Lavoro, si cerca un compromesso per la riforma

In dirittura d’arrivo la riforma del lavoro. Per il premier Mario Monti, di ritorno dal viaggio in Asia, una bella sorpresa: più vicina l’intesa fra il governo e i partiti. "Al centro del dialogo – scrive LA REPUBBLICA – c’e’ l’ipotesi di una modifica del testo finora proposto dal governo su un punto in particolare: la possibilita’ di reintegro, in base all’articolo 18, anche per chi e’ licenziato per ragioni economiche. La decisione tra reintegro e indennizzo dovrebbe essere in ogni caso affidata al giudice. Bersani, segretario del Pd, l’ha ribadito in un colloquio con Repubblica, appellandosi a premier e partiti di maggioranza: ‘Cambiamo insieme l’articolo 18’. Si può fare in fretta, entro maggio. Alfano raccoglie e apre al Pd: ‘Fare la riforma insieme è meglio che farla separati. Il problema è cosa succede se la Cgil dice no. La nostra preoccupazione è che l’agenda alla fine la faccia il sindacato e non il governo’".

Sulla riforma arrivano ancora una volta le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Scrive il quirinalista Marzio Breda sul CORRIERE DELLA SERA: "Il presidente della Repubblica, posto che deve ancora ‘approfondire’ la materia, non mostra troppi dubbi: se il nodo e’ la mancata crescita, le riforme (non esclusa quella del lavoro) sono una terapia inevitabile. Anzi, una precondizione per superare la crisi. ‘Uscire da questa stretta del debito e’ la condicio sine qua non per aprire a politiche di sviluppo’, puntualizza. Chiaro che ‘i dati Istat possono aggiungere qualcosa, ma sappiamo benissimo che esiste un problema molto serio di stagnazione e mancanza di crescita’. E, aggiunge, ‘si puo’ avere l’opinione che si vuole, ma quando si ritiene di dover intervenire su una struttura delle relazioni industriali e della contrattazione che richiedono di essere riformate, lo si fa nella convinzione che cio’ possa agevolare gli investimenti in Italia’ (à)".

"Equilibrio acrobatico fra alleati volenterosi e difficolta’ intatte" e’ il titolo della nota odierna di Massimo Franco sul CORRIERE DELLA SERA, anche questa dedicata alla riforma del mercato del lavoro. "Il problema e’ che un nuovo incontro a Palazzo Chigi fra il capo del governo e gli alleati puo’ essere solo di ratifica di un’intesa: non puo’ rischiare di svolgersi senza averne prima costruito le premesse politiche. Altrimenti diventerebbe lo specchio di una maggioranza divisa, con i commensali costretti a discutere in presenza di almeno un convitato di pietra: le tensioni dentro il Pd e le pressioni della Cgil.
Per questo il premier aspetta di verificare i margini di manovra di interlocutori che appaiono piu’ vicini. Si vuole anche evitare che una soluzione sia percepita come un arretramento: insomma, un’operazione gattopardesca tesa solo a preservare il governo. Ancora, Monti deve scongiurare che qualcuno possa cantare vittoria. Si tratta di un equilibrio acrobatico. (à) Ma l’idea di approvarlo ‘come se si trattasse di un decreto’, e dunque rapidamente, dipende dal superamento di quello che sta diventando una sorta di sotto-tabu’: la possibilita’ di rivolgersi alla magistratura per ottenere il reintegro in caso di licenziamento. I vertici del Pd ritengono che senza quella concessione, il ‘si’ sara’ impossibile. (à) Insomma, per il governo dei tecnici aumenta il pericolo di trovarsi di fronte piu’ ostacoli di prima.
Napolitano si sforza di far notare che Monti sta cercando di combattere la disoccupazione anche con la riforma del mercato del lavoro. (à) E’ un invito pressante a non boicottare un’operazione gia’ difficile. Anche perche’, al contrario di qualche mese fa, per il premier certe misure impopolari adesso potrebbero rivelarsi elementi non di forza, ma di debolezza. E l’assenza del testo della legge aggiunge alle polemiche un involontario tocco surreale".

A ciò che sta accadendo dietro le quinte della riforma del lavoro dedicano un retroscena Goffredo De Marchis e Carmelo Lopapa su REPUBBLICA. "I moniti della Chiesa. E il pressing di una pattuglia di ministri che si allarga ogni giorno. Tornato a Roma dalla missione in Estremo Oriente, Mario Monti si prepara a correggere la riforma del mercato del lavoro nel punto piu’ controverso: la modifica dell’articolo 18. ‘Il modello tedesco che prevede anche il reintegro e’ un esempio bilanciato di come si puo’ toccare la norma sui licenziamenti economici’, avverte un autorevole ministro che non rinuncia a dire dietro anonimato. Il fronte di chi chiede un ripensamento all’asse Monti-Fornero in Consiglio dei ministri e’ abbastanza nutrito. Ci sono i ministri Fabrizio Barca, Renato Balduzzi e Corrado Passera. A loro oggi si aggiungono quei membri del governo che hanno un filo diretto con i Palazzi Apostolici: Andrea Riccardi e Lorenzo Ornaghi, quest’ultimo molto vicino al presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Il vero elemento nuovo che il Professore del resto trova in Italia e’ la posizione critica dei vescovi sull’articolo 18, ‘materia che merita un’ulteriore riflessione per arrivare a soluzioni condivise’. (à) Il governo mira percio’ a modificare la norma individuando non piu’ di una mezza dozzina di ‘tipologie’ ben dettagliate di esodi per crisi o ristrutturazione aziendale. ‘Tipicizzare i casi di licenziamenti economici’, ecco il jolly in cantiere.
E in quei casi, dunque, l’indennizzo passerebbe da 15 a 27 mensilita’. Ma per l’imprenditore la strada sarebbe piu’ stretta e meno discrezionale. L’auspicio del Professore e della sua ministra e’ che su una mediazione del genere – che non dia del tutto partita vinta a Bersani e al suo ‘modello’ – si possa trovare l’intesa coi berlusconiani. (à) Nel Consiglio dei ministri di oggi verra’ autorizzata la fiducia sul decreto semplificazioni alla Camera, la riforma non e’ all’odg. Ma non viene esclusa una nuova convocazione per giovedi’ o venerdi’ proprio per il varo definitivo del ddl.
(à)".

Alla questione dedica un’analisi sul CORRIERE DELLA SERA Stefano Folli per il quale un compromesso politico "e’ possibile, ma Monti deve guidarlo". Scrive Folli: "C’e’ un interesse piuttosto evidente dei tre leader di maggioranza (Alfano, Bersani e Casini) a chiudere l’intesa sulla riforma del lavoro e sull’articolo 18 in tempi medi, se non proprio brevi. Per evitare, come dice Casini, che l’argomento avveleni per mesi il dibattito pubblico, condizionando la campagna elettorale: quella che oggi riguarda le amministrative, ma anche quella che dopo l’estate accompagnera’ gli ultimi mesi della legislatura verso il cruciale voto politico del 2013. (à) Sulla carta, le posizioni di merito sono distanti. E il rischio paventato dalle imprese e’ che il desiderio di chiudere la partita sul terreno politico porti a un cattivo compromesso: cioe’ allo svuotamento della riforma e a piu’ pesanti oneri per le aziende. Sarebbe la beffa dopo il danno. Pero’ e’ vero che i nodi, come si dice, stanno arrivando al pettine. Davanti al governo Monti il bivio e’ chiaro. Da un lato il tripartito da’ segni di voler cercare la sintesi. Soprattutto per ragioni di convenienza: nessuno puo’ permettersi di mettere in crisi il governo ‘tecnico’ senza sapere cosa accadra’ dopo. E poi si tratta di una materia molto delicata. (à) Dall’altro lato Monti non puo’ rinunciare a una riforma autentica del mercato del lavoro, molto al di la’ delle pastoie dell’articolo 18. Cio’ implica che il presidente del Consiglio sia in grado di sfruttare, si’, il disgelo tra le forze politiche, ma anche di guidare il negoziato, senza abbandonarlo alla forza d’inerzia dei partiti. Perche’ in tal caso il compromesso parlamentare rischierebbe di essere insoddisfacente e contraddittorio con le esigenze di una buona legge. In altre parole, e’ adesso che Monti deve dimostrare che l’apprendistato politico di questi mesi sta dando i suoi frutti. Lasciata a se stessa, la semi-maggioranza parlamentare e’ destinata con ragionevole certezza a individuare un accordo al ribasso. Ma il polso del premier (l’uomo che guida un governo ‘con un consenso piu’ alto di quello dei partiti’) puo’ rovesciare la tendenza. E spingere i partiti a intese che non tradiscano lo spirito della riforma. Una parte rilevante del mondo sindacale e’ pronto a sostenere questo passaggio (si vedano le costanti dichiarazioni di Bonanni). La Cgil fara’ le sue valutazioni, ma Bersani ha gia’ ribadito che il Pd e’ ‘autonomo’ rispetto al sindacato".