La beffa delle 102mila assunzioni, 2 docenti su 3 rischiano di essere assegnati fuori regione

Il nuovo sistema di reclutamento previsto dalla riforma della scuola, approvata alla Camera dei Deputati, contiene delle ambiguità sulle fasi di assegnazione dei 102.734 nuovi assunti: tra questi, se si escludono i 36.627 della prima fase, da completarsi entro il prossimo 14 agosto con le procedure di stabilizzazione pre-riforma, tutte le altre si baseranno sulle nuove norme contenute proprio nel testo di riforma. Ora, leggendo il comma 100, ai docenti interessati non sarà sfuggito il diverso trattamento cui sono stati destinati rispetto ai colleghi: “i soggetti interessati dalle fasi di cui al comma 98, lettere b) e c), se in possesso della relativa specializzazione, esprimono l’ordine di preferenza tra posti di sostegno e posti comuni. Esprimono, inoltre, l’ordine di preferenza tra tutte le province, a livello nazionale. In caso di indisponibilità sui posti per tutte le province, non si procede all’assunzione. All’assunzione si provvede scorrendo l’elenco di tutte le iscrizioni nelle graduatorie”.

Cercando di interpretare quanto scritto nella riforma, sembrerebbe, quindi, che per gli oltre 65mila nuovi assunti con le fasi centrali e finali delle assunzioni, facciano bene sin d’ora a considerare la possibilità di preparare la valigia: è vero, infatti, che il sistema informatico incrocerà le loro preferenze con i posti disponibili, ma in mancanza di questi nelle vicinanze della residenza del candidato al ruolo, la proposta di assunzione sarà inevitabilmente quella di una sede in una provincia o regione diversa.

E non accettare la proposta di assunzione non sarà possibile. Lo dice il comma 102 della riforma che “in caso di mancata accettazione, nel termine e con le modalità predetti, i soggetti di cui al comma 96 (collocati nelle graduatorie di merito dei concorsi e nelle GaE) non possono essere destinatari di ulteriori proposte di assunzione a tempo indeterminato ai sensi del piano straordinario di assunzioni. I soggetti che non accettano la proposta di assunzione eventualmente effettuata in una fase non partecipano alle fasi successive e sono definitivamente espunti dalle rispettive graduatorie”.

Sulla complessità e pericolosità di questo ballottaggio sulle assunzioni, che si gioca tra le fasi A, B e C, Anief si era già espressa nei giorni scorsi. E pure la carta stampata non è stata tenera: La Repubblica, ad esempio, ha spiegato che per le fasi B (10.849 posti da assegnare appena la riforma arriverà in Gazzetta Ufficiale) e C (le rimanenti 55.258 immissioni in ruolo, da attuare però attraverso l’organico potenziato, deciso in autunno dai Collegi dei docenti) “le assunzioni avverranno secondo l’ordine di preferenza delle diverse province indicato nella domanda online. Ma sempre con la possibilità per il ministero di collocare il precario nella provincia italiana in cui sarà disponibile una cattedra libera”.

Se così sarà, Anief mette subito le mani avanti: “per tanti precari – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal – si tratterebbe di una vera beffa. Sarebbero infatti costretti ad accettare l’assunzione anche in province lontane dalla propria. E senza possibilità di scelta: saremmo di fronte a un vero ricatto. Speriamo che nella fase attuativa della riforma si aggiusti quanto indicato nella legge approvata. Ovvero, che non si obblighi il personale, nelle preferenze sulle assunzioni da attuare, ad inserire tutte le province italiane. Dopo aver impugnato la valutazione, fisica e psichica, costretti a subire i neo assunti con l’organico funzionale, ad opera dei dirigenti scolastici, saremmo costretti a ricorrere anche contro questa decisione”.

“Ricordiamo, tra l’altro – continua Pacifico – che sui posti vacanti pesa come un macigno la questione delle nuove assegnazioni provvisorie: nella riforma non è chiaro se il vincolo triennale sia valido già per il 2015/2016 o se, invece, partirà dall’anno successivo. Perché questa facoltà spetta al personale di diritto ogni anno. In caso contrario sarà nuovamente ricorso in tribunale. Con un ulteriore sconvolgimento delle cattedre. Il sindacato, a tal proposito, invita tutto il personale, docenti e Ata, a presentare la domanda dopo la pubblicazione della legge in Gazzetta. Perché il diritto alla famiglia è protetto dalla Carta europea dei diritti dell’uomo e ribadito con la direttiva UE 88/2004, oltre che previsto dalla nostra Costituzione, così come quello alla mobilità nella ricerca del lavoro. Soprattutto quando – conclude Pacifico – vi sono posti di lavoro liberi”.