioni di presidente di un’autorità portuale