28 anni fa la strage di via D’Amelio

Era il pomeriggio del 19 luglio 1992, ventotto anni fa. Di domenica, il giudice Paolo Borsellino era diretto verso la casa della madre dopo aver pranzato con la famiglia a Villagrazia di Carini. Un’auto carica di tritolo parcheggiata in via D’Amelio a Palermo, all’altezza del civico 21, veniva fatta esplodere causando la morte del magistrato e dei cinque agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Oggi, ricorda il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, «si rinnova il dolore per il sacrificio di quei servitori dello Stato che, consapevoli del grave rischio cui erano esposti, fino all’ultimo, con coraggio, umanità e altissimo senso del dovere, onorarono la loro missione a tutela della legalità e contro la criminalità mafiosa».

Il pensiero va anche ai familiari delle vittime, ai superstiti e a chi, testimone incolpevole di quella pagina tragica della storia del Paese, per lungo tempo ha convissuto con il trauma per essere stato presente sul luogo ove si consumò uno dei momenti più drammatici e vili dell’attacco della mafia allo Stato.

«Da parte del ministero dell’Interno e di tutte le sue componenti” prosegue la responsabile del Viminale, «l’impegno contro ogni forma di criminalità organizzata e di anti-Stato. Il sacrificio del procuratore Borsellino ha contribuito ad innalzare il livello di consapevolezza delle istituzioni sulla necessità di dotarsi di nuovi e più incisivi strumenti per la lotta alla criminalità organizzata».

Alcune delle disposizioni legislative e dei modelli operativi, che tuttora dimostrano la loro efficacia contro le mafie, risalgono a quella stagione di sangue e di dolore, essendo state introdotte dopo la strage di via D’Amelio come risposta a una sfida criminale all’intero Stato.

Ma le mafie hanno una grande capacità di adattamento e sanno insinuarsi negli spazi aperti dalle ricorrenti crisi economiche. Ogni occasione è buona per minare settori sani della società.

Per tale motivo, aggiunge il ministro «lo Stato non deve mai abbassare la guardia e per costruire un argine efficace contro le mafie e le organizzazioni criminali, serve la collaborazione fattiva dell’intera società civile. La cultura e la pratica della legalità si costruisce ogni giorno e tutti insieme».

Con la stragi di Capaci e via D’Amelio la mafia non è riuscita a cancellarne l’esempio. Il loro ricordo anima l’impegno quotidiano di chi indossa la toga, una divisa dei tanti insegnanti, studenti, volontari, semplici cittadini e intere associazioni che fanno valere silenziosamente la loro fiducia nello Stato, nelle istituzioni, nei valori costituzionali.

«Al procuratore Paolo Borsellino e ai cinque agenti che si sono sacrificati accanto lui – conclude il ministro – va rinnovato oggi il nostro grato e commosso ricordo».