
Dopo una giornata di tensioni tra i partiti che sostengono il governo, Palazzo Chigi ha annunciato per giovedì un incontro tra il premier Mario Monti, Alfano, Bersani e Casini con all’ordine del giorno anche i temi Rai e giustizia. Pd e Udc hanno criticato il Pdl: non scarichi sull’esecutivo le sue divisioni. Alfano: sarò al vertice, il lavoro in coma all’agenda. "La pressione fortissima di Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani, le preoccupazioni del Quirinale, i rischi evidenti a Mario Monti che – per dirla con Enrico Letta – senza incontri stabili di maggioranza il governo inizierebbe ‘la sua parabola discendente, e sarebbe un incubo’ – spiega il CORRIERE DELLA SERA – hanno portato il premier ad attaccarsi al telefono da Bruxelles per trattare con i tre leader un’agenda dell’incontro che non scontentasse troppo nessuno". Come chiesto dal Pdl, che con Maurizio Lupi ieri ribadiva che i vertici si potranno tenere solo se ci si occuperà ‘dell’emergenza-economia’, al centro dell’incontro ci sara’ "la riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali, le misure per la crescita, l’occupazione e la capacita’ di attrarre investimenti".
Nella vicenda del vertice con i segretari, saltato e poi rimasto in sospeso, Mario Monti ha tenuto sulla corda i partiti e poi li ha convinti che era meglio ritrovarsi tutti assieme attorno allo stesso tavolo. E Monti, spiega LA STAMPA, "ci e’ riuscito grazie a un escamotage stringente: ieri pomeriggio, quando la tensione stava crescendo e proprio per questo la ‘pera’ del vertice stava diventando matura, da Bruxelles dove si trovava per l’Eurogruppo, il premier con tre telefonate, ha sottoposto ai segretari l’ordine del giorno da lui deciso. E concedendo ad Angelino Alfano un’agenda che assomiglia ad una ‘lenzuolata’: davvero eloquente il comunicato di convocazione dei tre segretari, nel quale si legge che nel corso del vertice si parlera’ di ‘agenda del governo per i prossimi mesi’, con ‘particolare attenzione ai temi internazionali, alla riforma del mercato del lavoro’, ‘alle misure per la crescita’, ma anche alla ‘capacita’ di attrarre investimenti (tra le quali la giustizia)’. E, dulcis in fundo, si parlera’ anche di alcune ‘prossime scadenze per provvedimenti del governo, tra cui la Rai’". Di viale Mazzini parla anche il GIORNALE, che spiega: "Nonostante le recenti rassicurazioni del premier (‘Vedrete, mi occupero’ anche di viale Mazzini, datemi qualche settimana’ disse in gennaio), l’ostacolo tv di Stato verra’ aggirato. Se inizialmente l’intenzione del Professore era quella di rivedere la governance di viale Mazzini, col passare dei giorni gli intenti bellicosi si sono decisamente smorzati. Il niet di Pdl e Lega ha di fatto obbligato il premier a soprassedere, come ha ammesso il ministro Passera: ‘Non ci sono nè i tempi nè i modi’. Così, tutto è rimandato nonostante il consiglio d’amministrazione di viale Mazzini scada il prossimo 28 marzo; ma nulla vieta che lo stesso cda possa reggere fino a giugno per l’ordinaria amministrazione".
LA REPUBBLICA parla di un "altola’ del Professore ai partiti": "Uniti o il governo sara’ piu’ debole". Scrive Francesco Bei: "Nessuno puo’ mettere veti preventivi. Perche’ ‘restringere il perimetro dell’azione di governo significherebbe indebolirlo. Non ce lo possiamo permettere in questo momento’. Con tono pacato, al telefono da Bruxelles, Monti svolge la sua azione pedagogica su Angelino Alfano. E’ giunto il momento di recuperare ‘un terreno comune di analisi e di azione’. Alle sette di sera il premier vince cosi’ le ultime resistenze, ma il segretario del Pdl deve consultarsi, prende tempo. Poi arriva il via libera". Della situazione politica in Italia parla il regista Nanni Moretti, che intervista da REPUBBLICA dichiara: "Monti una persona degna e Berlusconi non ha fatto la fine del mio Caimano". In quella scena, spiega il regista, "non immaginavo l’uscita di scena politica, ma una sua condanna. E quella condanna ancora non c’e’ stata ma ci sono state prescrizioni. Ancora non si puo’ dare per scontato che Berlusconi non si ripresenti. E comunque non è stato lì per un ventennio, gli anni sono stati 17 o poco più. Prodi? Resta una sensazione di rabbia per un governo popolare costretto a dimettersi perchè da sinistra gli tolsero i voti. Bertinotti ci fece perdere 10 anni".