Commissione sui diritti del bambino

di ANDREA FILLORAMO

Insisto ancora a scrivere sui figli dei preti, dato l’interesse su questo argomento dimostrato a partire da quando il “Boston Globe”, lo storico quotidiano di Boston, fondato nel 1872,ha ottenuto una vasta notorietà dopo l’uscita del film “Il caso Spotlight” che ha vinto l’Oscar come miglior film, per primo ha sollevato il problema, pubblicando un’inchiesta concernente i figli dei sacerdoti cattolici, “illegittimi” in conseguenza del celibato imposto ai preti.Si tratta, secondo “CopingInternational”, che è un’associazione riconosciuta dalla Chiesa che si occupa della tutela dei figli dei sacerdoti, di cogliere gli aspetti psicologici a lungo termine derivanti dal fatto di essere figli di sacerdoti, di non poterlo dire o di dover scoprire autonomamente la propria origine. A questi è da aggiungere un altro tema scottante che è quello dell’abbandono di molti di loro. I risultati dell’inchiesta sono arrivati alle Nazioni Unite che tre anni fa, attraverso la “Commissione sui diritti del bambino”, in riferimento a quei casi in cui sacerdoti cattolici avevano costretto le donne incinte dei loro figli a rimanere in silenzio per evitare lo scandalo in cambio di sostegno finanziario, ha chiesto al Vaticano di dire entro il 1° dicembre 2017, quanti fossero i figli dei sacerdoti, di scoprire chi fossero e di prendere tutte le misure necessarie per assicurare che i diritti deifigli venissero garantiti. Il Vaticano doveva farlo entro il 1° di dicembre di quest’anno. L’ha fatto? Credo di no. Non è facile conoscere il numero dei preti-padri. Sante Sguotti, un ex parroco che ora è marito e padre a tempo pieno esagerando dice: «In Italia, il 40% dei sacerdoti ha un figlio. Tutti lo sanno, ma nessuno lo dice». E’ compito dei vescovi utilizzare tutti gli strumenti che hanno a disposizione per monitorare in ogni diocesi la situazione dei preti con figli; è diritto delle donne segnalare la loro situazione; è obbligo non solo morale dopo la richiesta delle Nazioni Unite, di superare ogni resistenza consistente nella paura, nell’imbarazzo, nel senso di colpa, nell’incapacità ad affrontare le situazioni problematiche, di ripristinareuna comunicazione dei legami autentici, sinceri e pieni con coloro che i preti hanno messo al mondo ed evitare cosi il protrarsi di situazioni dolorose e difficili. Sarebbe auspicabile, a mio parere, che i vescovi venuti a conoscenza dei preti-padri, consentisseroloro di continuare a svolgere illoro ministero, certi che è più scandaloso nascondere una paternità che con coraggio anche se tardivo riconoscerla.