
di Roberto Gugliotta
No, non è questo quello che ci aspettavamo dal rivoluzionario Renato Accorinti. Immersi in una realtà che li contraddice in tutto, i rivoluzionari messinesi danno ancora una risposta a chi volesse rintracciare i motivi della posizione che occupa la nostra città nelle graduatorie sulla qualità della vita. Al terzo, al quarto cambio in Giunta si apre il Purgatorio delle attese, tutte più o meno in parte deluse. I cittadini che l’avevano eletto sono sempre più tiepidi e distanti. Quasi due anni di amministrazione della città avrebbero dovuto essere sfruttati da Accorinti quantomeno per elaborare una proposta convincente, ritrovando unità e qualità di progetti, in un posto dove la realtà supera di gran lunga l’immaginazione e dove i nomi dei nuovi Rivoluzionari dal basso sono più importanti di qualsiasi progetto. E per darsi autorevolezza la Rivoluzione dal basso – dicono i suoi oppositori politici – ha dato vita a contenitori pieni di finte intelligenze che sono serviti a tanti galoppini e portaborse per far carriera. In questa commedia politica c’è, ovviamente, anche il morto che parla: ed è la rivoluzione stessa. Ognuno vuol piazzare la sua battuta, la sua candidatura: una poltrona non la si nega a nessuno, neppure a Elio Conti Nibali, professionista a tutto campo. La famiglia Conti Nibali risulta essere tra le più vicine ad Accorinti – che sono tutti ottimi, da quando ci sono le nuove scuole di scrittura. E non penso neppure che Elio Conti Nibali sia uno non adatto al ruolo di assessore. Mai mi permetterei. Conti Nibali è un professionista ammirevole, come ce ne sono tanti. E’ un rivoluzionario dal basso, come tutti gli altri che sono in giro, del resto. A dire il vero sono contento di essere diverso: e mi pare ci sia abbondanza di coristi, e di comparse, che cercano di rubare un po’ di luci alla ribalta, tra l’indifferenza, ahimè, dell’annoiata comunità. Messina è in testa alla graduatoria di quanti parlano peggio della propria città, di chi accusa altri per trarsi d’impaccio di fronte alla proprie responsabilità oltre che in cima alla classifica del numero di posti di lavoro di chi vive di politica. Perché vivere di politica non vuol dire solamente percepire indennità di carica per ruoli istituzionali, ma anche avere incarichi per il proprio consenso elettorale. Vinta la depressione per lo stato delle cose, l’unico tentativo per sfuggire alla impotenza dell’arroganza di questo sistema dal basso, mentre altri scelgono per noi chi è il candidato più “condizionabile” per garantire la continuità di questa impalcatura da regime sudamericano, l’unico tentativo è quello di fare uno sforzo di crescita culturale, sottraendosi a un nuovo ricatto e a una nuova stagione di schiavitù psicologica. Ai cittadini di Messina che hanno perduto ogni luna resta solo la vecchia poesia dei No Ponte, della lotta ai Tir e della cucina di qualità, di altissima e carissima qualità. Insieme naturalmente alla solita classe politica da operetta che ancora una volta nella storia è veramente al di sotto di loro.