Chiesa, riforma del cuore

di Ettore Sentimentale

Da parecchio tempo, papa Francesco ha avviato la “riforma della Chiesa” con la quale intende proporre a tutti una via praticabile per vivere la fedeltà al Vangelo. A quanti volessero documentarsi su questo percorso, suggerisco di leggere il poderoso volume curato anche da p. Antonio Spadaro S.J., nostro illustre concittadino, “La riforma e le riforme nella Chiesa” ed. Queriniana, che raccoglie i contributi di molti esperti a 50 anni dalla fine del Concilio Vat. II. Secondo il papa, il primo passo sulla strada riformatrice non può non essere dettato che dal desiderio di conversione, dono da chiedere con umiltà al Signore.

In questa lettera desidero – indegnamente – tratteggiare a largo respiro alcuni passaggi irrinunciabili per noi, utili magari per altre comunità parrocchiali e forse anche per quella diocesana.

Il “modello” a cui rifarsi, parlando di “riforma”, deve essere Gesù il quale non è stato – in senso stretto – un “riformatore” delle istituzioni, non ha instaurato un nuovo ordine di riti, ma ha dato pieno compimento alla vita quotidiana, partendo dai poveri e condividendone le sorti. Per Gesù, fra la religione e la vita vi era una perfetta integrazione. L’esperienza di Dio prendeva carne nell’umanità delle persone, nell’amore condiviso. I poveri e gli emarginati erano la prova più evidente della presenza di Dio nel mondo…e proclamando questa verità (scomoda), Gesù veniva preso di mira dai professionisti della politica e della religione. Dopo la morte e la risurrezione del Signore, i suoi discepoli fondarono delle comunità per salvaguardarne la memoria: le loro azioni fondamentali erano costituite dall’annuncio del Regno, dal perdono e dal pane condiviso. La loro unica preoccupazione era quella di compiere le indicazioni del Vangelo.

Dalla storia sappiamo che vi fu purtroppo una deriva culminante in un apparato gerarchico-feudale con il papa e i vescovi in testa. Ci si preoccupò eccessivamente di restaurare la disciplina, di correggere i costumi dei chierici, affinché si potesse “pilotare” meglio la società laica obbligandola a vivere lo stile “clericale”.

Questo “sistema” si è mantenuto, stando agli studi di esperti, fino al sopraggiungere del Concilio Vat. II. Ed è per questo che papa Francesco pensa di “rovesciare” i meccanismi perversi della Chiesa (a cominciare dalla Curia) e lo fa invitando tutti i responsabili (diretti e indiretti) a porre il proprio ministero nell’ottica del Vangelo.

Mi sono dilungato abbastanza in questi preamboli per illustrare adesso le ricadute sul piano pastorale.

La nostra “riforma” non può consistere nell’abolire le vecchie strutture per rimpiazzarle con le nuove, all’apparenza più “moderne” e “democratiche”. Non si tratta di scartare i vecchi responsabili (a tutti i livelli) per collocare nelle varie stanze dei bottoni i nuovi, ammesso che siano migliori. Tanto meno vanno cambiate di peso le posizioni precedenti, mossi da una ventata di giustizialismo o vendetta che farebbe promuovere tout court gli “emarginati” ai posti di “comando” e giubilare i “potenti” del vecchio corso.

Non è nemmeno questione di piccoli ritocchi (come avviene nelle squadre di calcio quando si cambia modulo di gioco o nelle varie amministrazioni municipali allorché bisogna rimpiazzare un membro della giunta) o di sistemazioni “cosmetiche” (come se si andasse dall’estetista).

Non si tratta di un cambiamento di potere, ma di “identità” contrassegnata dalla conversione integrale, sintonizzata sulla modulazione del “rigore evangelico”, il quale non ha come finalità l’appropriarsi del potere, ma l’andare oltre.

A questo punto ognuno provi a rileggere la propria esperienza cristiana all’interno delle varie comunità educative di “appartenenza”: famiglia, parrocchia, lavoro, diocesi, etc… per cogliervi i “criteri evangelici” che ritmano il proprio impegno. L’orizzonte interpretativo di tale valutazione è quello suggerito dal Signore: “Vi fu detto… ma io vi dico”.

Se il risultato che emerge ci dovesse vedere “allineati e coperti” allo stile puramente mondano, allora è bene fermarsi e fare il punto della situazione, attraverso un semplice esercizio: abbiamo la costante preoccupazione per l’avvento e l’incremento del Regno di Dio, contrassegnato da “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17)?

Il tempo di Quaresima che la liturgia ci offre per riscoprire la “vera riforma del cuore” ci trovi impegnati nell’esercizio della riscoperta della nostra consacrazione battesimale.