
Siamo tutti prigionieri: è peggio esserlo di un muro di cemento o dei propri pensieri? L’evasione diventa doppia e parallela: è la fuga di chi evade dalla realtà e quella di chi invece cerca di avvicinarsi a essa recuperando un legame col mondo esterno. Ma allora la sfida non è solo del poeta o della detenuta: fa pensare alle tante evasioni desiderate e mai attuate da chi si ritrova stritolato in una realtà che non è la sua. O da chi si costruire prigioni dorate da cui guarda con nostalgia il mondo esterno. Allora emerge in sottofondo una domanda più grande: quanto sono tutti prigionieri, i poeti e le persone che guardano il mondo da dietro le sbarre e noi che ci interroghiamo sul senso dei labirinti? Quanto sono prigionieri quelli che corrono dalla mattina alla sera e quelli che vorrebbero evadere dai propri pensieri, quelli rinchiusi in un carcere fisico e quelli che non riescono a fuggire dai loro recinti esistenziali? Quanto sono prigionieri quelli che tacciono e quelli che obbediscono a prescindere dai comandi ricevuti? Quanto sono alte le prigioni reali e quanto sono pesanti quelle mentali?