‘C’è un populismo giuridico che ha come obiettivo Monti e Napolitano’ e che ‘usa le Procure come clava politica’. Così Luciano Violante, ex magistrato ed ex presidente della Camera, intervistato dal quotidiano ‘La Stampa’, parla dell’inchiesta di Palermo sulla presunta trattativa Stato-mafia individuando ‘un blocco che fa capo a ‘Il Fatto’, a Grillo e a Di Pietro, che sta reindirizzando il reinsorgente populismo italiano. Quello di Berlusconi attaccava le procure. Questo cerca di avvalersene avendo individuato in quelle istituzioni i soggetti oggi capaci di abbattere il ‘nemico’ e di affermare un presunto nuovo ordine, che non si capisce cosa sia’.
Ma, spiega Violante, ‘se il populismo vuole giocare le sue carte, deve giocarle contro gli architravi che oggi tengono in piedi l’Italia: Monti e il Quirinale. E poiche’ Monti non e’ abbattibile senza abbattere chi lo ha proposto, si punta al Colle. E fa male vedere che grandi intelligenze si rendano strumento di una simile operazione, restando insensibili alle conseguenze’. Il blocco di cui parlo, aggiunge, ‘punta sulla procura di Palermo e non su quella di Taranto, ad esempio, perchè a Palermo si ipotizza, vedremo quanto fondatamente, che uomini politici, per altro non individuati, abbiano negoziato con la mafia: argomento utile per questo populismo’. Da un punto di vista mediatico, ‘il solco è stato tracciato da trasmissioni televisive come quelle di Santoro, che pure sono state e sono di grande utilità: lì, però, si è formato l’humus non democratico di questo populismo che alimentava rancore sociale e sostituiva l’argomento con l’invettiva’. In questo quadro, secondo Violante esiste ‘un intreccio di populismi che va combattuto senza esecrazioni, ma con gli strumenti della ragione e della ripresa del dialogo con la società’.
