di Roberto Gugliotta
Come si può perdere il sonno per la Vara e fregarsene allegramente per lo stato vergognoso di Messina. Con tutto il rispetto per la processione dell’Assunta la città ha bisogno di altro. Di lavoro, pulizia, progetti economici e trasparenza nella gestione della cosa pubblica. Ma i media si occupano dello sciopero dei vigili urbani che potrebbe mettere in difficoltà la processione del 15 agosto. Ma per favore. Basta. Andate a casa, tutti. Senza informazione non ci sarà mai il riscatto della città dalle catene del Sistema. Con questo andazzo da straccioni resta al palo la vera rivoluzione. E così ci dobbiamo tenere il paesaggio banalizzato dalle case abusive e dalla distruzione della diversità del territorio. Discariche, rifiuti, caos ambulanti, stop alle assunzioni. Sfogliando l’album di Messina si ricavano impressioni che vanno al di là della tradizionale analisi dei guasti ecologici: i punti di forza e di debolezza dell’ambiente si saldano al chiaroscuro dell’economia. Scusate: ma Confcommercio Messina è ancora in vita o no? A me sembra un luogo senza speranza. La città vuol salvarsi dal suo degrado? Ecco un tema sul quale uno scetticismo inveterato fa quasi da argine agli slogan. Intanto, il tempo continua a lesionare la città. L’incuria a offenderla. Traversie naturali ad aggredirla. I poteri pubblici assistono a questo smottamento verso il peggio con un senso d’impotenza che diventa abitudine e generava fatalismo. E oggi per distogliere lo sguardo dai problemi c’è la Vara. La collusione fra lobbisti e poteri pubblici è la breccia attraverso la quale passa ogni abuso: Le mani sulla città! Mi sembra di scrivere cose ovvie, e anche questo è un sintomo: che a Palazzo Zanca si guardi come una realtà irrediamibile è una circostanza che elide lo sdegno e congiura nel paralizzare le energie. Come dimenticare che i grandi alibi o ricatti sono stati l’occupazione e la fame di case. Messina veniva così decapitata della sua cornice verde invasa da edilizia residenziale e "panoramica". Ma all’arbitrio spruzzato di legalità formale s’è accompagnato l’abusivismo assoluto, in zone tanto meno illustri paesaggisticamente, e che oggi non sono più periferiche: chi lo desideri può, a esempio, concedersi un giro in una località chiamata Capo Peloro. Ora, più che della Vara, c’è da chiedersi se ciò che si è perso sia recuperabile. Risuona un’espressione desueta: verde pubblico. Messina cambia passo? Vuol redimersi? Mah.
