Lavoro: non piace al Pd l’art. 18 di Monti

L’impronta del governo Monti sulla riforma del mercato del lavoro non raccoglie l’approvazione del Pd. Dopo tanta speculazione sul reale atteggiamento del centrosinistra, è toccato al segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dallo schermo di ‘Porta a Porta’, esplicitare l’atteggiamento politico con cui il partito guarderà alla riforma Fornero una volta approdata in Parlamento. La polemica è sul nuovo testo dell’art.18 sui licenziamenti individuali ed il giudizio e’ netto: ‘non va bene perchè sposta i rapporti di forza tra lavoratori e imprese’. Se è evidente una convergenza con l’opinione della Cgil, Bersani incalza: ‘il problema non è ciò che dice la Cgil bensi’ bensi’ la tutela dei diritti dei lavoratori’. E allora ‘il Pd si impegnerà in Parlamento a correggere l’art. 18 con una certa idea di modello sociale’. La critica del leader del Pd a Monti è originale: giusto aggiustare il mercato del lavoro ma ‘aggiustiamolo alla tedesca e non all’americana’. Bersani parte dal riconoscimento di aspetti positivi della manovra sul mercato del lavoro a partire dall’aggravio del costo dei contratti a tempo determinato su quelli a tempo indeterminato o alla resurrezione della norma dell’allora ministro del Lavoro Damiano contro la pratica delle dimissioni in bianco e rivendica questo all’azione del Pd ma, ribadisce, sull’art 18 non ci siamo:’e’ venuta fuori una cosa che non condividiamo perche’ e’ una soluzione all’americana’. Cosa ci si deve aspettare allora nella riunione al Ministero del lavoro di questo pomeriggio, nel giorno della designazione del nuovo presidente di Confindustria’? Il governo ha assunto l’atteggiamento di chi considera chiuso il confronto, rinviando eventuali modifiche al dibattito parlamentare, un dibattito che, chiarisce Bersani, non può essere considerato blindato. ‘Non esiste l’ipotesi di un decreto legge’ afferma, perche’ ‘non mi aspetto Monti possa dire al Pd ‘prendere o lasciare’. Noi votiamo quando siamo convinti, con noi si deve ragionare’. Il segretario del Pd non si arrende e sollecita a proseguire il confronto anche con la Cgil, osservando che ‘il governo deve puntare ad un accordo tenendo conto di tutte le posizioni e non solo obbedire ai mercati’. Eppure lo scenario che si profila e’ la stanca ripetizione delle trattative condotte dal Ministro del centrodestra, Maurizio Sacconi: un accordo separato con l’isolamento della Cgil, nonostante che questa (e’ Bersani che parla), ‘non sia rimasta ferma su tutto’. In effetti lo scoglio del mercato del lavoro sta innovando i percorsi che hanno caratterizzato sin qui l’azione del governo ed i suoi rapporti con il Parlamento. Di passaggi sconcertanti ce ne sono tanti in questa vicenda. Il primo e’ il vertice ‘Abc’ con Monti che ha fatto gridare allo scandalo perche’ avrebbe (ed ora il condizionale e’ assolutamente d’obbligo), fissato confini alla riforma del lavoro: a cosa e’ servito se il risultato e’ quello odierno?
Il secondo aspetto riguarda il rapporto con le parti sociali.
Monti ha curiosamente respinto ogni ipotesi consociativa, dimenticando, per un momento, la natura costitutiva del suo governo ma, lo ha ricordato, ancora una volta, Bersani, la concertazione e’ alla base della possibilita’ che il Paese ce la faccia ad uscire dalla crisi.
Al fondo dell’atteggiamento del Pd l’interrogativo, irrisolto, sotteso alle parole di Bersani: perche’ il Monti tedesco in finanza pubblica sceglie per il modello sociale quello americano?