
La modifica dei dati dello stato civile deve essere effettuata indipendentemente da qualsiasi trattamento chirurgico di riassegnazione sessuale…
Una persona di cittadinanza bulgara è stata registrata alla nascita come persona di sesso maschile con un nome 2, un numero di identificazione personale e documenti di identità corrispondenti a tale sesso. Detta persona ha seguito un trattamento ormonale e presenta attualmente i lineamenti di una donna. La discordanza tra il suo aspetto femminile e i suoi documenti di identità ufficiali propri di una persona di sesso maschile le causa inconvenienti quotidiani, in particolare nella ricerca di un lavoro.
Tale persona ha adito i giudici bulgari chiedendo che fosse riconosciuto il suo sesso femminile e che fossero modificati i suoi dati di stato civile nell’atto di nascita. La sua domanda è stata respinta.
Infatti, la normativa bulgara, come interpretata dai giudici nazionali, non prevede la possibilità di un tale cambiamento del sesso, del nome e del numero di identificazione personale riportati negli atti dello stato civile in tale tipo di situazione.
Investita della controversia, la Corte suprema di cassazione bulgara dubita della compatibilità di tale normativa con il diritto dell’Unione e interroga la Corte di giustizia.
Nelle sue odierne conclusioni, l’avvocato generale Jean Richard de la Tour propone alla Corte di dichiarare che il diritto dell’Unione osta a una normativa nazionale, come interpretata dai giudici nazionali, che non consente il riconoscimento giuridico del cambiamento di identità di genere dei suoi cittadini, anche senza trattamento chirurgico di riassegnazione sessuale, né il cambiamento del loro nome e del loro numero di identificazione personale. Il diritto dell’Unione osta altresì a che tali cambiamenti non possano essere annotati nell’atto di nascita, poiché da tale annotazione dipende la modifica delle indicazioni contenute nei documenti d’identità.
L’avvocato generale ritiene che la menzione del sesso nel documento di identità unicamente sulla base dell’atto di nascita emesso dallo Stato membro competente implichi, in considerazione della finalità di tale documento, un obbligo per detto Stato di riconoscere giuridicamente l’identità di genere vissuta e di annotarla in detto atto. L’avvocato generale precisa che tale finalità consiste nel consentire l’identificazione del suo titolare senza che possa essere rimessa in discussione l’autenticità dei documenti presentati da quest’ultimo o la veridicità dei dati in essi contenuti.
Di conseguenza, una normativa nazionale, come interpretata dai giudici nazionali, la quale, non riconoscendo