
Lc 9,18-24
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: "Le folle, chi dicono che io sia?". Essi risposero: "Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto". Allora domandò loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". Pietro rispose: "Il Cristo di Dio". Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno.
"Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essererifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno".
Poi, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”.
di Ettore Sentimentale
La pericope in esame si apre con la nota lucana sulla preghiera “solitaria” di Gesù, il quale vuole fare il punto della situazione di quanto avvenuto in precedenza: la moltiplicazione dei pani e dei pesci (9,11-17) che ha sfamato circa 5 mila persone (brano proclamato due settimane addietro per il Corpus Domini).
Dal contesto “esplorativo” appare evidente che Gesù vuol fare chiarezza attorno alla sua identità, onde evitare che la sua missione possa essere compresa solo in chiave politica. Al di là del quadro narrativo, penso che la fatidica domanda “Ma voi chi dite che io sia?” riguardi anche noi. E non possiamo esimerci dal rispondere, attingendo alla nostra esperienza e formazione personale.
Nell’abbozzare qualche pista di approfondimento in vista di una risposta “convincente”, non posso fare a meno di citare il discorso del beato Paolo VI a Manila il 29 nov. 1970 “…Io devo confessare il suo nome: Gesù è il Cristo, Figlio di Dio vivo…”. Una riflessione profonda, dalla quale traspare l’innamoramento di papa Montini nei confronti del Cristo.
E noi, cosa diciamo di Gesù?
Scorrendo il NT, ci vengono offerti alcuni passaggi irrinunciabili con i quali confrontarci e sui quali ciascuno deve modulare la propria esistenza.
Gesù è Dio, Figlio di Dio, Messia…Al di là di queste “definizioni”, ognuno ha la sua risposta e la sua relazione personale con Dio. Qualunque cosa si possa dire, però, ci obbliga a riconoscere che Gesù si è manifestato agli uomini con un aspetto modesto. Ci ha tenuto a restare umile (Fil 2,6-11). Ha scelto di mostrarci un’immagine di Dio da noi sostanzialmente rifiutata. Gesù ha presentato Dio come il Dio dell’impossibile, celato nei tratti di colui che viene rifiutato ed emarginato (Mt 25, 31-46). Il Dio di Gesù ama rassomigliare a chi soffre, a chi è umiliato e incompreso. Si identifica con chi è rifiutato, abbandonato quando spunta la minaccia della morte (Lc 23,39-43). È perfino colui che non si riconosce più quando la risurrezione lo scaraventa nella nostra esistenza umana (Lc 24,13-35). In sintesi: Gesù ci propone un’immagine di Dio che provoca perché non corrisponde ai nostri desideri.
Noi bramiamo riconoscere in Dio una potenza che si vede e che interviene in modo manifesto nella vita degli uomini. Questa “forza” non è sempre evidente, anzi risiede in un segno paradossale: la croce (“Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”).
Il Messia dunque ci presenta l’immagine di un Dio che si cela dietro tutti gli scandali umani che provocano e interpellano: le guerre che annientano soprattutto le minoranze, i bambini costretti al lavoro o alla prostituzione, i vecchi rinchiusi nella solitudine dell’abbandono, i giovani in cerca di speranza, gli adulti che lottano disperatamente contro la disoccupazione, gli immigrati che aspirano ad essere regolarizzati, le donne che anelano all’uguaglianza di fatto e non di parole… Questi e tanti altri sono i “luoghi” dove Dio si “imbosca”…
Ma perché il nostro Dio in Gesù Cristo ha scelto proprio le miserie umane per “rintanarvisi”? Perché ha scelto l’inaccettabile per rivelarsi?
Perché ci dà appuntamento negli stessi àmbiti dove la logica del potere sembra più forte…proprio lì vuole affrontare l’egemonia del mondo…laddove questa opprime i suoi figli, per meglio farsi beffe di lei… com’è stato per la sua risurrezione.
A questo stile divino si contrappone, seppur in modo aggiornato, quello delle autorità religiose contemporanee di Gesù che avevano rinchiuso Dio nei riti, che avevano reclamato la testa del Maestro con la scusa di difendere la dignità di un Dio che si faceva i fatti suoi…