LA CRISI ITALIANA SI RISOLVE CON LA POLITICA E NON CON L’ECONOMETRIA

Il popolo italiano si è convinto che l’involuzione sistemica del Paese sta diventando strutturale e che l’attuale classe dirigente non ha la visione strategica per invertire il processo. L’astensione dal voto è un atto che non può essere relegato all’angolo della contestazione del sistema dei partiti, l’astensione dal voto è espressione della presa di coscienza di vivere in un sistema formalmente democratico, tipo le elezioni che avvenivano una volta nei Paesi comunisti, che esprime una classe di nominati con incarichi nella politica, svolto con lo stesso stato d’animo di chi è nominato in un consiglio di amministrazione di società. Un sistema che ha ucciso l’anima della politica, la politica che ha il compito di definire il cammino di una visione profetica impegnata a favorisce il cambiamento e l’avanzamento della giustizia a vantaggio dei più deboli.
Così in Italia stiamo rischiando di arrivare a un punto di non ritorno con la crescita di una società civile parallela a quella istituzionale, con sue regole e consuetudini, tipica dei protettorati ottocenteschi, dove il Governatore nominato dallo Stato occupante aveva il compito di raggiungere determinati obiettivi economici e geo-politici, ma non si curava del tipo di organizzazione che si dava la società civile locale escluso i motivi che oggi chiamiamo di ordine pubblico. Ci dobbiamo domandare come mai in un Paese dove per oltre un secolo le ideologie hanno imperato, con eccessi da una parte e dall’altra, oggi i Governi che si sono succeduti negli ultimi venti anni, Berlusconi, Prodi, Berlusconi, Monti e adesso Letta, sembrano tutti uguali, con programmi leggermente diversi ma nel concreto applicano le stesse politiche. Che fine hanno fatto le culture di origine? Eppure il Paese è ancora diviso sul piano ideologico-culturale, anche se un tipo di sistema elettorale ha cercato di superare questa divisione, mal riuscendoci e allontanando milioni di persone dalla politica. Perché questi Governi sono tutti uguali? Perché i provvedimenti emanati sono tutti uguali? Perché questi provvedimenti sono sempre a danno dei più deboli? La risposta può essere solo una, la politica è morta e il suo ruolo è stato sostituito dalla gestione. La classe politica che avrebbe il compito di studiare le trasformazioni in atto e di definire i relativi provvedimenti per garantire nel tempo la giustizia sociale esiste solo sul piano formale ed è divenuta copertura del sistema gestionale che opera da dietro le quinte delle istituzioni. Una classe politica non più espressione del popolo ha abdicato a favore della econometria, una scienza sociale nella quale gli strumenti dell’economia teorica della matematica e della inferenza statistica sono applicati all’analisi dei fenomeni economici.
La scienza econometrica nasce con la modellazione delle relazioni macro-economiche, gli economisti formulano modelli che descrivono le relazioni tra le diverse variabili. Questa scienza applicata alla situazione italiana incontra grandi difficoltà, come avviene per altre scienze i dati economici non hanno origine sperimentale e questo presuppone una conoscenza precisa del sistema economico in cui viene applicato il modello, ma il sistema economico italiano è complesso, articolato, miniaturizzato, sparso e in continua trasformazione, non come quei sistemi economici dove la scienza si è sviluppata che hanno un sistema sociale e produttivo molto più organico e semplificato. Sarebbe interessante applicare questa scienza per una valutazione postuma del “Piano Fanfani” degli anni cinquanta, piano con cui l’on. Fanfani diede un colpo alla disoccupazione derivante dalla fine della guerra e dal rientro dei soldati e dei prigionieri, e vedere se i risultati attesi dai modelli econometrici sono simili a quelli ottenuti allora. Le politiche portate avanti dai vari ministri del tesoro e delle finanze, Visco, Tremonti, Grilli, Saccomanni non sono state diverse tra loro essendo espressione delle stesse scuole di pensiero e applicate dagli stessi tecnici. La definizione della politica economica della Unione Europea e dell’Italia deve ritornare nelle mani della politica, la politica deve smettere di mettere imprimatur a sistemi definiti da altri, dei quali si debbono rispettare le competenze e valutare le proposte ed i consigli, ma la faccia di fronte agli elettori per le scelte fatte ce la debbono mettere i politici. Se la politica continua a vergognarsi, a non avere la capacità anche di scontrasi, si può cambiare il professore di matematica ma il teorema di Pitagora è sempre lo stesso.

CORRADO TOCCI
SEGRETARIO POLITICO POPOLARI GLOCALIZZATI