
di Nicola Currò
Nessuno sarebbe più contento di chi scrive nel veder terminare, prima possibile, la disastrosa e raccapricciante avventura politica di quel “profeta del nulla” che risponde al nome di Renato Acccorinti. Chi scrive ha sempre avversato il più accanito interprete di una società arcaica e arretrata, società che proprio non vuol saperne di aprirsi e guardare al futuro e che, al contrario, preferisce abbarbicarsi a un passato che non tornerà mai più.
L’ascesa e il successo politico di Accorinti sono frutto della peggior concezione parassitaria dello Stato, sono figlie principali di un’asfissiante statalismo che ha bisogno di drenare quantità enormi denaro dalle tasche dei cittadini al solo scopo di tirar su e mantenere soggetti, completamente deresponsabilizzati di fronte alla società, affinché questi continuino a perpetrare il potere e il predomino della burocrazia nei confronti dell’intera collettività. Renato Accorinti e tutti gli Scalia boys sono frutto di questa concezione della realtà, tutti loro sono professori o comunque impiegati di Stato senza del quale, in un contesto economico libero, dinamico e concorrenziale, probabilmente non saprebbero di che vivere. Questo è l’humus culturale nel quale si sono formati Accorinti e la masnada di improvvisati politici che lo sostengono, ed è lo stesso humus culturale che ha caratterizzato Messina negli ultimi cinquanta anni, portando infine alla vittoria elettorale di quello che nella storia verrà ricordato come il peggior sindaco di tutti i tempi.
Nessuno, dunque, sarebbe più contento di chi scrive se in città si chiudesse il capitolo dell’attuale sindacatura, pur tuttavia mi ritrovo nella condizione di dover dissentire da coloro che in questo momento stanno ragionando sulla possibilità di avviare le procedure amministrative per chiedere la sfiducia del primo cittadino. Per il Pd andare avanti su questa strada significa giungere al definitivo suicidio politico, suicidio che non distinguerà tra renziani, non renziani, genovesiani o anitgenovesiani, bensì travolgerà tutti quanti indistintamente. E’ vero, Accorinti è troppo scarso ma sfiduciarlo concorrerebbe a rafforzarlo e a rivitalizzarne la figura politica. In poche parole la sfiducia coinciderebbe con la rinascita politica di Accorinti, mentre la città ha bisogno che l’esperienza amministrativa del sindaco scalzo venga definitivamente chiusa e per chiuderla è necessario che egli porti sino in fondo la sua sindacatura perché è necessario che anche ai più duri di cervice si renda evidente che l’esperimento di Cambiamo Messina dal Basso è stato il più grande disastro che poteva accadere per Messina.
Ci pensino dunque gli esponenti del Pd prima di compiere passi affrettati. Messina oggi non ha bisogno della sfiducia, per quanto auspicabile, piuttosto necessita di una rinnovata stagione politica: le opposizioni hanno il compito di spronare l’azione politica della giunta comunale e di farlo indicando risposte adeguate, innovative e realizzabili ai tanti problemi di Messina. Ogni altro tentativo, che non sia questo ritorno alla politica, si tramuterà nell’ennesimo rinvio di quella stagione di rinascita che la città da troppo tempo aspetta. Ieri il movimento reset! Ha lanciato la proposta di istituire un tavolo di lavoro denominato #MessinaAnnoZero: e se questa fosse una delle possibilità, al di là degli steccati ideologici, di trovare assieme delle risposte ai problemi della città?
@censurarossa