Le botte per le strade di Messina raccontano una storia

di Roberto Gugliotta

Per qualche settimana è probabile che la violenza non tornerà nelle strade di Messina. Prima che una speranza, è una convinzione. Anche se non passa fine settimana che la cronaca racconti di atti di teppismo se non peggio. Uno schifo. Adesso basta, non è possibile accettare blitz teppistici tra bande di giovani. Non è tollerabile che ciò accada in un luogo che si definisce civile. Mi preoccupa. Dovrebbe far riflettere tutti ma non è così se nessuno interviene. Ed è stato tutto fatto nel momento di guardia più basso del nostro viver civili: siete ancora convinti che il fine settimana sia sempre una festa? Strade in mano a delinquenti, locali controllati da delinquenti… dove tutti sanno tutto ma nessuno interviene per chiuderli. E in fondo non è che una pagliuzza dovuta alla crescita incivile senza sosta di un fenomeno (il teppismo) che non è mai stato arrestabile. Personalmente lo spieghiamo da anni. Non sono i soldi il punto. Il punto è casomai il principio dell’esclusione, del partecipare a una festa, un così fan tutti inteso come roccaforte, inattaccabile perché sprangata ad altre etnie, ceti, padri e padrini. E’ anche ingenuo pensare che tutto dipenda dall’omertà dei presenti, spesso giovanissimi… anche perché i nomi e i cognomi di quasi tutti i teppisti del sabato sera sono noti alle forze dell’ordine. Basterebbe affrontare il problema con impegno per rendersi conto che i teppisti – ragazzi sono organizzati, molte volte drogati, che girano armati e che da anni tengono in scacco le piazze, i club, i locali. Però siamo nella bella e docile Messina costretti ad accettare il confronto, noi del buonismo a ogni costo ci siamo sempre sentiti invasi da un senso di colpa fastidioso. La frase d’obbligo è questo non è colpa nostra ma della scuola, delle famiglie, della Chiesa. E cosa cambia? Noi abbiamo invece continuato a scusarci ed a distinguere da anni. Siamo così presi nel nostro tentativo disperato di innocentizzare il giovane messinese, di semplificarne i problemi, da cercare ancora i colpevoli tra noi, nell’omertà dei ragazzi. In realtà la vera cosa da denunciare adesso, il vero coraggio da trovare è proprio quello di ammettere di non essere in grado di arginare quello che la quotidianità di questo luogo scartato dalle regole produce. Raccomandazioni scolastiche e giudiziarie, aiutini universitari e lavorativi e cialtroneria a più non posso. Anche nel fare lo sport, nel gestire manifestazioni la violenza è padrona. Guai a dire che non funziona il metodo del padrone… vieni punito. Emarginato. Minacciato. Sono anni che in qualche modo tutti combattiamo. Ed è ora di dirsi che abbiamo perso.