Il segreto di Pulcinella

di ANDREA FILLORAMO

Da quando ho fatto il Dirigente Scolastico ho imparato a scrivere il “diario” se non quotidiano almeno settimanale, dove appunto gli avvenimenti, le emozioni, gli incontri o le riflessioni. Sono convinto che scrivere un diario è molto utile. Aiuta non solo a ricordare ma anche a conoscersi, a migliorare, a superare i momenti difficili, a vivere una vitaproduttiva, creativa e piena di motivazione. Riporto dal mio diario una pagina; la conservo nella sua forma originaria, non la manipolo: è fatta di appunti e la pubblico su IMG press. Dòil titolo che ovviamente nella sua forma originaria non aveva. Il titolo è “Il segreto di Pulcinella”

Oggi, giovedi 30 luglio dell’anno del Signore 2015, ore 09, 12. Esco dal condominio della mia casa di vacanza, dove mi reco ogni volta che sento il bisogno di respirare area natia. Sono solo con i miei pensieri. Sto, in questo momento riflettendo su che cosa regalare a mia moglie che fra giorni mi raggiungerà, quando, varcando il portoncino che mi introduce sulla strada, noto un tale che nervosamente scruta fra i nomi segnati sui citofoni. Mi fermo; lo osservo. Vedo che per leggere si è tolto gli occhiali da miope. Sembra un naufrago che non riesce a raggiungere la sponda o un esploratore perso nel deserto. Lo guardo senza essere visto con molta attenzione. Si tratta di un uomo più che cinquantenne, vestito di tutto punto, con una giacca di terital di colore scuro. Mi chiedo subito come fa, coperto in quel modo, a sopportare la canicola che toglie a tutti il respiro. Non riesco a dare una risposta. Mentre sto decidendo di raggiungere il bar che sta di fronte per ripetere, quando sono a Messina, il solito rito della colazione fatta di granita caffè con panna e brioche, lo sconosciuto, girandosi, mi nota. Anch’io lo noto e vedo che al collo porta un cordone con appeso un crocifisso di metallo. Capisco subito che si tratta di un prete. “Mi scusi – mi dice –lei abita in questo condominio?”“Proprio così – rispondo.“Devo proprio recarmi dall’oculista, non vedo più bene…Senta… per favore… sa se abita qui il professor…” chiede lo sconosciuto. Fra me e me rifletto: “se avessi pensato che quel tale cercava proprio me, gli avrei evitato tanta fatica nello scrutare i citofoni”. Quindi rispondo: “Il professor …sono io.“O Dio mio, come sono fortunato!- esclama quel prete – Posso parlarle? Le rubo solo poco tempo. Spero che lei accoglierà la mia richiesta” mi dice. Lo prego:“A dire il vero, non amo relazionarmi con gli altri usando il lei. Una cortesia:non usare il lei, almeno io non lo uso e sono sicuro nemmeno tu”.“Grazie!” mi dice riconoscentee poi: “Sono don Arturo (nome ovviamente di fantasia)”. Al nome aggiunge il cognome e mi dice, poi, di non tenere conto di questi dati anagrafici. “L’ho già dimenticato, anzi non l’ho neppure sentito – rispondo- Stai tranquillo…Ho da fare colazione, vieni con me? Al bar c’è una saletta riservata. Ci rifugiamo proprio là”. “Grazie! Ma io la colazione già l’ho fatta”, risponde meravigliato.Gli dico subito con una battuta: “Un caffè si offre a tutti, anche a un condannato a morte…”.Sorride il prete e aggiunge:“Vedo che ti piace scherzare”.”Forse hai ragione, me lo dicono anche alcuni che mi conoscono bene” rispondo. Poi, però correggo il tiro e dico: “No… sono un siciliano, anche se sto lontano dalla Sicilia da più di quaranta anni e i siciliani amano fare l’ironia su tutto, e anche su se stessi e diventano autoironici”.Facciamo, quindi, quei pochi metri che ci separano dal bar.Varcata la porta, saluto il barista, al quale dico: “Eccoci, Luca, per me al solito e anche per questo mio amico”.Il barista, incerto, chiede la conferma: “Anche per lui, granita caffè con panna e brioche?”. Sentenzio: “Certamente! Non siamo in quaresima”.Sorride il prete e a stento dalla sua bocca sento biascicare: “Sei gentile”.Ci avviamo, quindi, nella saletta posta in fondo, dove, dopo alcuni minuti giunge Luca con il vassoio, lo depone sul tavolino, poi va via, lasciandoci soli. Proprio allora lo sconosciuto diventa un fiume in piena. Le sue parole su susseguono l’una all’altra, si interrompono soltanto per qualche attimo per dare il tempo al boccone di raggiungere l’esofago. Alle tante cose, che riguardano la sua vita, le attività parrocchiali, le sue delusioni, le sue solitudini, le incomprensioni dei suoi superiori, le critiche a tutto e a tutti. “Sono una sorgente di dubbi, sempre più lancinanti – mi dice – Ho smarrito le sicurezze che non avrei mai immaginato di perdere. Mi sono sentito tradito da me stesso e dai migliori sogni che ho coltivato. Sono quasi senza più direzione”.Si confida, così, con me, in quanto, leggendo IMGpress, è venuto a sapere che da anni mi interesso di preti in difficoltà. Gli consiglio di scegliersi, se non lo ha, un padre spirituale.A mio parere non ha bisogno di uno psicologo e tanto meno di uno psicanalista. Quel sacerdote, ad un certo punto mi dice: “Ti ho cercato per dirti anche che sei bravo. I tuoi articoli mi piacciono……mipiacciono da morire… Che grinta che hai! E che legnate che dai! Se qualcuno ti potesse sparare, credimi ti sparerebbe”. Non nascondo la mia meraviglia. “Certo quando si è trattato dell’arciprete di Taormina – dico – a chi di dovere le ho cantate apertamente, ma che lui mi spari propriono, è un essere innocuo”. Aggiunge subito: “E’ questo un modo di dire. Allora il Signor Arcivescovo ha fatto, mi permetti di dire, una stronzata. Per sistemare il suo vicario generale ha sacrificato Sinitò. Ormai tutti conosciamo le stronzate dell’arcivescovo, prima facevamo finta di non vederle. Adesso, apriamo bene gli occhi e viene fuori la questione della Casa del Clero, la questione dell’ignatianum, del conflitto d’interesse vescovo-salesiani, ecc…”. “Conosco questi problemi – dico – nei miei articoli, questi temi li ho sempre trattati, ma dovrebbero essere tutti i preti assieme ad affrontarli, né tu né io abbiamo voce in capitolo”. Risponde: “Adesso ti dico anche perché ti ho cercato ma vedo che tu ti vuoi mantenere lontano da alcune situazioni della diocesi. Ti ho cercatoper comunicarti un segreto che per tanto tempo io e altri abbiamo tenuto nascosto. Avevo intenzione di rivelarlo a te, affinché tu potessi prendere spunto per qualche tuo articolo. Tu hai scritto che, stando lontano da Messina, ti servi di preti informatori. In questo momento voglio essere io il tuo informatore”. A questo punto la mia “stizza” si fa totale e gli dico:“Ma che informatore, non hai capito nulla! Non ho bisogno di agenti della vecchia Stasi! Scusami, non mi piace questo modo di comportarti. Non sono uno sprovveduto e se hai dei segreti mantienili. Non conosco, né voglio conoscere la loro provenienza, Non voglio sapere nulla. Voi preti a Messina siete strani. Se avete qualcosa da dire ditela a chi di dovere. Se hai sentito qualcosada qualcuno, usa il filtro dell’intelligenza critica; ricorda che, come si dice in Sicilia: “cu cunta ci metti a giunta”. E poi non è giusto prendere il fuoco con le mani degli altri”.Perché affidare proprio a me il tuo segreto?Chi sono io?” Risponde: “La cosa è talmente grave… che. E, poi, non ce la facciamo più a tenere nascoste le cose e di te ci possiamo fidare”. Osservo: “Ripeto io non ho il diritto di sapere nulla né voglio sapere nulla. A proposito, domani a cena a casa mia verranno alcuni amici preti che tu sicuramente conosci,vuoi venire anche tu? Chi sono?” mi chiede. Riferisco i nomi.Rimane incerto il mio interlocutore, poi risponde: “domani ho un impegno, sarà la prossima volta. Ti raccomando, non dire niente a loro, di me”.Mi viene spontanea una considerazione, che ho fatto più volte scrivendo su IMGpress: Sono molto strani i preti messinesi, chesicuramente non mancano di sensibilità pastorale, di qualità, di esperienze, ma essi si considerano contrapposti fra di loro. Creano, così, delle isole che non comunicano. Ogni sacerdote va per la sua strada. Occorrerebbe che essi stessipromuovessero l’ascolto e il rispetto, per creare “spazi” in cui comunicare e condividere, senza il timore di essere giudicati. In tal caso nessuno di loro avrebbe segreti da tener nascosti.Usciamo dal bar contenti di aver consumato una granita caffè con panna e brioche e il segreto, per mia esplicita volontà, è rimasto segreto.Torno a casa e rifletto,come al solito, anche per distrarmi da quell’incontro che mi ha lasciato molto perplesso, sul significato antropologico del segreto, e penso che essosia un luogo necessario dell’anima, il giardino dove si coltiva l’immaginazione e s’ingrandisce il cuore. I segreti chiudono una porta e dividono la realtà dal sogno. Essi sono la nostra libertà. Ma è difficile essere liberi, per questo sentiamo talvolta irresistibile l’impulso di parlare con gli altri, rivelare segreti, servirci dei segreti rivelati, ma sappiamo che questo non è sempre eticamente lecito. “Se confessi un segreto al vento, – sostiene il poeta libanese KahlilGibran – non te la prendere se poi il vento lo andrà a raccontare agli alberi”. Che segreto sarà mai quello che non resta tale poiché qualcuno prima o poi lo andrà a spifferare in giro? Meglio tenerselo per sé. E poi quel segreto, se non fosse segreto perché conosciuto da tanti?Dobbiamo, comunque, prendere atto, che viviamo in un’epoca in cui sono aumentate le possibilità di comunicare, di condividere le informazioni e di farle circolare. E mai come in questa epoca sono esplosi il mito dell’individualità, il culto della privacy… Quello alla privacy non è più soltanto il diritto a essere lasciati soli, ma è il diritto di decidere liberamente della propria vita privata. E’ utile sapere che, chiunque viene a conoscenza di un segreto semplicemente non deve rivelarlo, mentre la privacy obbliga oltre a non rivelare il segreto, anche a proteggere tutto quello che si viene a sapere al riguardo dell’interessato per tutelare i suoi diritti, le sue libertà fondamentali, la sua dignità individuale e per l’interesse della collettività. Miguel de Cervantes Saavedra scrive: “Due volte sciocco colui che, svelando un segreto ad un altro, gli chiede caldamente di non farne parola con nessuno”. Chiudo, cosi, la traduzione in termini filosofici del segreto. Poi ritorno a quel prete che voleva rivelarmi un suo segreto e mi sono detto: “Che tipo di segreto sia quello di quel prete non lo so perché non lo voglio sapere. Ma si tratta di un segreto vero oppure del segreto di Pulcinella?”.