"Alla fine abbiamo scelto la soluzione che garantiva il miglior impatto sia sulla crescita che sul piano redistributivo, ovviamente a saldi invariati perchè i vincoli internazionali non si toccano". Da palazzo Chigi spiegano così la nottata del Consiglio dei Ministri, che ha visto gli italiani addormentarsi con la secca smentita in diretta tv ai danni di Gianfranco Polillo, salvo poi svegliarsi con il taglio di un punto delle prime due aliquote Irpef e l’aumento di un punto delle ultime due aliquote Iva. Con il primo però che scatta subito da gennaio, il secondo solo da luglio: "E sempre che – dicono dal governo – non si riesca ancora ad evitarlo".
Alla fine dunque aveva ragione il sottosegretario all’Economia: la proposta di tagliare l’Irpef era effettivamente sul tavolo del Consiglio che discuteva il ddl stabilità (ancora in attesa di ‘bollinatura’ dalla Ragioneria), preparata nei dettagli dal ministro Vittorio Grilli. "Una proposta così ben articolata e strutturata da convincere il Cdm ad approvarla", spiegano i collaboratori di Mario Monti. Che oggi spiegano così la scelta notturna: "Il combinato disposto del taglio delle aliquote più basse dell’Irpef e l’aumento delle due aliquote più alte dell’Iva è quello che garantisce, a saldi invariati, il miglior impatto sulla crescita e il miglior effetto produttivo". E questo "conti alla mano, dopo un’approfondita discussione tecnica nel merito della questione". Andando anche incontro alle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali, "che da tempo ci invitano a spostare il peso fiscale dalla tassazione diretta, l’Irpef, a quella indiretta". Considerando anche che l’effetto sui redditi alti dell’aumento dell’Iva, tecnicamente meno pesante che su quelli bassi, viene "compensato" dagli interventi sulle detrazioni che invece colpiscono i più abbienti.
Ma soprattutto, a indirizzare sulla strada scelta è stato lo sfalsamento dei tempi: la riduzione Irpef scatterà da gennaio, l’innalzamento dell’Iva solo da luglio. "E in questi sei mesi non è detto che non si riesca a trovare il modo di evitarlo: ci sono ancora i proventi della lotta all’evasione che potrebbero essere utilizzati per congelare al 10 e al 21% le due aliquote Iva", spiegano da via XX Settembre. E proprio questo sarebbe stato l’argomento con cui Grilli avrebbe convinto Monti, più propenso – pare – al solo taglio Irpef e preoccupato per l’effetto regressivo sui consumi dell’aumento Iva. Così invece, è la tesi che ha prevalso, "i mercati sono rassicurati dalla prospettiva dell’aumento dell’Iva, per sei mesi gli italiani avranno solo l’effetto progressivo del taglio Irpef, e non è detto che alla fine l’Iva aumenterà". Oltre al fatto, da non sottovalutare nell’ottica del Tesoro, che il taglio Irpef vale cinque miliardi in meno, l’aumento Iva 6,5 in più: saldo positivo di 1 miliardo e mezzo.
Ragionamenti che hanno convinto Monti, ma che non hanno impedito a molti ministri di lamentare la scarsità di risorse per i propri dicasteri, con il sottinteso che quelle risorse potevano essere invece destinate a loro: Balduzzi alle prese con i tagli alla sanità, Fornero con il sistema welfare sempre bisognoso di risorse, Profumo per la scuola. E soprattutto Corrado Passera, in difficoltà a reperire fondi per i propri progetti di sviluppo, e che – raccontano – non ha preso affatto bene vedere dirottate sul taglio delle tasse risorse a lui negate per i suoi decreti sviluppo.
Sullo sfondo c’è poi la partita politica: tra i partiti in Parlamento, con l’irritazione del Pd per i tagli alla sanità e quella del Pdl per l’aumento Iva, che si intreccia con quelle che giocano alcuni ministri in vista di un possibile futuro politico.
Qualcuno legge così la durezza con cui Antonio Catricalà ieri notte ha smentito Polillo, così come il malumore di Passera. Del resto, osservano fonti parlamentari, "se ci sarà un Monti bis non ci sarà posto per tutti gli attuali ministri, visto che sarebbe un governo con presenze politiche…". Quanto al Pdl, qualcuno dal governo se la ride: "Hanno promesso per anni la riduzione dell’Irpef senza mai farla, l’abbiamo fatta noi… D’altronde, ha un effetto redistributivo verso il basso, e non pare che loro abbiano a cuore i più disagiati".
