Canone Rai, dietrofront: non si pagherà per pc e tablet

"Questa volta non ci faremo male da soli: la tassa Rai che rischiava di disincentivare la diffusione della Rete allargando gli abbonamenti ‘Speciali’ a professionisti e aziende per il possesso di tablet e computer online non ci sarà. Il dietrofront – scrive il Corriere – è arrivato ieri dall’azienda di Viale Mazzini dopo un confronto con il dipartimento delle Comunicazioni guidato da Roberto Sambuco presso il ministero dello Sviluppo economico. Un ritorno alla ragione dopo una serie di bollettini già arrivati in tutta Italia, con richieste di versamenti dai 200 ai 6 mila euro, che si stavano trasformando in un boomerang micidiale contro l’azienda diretta da Lorenza Lei, sotto tiro anche per lo scandalo dei contratti con la clausola licenzia-mamme. Sul tema del canone, si sa, la Rai non parte avvantaggiata in termini di popolarità. Ma le lettere ci mettevano del proprio per peggiorare la situazione. Ieri il tono non era quello di una marcia indietro evidente. ‘A seguito di un confronto avvenuto questa mattina con il ministero dello Sviluppo Economico la Rai precisa che non ha mai richiesto il pagamento del canone per il mero possesso di un personal computer collegato alla rete, i tablet e gli smartphone’. Ma l’errore e’ dimostrato non solo dall’invio massiccio delle richieste giunte alle imprese in queste ultime settimane, ma anche da quanto specificato sempre da Viale Mazzini. ‘La lettera inviata dalla Direzione Abbonamenti Rai si riferisce esclusivamente al canone speciale dovuto da imprese, societa’ ed enti nel caso in cui i computer siano utilizzati come televisori (digital signage) fermo restando che il canone speciale non va corrisposto nel caso in cui tali imprese, societa’ ed enti abbiamo gia’ provveduto al pagamento per il possesso di uno o piu televisori’. Particolare non secondario, insomma. I due abbonamenti non vanno sommati.
Senza contare che a volere infierire si potrebbe sottolineare quell’incongruenza tra ‘computer utilizzati come televisori’ nel comunicato di ieri e quell’indipendentemente dall’uso al quale gli stessi vengono adibiti come ad esempio la visione di filmati, dvd, televideo, filmati e aggiornamento’ che si legge nelle lettere di richiesta del canone speciale. Se era una strategia della Rai per fare cassa e’ andata buca. Se invece si e’ trattato di uno zelo burocratico eccessivo il danno fortunatamente non c’e’ stato e il dietrofront e’ arrivato in tempi rapidi, fattore non secondario in questi casi. La verita’ e’ che la richiesta dell’ente pubblico era del tutto incongruente con il delicato lavoro di alfabetizzazione digitale del ministero dello Sviluppo economico guidato da Corrado Passera, messo dal governo Monti a capo della cabina di regia sull’Agenda digitale italiana (Adi). E’ possibile che nei confronti avvenuti tra lunedi’ sera e ieri siano emersi questi elementi. A questo punto l’ultimo mistero da risolvere e’ chi dovra’ pagare effettivamente, visto che l’abbonamento speciale esiste. La soluzione sta in un termine tecnico di cui quasi nessuno conosce il significato: digital signage. Da una veloce consultazione su Wikipedia emerge che si tratta di ‘una forma di comunicazione di prossimita’ sul punto vendita o in spazi pubblici aperti o all’interno di edifici, anche nota in Italia come segnaletica digitale, videoposter o cartellonistica digitale, i cui contenuti vengono mostrati ai destinatari attraverso schermi elettronici o videoproiettori appositamente sistemati in luoghi pubblici’. L’esempio piu’ comprendibile e’ fornito dai videoschermi con le pubblicita’ nei supermercati e nelle farmacie. Fatto salvo che, come scoperto ieri, se gia’ si paga il canone normale nulla e’ dovuto. Insomma, un fuoco di paglia che ha pero’ rischiato di appiccare un incendio enorme. Si trattera’ ora di capire come la Rai vorra’ procedere per chiudere definitivamente la faccenda. A Viale Mazzini contano di non fare nulla.
Considerandola una mera precisazione la Rai vorrebbe mettere a tacere qui la faccenda. Con un piccolo particolare: logica vuole che alle aziende alle quali la lettera era stata spedita sulla base delle utenze Adsl accese per navigare sul web e non sulla base della presenza effettiva di apparecchi in digital signage arrivi adesso una contro-lettera di spiegazione. ‘Scusate, ci eravamo sbagliati. Non dovete pagare’".