Visco: tagliare le tasse. Bankitalia guarda a Londra?

Bankitalia punta il dito contro le tasse e gli analisti commentano. "Buona la prima" scrive IL SOLE 24 ORE nel giudicare "il debutto" del governatore Visco, mentre secondo LA STAMPA la sua relazione è stata più vicina "alle posizioni di Londra che a quelle di Berlino". La cronaca dela REPUBBLICA: "Ridurre le tasse e tagliare le spese. Uscire dalla crisi e’ possibile ma ‘il percorso non sarà breve’, ammonisce Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, nelle sue prime Considerazioni finali da quando, sul finire dello scorso anno, ha preso il posto di Mario Draghi, passato alla guida della Bce. ‘Tirarci fuori dallo stretto passaggio che attraversiamo impone costi a tutti’. E quanto sia angusta questa strettoia lo testimoniano le stime offerte al gotha dell’economia, riunito a via Nazionale per l’assemblea annuale. Dunque: il 2012 sarà un anno di recessione, se le cose non peggiorano il Pil scenderà dell’1,5%. Non solo: il credito ristagna, la produzione industriale cade, la disoccupazione galoppa e quella giovanile raggiunge ormai il 36%. Eppure già verso la fine dell’anno ‘una ripresa potrà affiorare’ ma bisogna appunto che si riducano tasse e spese. Visco dà atto al governo Monti di essersi mosso in maniera ‘rapida e decisiva’ sul versante dei conti pubblici. ‘Si e’ pero’ pagato il prezzo di un innalzamento fiscale a livelli ormai non compatibili con una crescita sostenuta’. Ammonisce: ‘L’inasprimento non puo’ che essere temporaneo’. Servono anche tagli di spesa oculati, come il governo sta cercando di fare con la spending review: ‘Se accuratamente identificati e ispirati a criteri di equità non comprometteranno la crescita’. E, naturalmente, bisogna continuare nelle riforme strutturali – dall’istruzione alla giustizia, alla sanita’ – che sono ancora ‘un vasto cantiere’. ‘Uno sforzo finanziario aggiuntivo il paese puo’ chiederlo ai suoi imprenditori, perche’ rafforzino il capitale delle loro imprese’, nel momento in cui si allentano lacci e lacciuoli normativi. Ma Visco e’ convinto che diagnosi e ricette tutte made in Italy possono poco perche’ i problemi nazionali sono anche europei e dunque in chiave Ue va trovata la loro soluzione. Sul piano pratico, ci vuole ‘l’avvio immediato di progetti comuni e cofinanziati di investimento’. Bisogna anche istituire ‘un fondo ove trasferire i debiti sovrani che eccedano una soglia uniforme’. Ma soprattutto l’Europa deve darsi una unione politica che ‘ancora non c’e’, carenza che alla lunga ‘rende l’unione monetaria piu’ difficile da sostenere’. Non a caso cita l’insegnamento dell’ex compagno di Banca ed ex ministro Padoa-Schioppa secondo cui credere che l’euro sia ‘l’ultimo passo’ e’ solo ‘una insidia’. In una delle pagine piu’ accorate tra le 18 lette dai microfoni di palazzo Koch, Visco ricorda come l’Unione europea, presa nel suo insieme, sia un’area solida e sana, con ben 300 milioni di cittadini e 20 milioni di imprese. Dice anche che i paesi piu’ virtuosi sono ‘un modello’ per gli altri partner. Aggiunge che l’Italia, con l’avvento dell’euro, ha avuto ‘prezzi stabili e tassi bassi’, due precondizioni fondamentali per lo sviluppo ma purtroppo ‘ne abbiamo profittato poco’. Plaude a Draghi.
Ecco, in questa Europa cosi’ ben posizionata ‘si avverte la mancanza di fondamentali caratteristiche di una federazioni di stati’. Di qui il monito: ‘Serve un cambio di passo’.
Nell’immediato, in particolare ‘servono manifestazioni convergenti della volonta’ irremovibile di preservare la moneta unica’. Ci vuole un impegno dei governi per ‘orientare anche le valutazioni dei mercati’. Gli spread, questo indicatore di fiducia che ogni giorno impazza, ‘non sembrano tener conto di quanto e’ stato fatto; alimentano ulteriori squilibri’. Al dunque, sono essi stessi ‘un ostacolo alla crescita’: insieme alle difficolta’ di finanziamento all’economia, pesano per l’1% del Pil. Urgono ‘progressi rapidi nella costituzione di un fondo Ue per la risoluzione delle crisi bancarie’. Morale: la societa’ ‘non puo’ non confrontarsi’ con un mondo cambiato, che non concede rendite di posizione. La politica deve puntare a un rinnovamento profondo che ‘coltivi la speranza e vada incontro alle aspirazioni dei piu’ giovani’".

Il commento del SOLE 24 ORE. "Governatore Visco, buona la prima. Zero retorica, zero parole ad effetto per catturare un titolo, zero invasioni di campo, zero volonta’ di impropria "supplenza", zero politica, zero sconti a chicchessia. Nella stagione in cui un solo numero, lo spread, fa tremare non solo l’Italia ma l’intera Europa di ora in ora, stare coi piedi ben piantati a terra e’ un esercizio indispensabile. Pochi messaggi chiari ma precisi, da parte di chi guida la Banca d’Italia, funzionano oggi meglio di lunghi discorsi sistemici in cui si finisce per invocare un particolare tipo di (gattopardesco) riformismo. Quello senza tempo, sempre uguale a se stesso e dunque immobile nella sua pensosa e corrucciata impraticabilita’. Di tempo a disposizione ne e’ rimasto invece pochissimo. Per fare che cosa Ignazio Visco, da pochi mesi al timone della banca centrale italiana, lo ha detto senza nascondersi dietro un dito. Prima di tutto tocca all’Europa. Se questa fosse uno Stato federale, se insomma fossimo gli Stati Uniti d’Europa, potremmo cavarcela senza troppi problemi. Ma non lo siamo perche’ manca un’unione politica, il che a sua volta rende alla lunga insostenibile l’unione monetaria. Serve un "cambio di passo". Subito, se per cominciare vogliamo spezzare la catena della crisi da debiti sovrani, per la quale i Paesi in difficolta’ (vedi l’Italia) fanno progressi nel risanamento finanziario ma gli spread non ne tengono conto e finiscono per alimentare nuovi squilibri. Una partita segnata, dove a vincere saranno sempre i crescenti differenziali di rendimento dei titoli pubblici.
Non a caso ieri il premier Mario Monti ha spiegato che il nostro Paese e’ <<ancora minacciato da enormi possibilita’ di contagio>>. Sono insomma l’Europa nel suo insieme e la Germania in particolare a dover accelerare la ricerca dell’anti-virus. Due le contromisure che possono essere prese. La prima: intervenire direttamente con un fondo europeo a sostegno delle banche. La seconda: creare un altro fondo europeo a garanzia e assicurazione comuni per le crisi bancarie in modo da prevenire il panico dei risparmiatori.
Gli irrinunciabili, sia chiaro, eurobond verranno, forse, un giorno lontano. Intanto, vanno tamponate le emorragie. Nelle stesse ore, parlando al Parlamento europeo, il presidente della Bce Mario Draghi rilanciava l’idea di un’unione bancaria con una garanzia dei depositi a livello continentale. Non c’e’ piu’ tempo da perdere, ha aggiunto, e la Bce non può sostituirsi ai governi. Ma tutto questo non significa che l’Italia possa solo attendere le scelte dell’Europa. I compiti non sono finiti e Visco lo ha detto con nettezza. Siamo in recessione, chiuderemo il 2012, se va bene, con una flessione del Prodotto interno lordo (Pil) intorno all’1,5% e dovremmo agganciare la ripresa nel 2013. Abbiamo bisogno di conti pubblici in ordine e insieme di riattivare la crescita: l’Italia non puo’ fermarsi su nessuno dei due fronti. Il Governatore ha spiegato che il <<percorso non sara’ breve>> e che questo passaggio <<impone costi a tutti>>. Un punto e’ chiaro: se e’ vero che l’intervento del Governo ha avuto come giuste priorita’ la messa in sicurezza del bilancio pubblico e l’avvio delle cosiddette <<riforme strutturali>>, e’ altrettanto un fatto che la pressione fiscale ha raggiunto livelli incompatibili con la prospettiva della crescita. Insomma (ecco un segnale preciso rivolto al Governo) l’inasprimento fiscale ‘non puo’ che essere temporaneo’ e la sfida si sposta su altri terreni, primi fra tutti quelli del recupero dell’evasione fiscale e dei tagli della spesa pubblica senza dimenticare, per ridurre il debito, la dismissione di attivita’ in mano pubblica. Una proposta lineare su cui non si puo’ che essere d’accordo.
Zero sconti, con annesso invito a ciascuno di fare bene il proprio mestiere, anche per banche ed imprese. Le prime, diciamo cosi’, sono state si’ prosciolte dall’accusa di essere <<disattente alle esigenze dell’economia>> reale ma sono state richiamate, anche loro, a un cambio di passo. E che passo. Devono ripensare la <<capacita’ di offerta>>, attrezzarsi all’idea (messaggio agli azionisti bancari) che <<si impongono profitti piu’ bassi ma piu’ stabili>>, contenere i costi operativi e le remunerazioni degli amministratori e dell’alta dirigenza. Non basta. Alle aggregazioni tra banche, ha detto il Governatore, non hanno fatto seguito il necessario dimagrimento dell’articolazione societaria dei gruppi e la riduzione delle poltrone. I primi 10 gruppi contano in tutto 1.136 cariche (oltre 700 per le sole banche controllate) al netto delle societa’ estere.
Assetti costosi e non giustificati, a giudizio di Bankitalia.
Quanto alle imprese, per molte aziende le difficolta’ di accesso al credito dipendono anche da strutture finanziarie non equilibrate, con livelli di debito eccessivi, bassa patrimonializzazione e stretta dipendenza dal credito bancario. Per finanziare l’innovazione bisogna invece puntare sul capitale di rischio. Ma devono cambiare anche i rapporti con le banche: in Italia, ha spiegato Visco, il 38% dei prestiti alle imprese non supera i 12 mesi di durata contro il 18% in Germania e in Francia e il 24% nella media dell’eurozona. E piu’ debito a breve termine significa piu’ alti rischi di rifinanziamento e orizzonte temporale degli investimenti piu’ ristretto. Anche in questo caso non si puo’ che essere d’accordo. A ciascuno il suo mestiere in tempi in cui non c’e’ piu’ tempo. Con le prime "Considerazioni finali" Ignazio Visco, il suo, l’ha fatto bene".

L’analisi della STAMPA: "Tra le righe del discorso di Ignazio Visco c’e’ una ricetta precisa per salvare l’euro. E’ alternativa a quella della Bundesbank tedesca, piu’ vicina ai consigli che vengono dal mondo anglosassone. Prende in esame ipotesi che finora nessun membro del consiglio direttivo della Bce aveva osato menzionare. In breve, secondo la Banca d’Italia, un chiaro impegno politico dei 17 governi (soprattutto di quello tedesco) sull’euro puo’ permettere alla Bce scelte innovative, ardite, che in mancanza di esso risulterebbero azzardate. Tecnicamente, si tratterebbe di un intervento massiccio sui mercati dei titoli pubblici, per contenere gli spread dei Paesi deboli. Nell’analisi della Banca d’Italia, il comportamento dei mercati finanziari e’ profondamente anomalo. E’ una bolla speculativa quella che gonfia il prezzo dei titoli di Stato tedeschi abbassandone il rendimento fin quasi a zero, mentre svaluta quelli italiani e spagnoli alzandone i tassi oltre il 6%. Sono due distorsioni simmetriche, nessuna delle quali mostra fondamenti razionali.
Insomma lo Stato italiano, lo Stato spagnolo, e le imprese dei due Paesi pagano il credito troppo caro, mentre lo Stato tedesco e le imprese tedesche lo pagano troppo poco: e’ una redistribuzione di risorse anomala, ‘dai Paesi in difficolta’ a quelli percepiti piu’ solidi’, che contribuisce ad aggravare la crisi. Solo la paura puo’ spingere a prestar soldi alla Germania gratis. E paradossalmente se la Bce seguisse la linea suggerita dalla Bundesbank, ossia cominciare a smantellare le politiche non tradizionali di sostegno alla liquidita’, e prima o poi aumentare i tassi, la bolla potrebbe scoppiare, con gravi perdite in conto capitale per chi detiene i titoli tedeschi. La bolla deve invece essere sgonfiata. I mercati non hanno saputo capire che Italia e Spagna hanno adottato misure di risanamento importanti. Per questo il governatore propone, senza nessuno sconto sui programmi di risanamento dei Paesi deboli, che la Bce passi a un ‘impegno attivo a orientare i mercati’.
Oltretutto comprare titoli dei Paesi deboli dell’euro e vendere titoli dei Paesi forti in misura sufficiente a raggiungere lo scopo consentirebbe di realizzare bei guadagni. Avviene spesso cosi’ quando le banche centrali si impegnano in modo credibile per stabilizzare i mercati: gli speculatori perdono, i i contribuenti ci guadagnano. Ma tutto questo si puo’ fare se c’e’ una piena solidarieta’ politica tra i Paesi membri dell’unione monetaria. Anche personalita’ autorevoli del governo tedesco sembrano persuase che senza passi avanti verso l’unione politica la situazione sia difficilmente sostenibile. In questa chiave Ignazio Visco si schiera a favore della proposta sugli eurobond dei ‘5 saggi’, gli economisti che consigliano il governo tedesco, sottolineando che e’ rigorosa. Se si chiede agli altri Paesi una rinuncia a parti di sovranita’ occorre dare l’esempio.
Cosi’ la Banca d’Italia si dichiara pronta ad ‘accelerare il passaggio’ verso una unica vigilanza europea sulle banche, spogliandosi piu’ in fretta di quello che e’ oggi il suo principale potere. Davvero molto tempo e’ passato da quando Antonio Fazio si impuntava con tutte le sue forze sulla ‘vigilanza nazionale’ di ogni Paese sulle proprie banche".