Il basket a Messina non conosce le mezze stagioni

di Roberto Gugliotta

Il pacco ricevuto dagli amici dirigenti del “Cus Messina – Unime” lo scorso settembre che ha privato la città della serie B conquistata con tanti sacrifici sul campo – è bene ricordarlo a futura memoria – mi ha dato l’opportunità di focalizzare meglio l’attenzione sul basket locale e sui margini di crescita da parte dei giovani. A tirare le somme – e con risultati alla mano – posso tranquillamente affermare che il basket gestito da questi “istruttori locali” è un altro sport. I risultati non si ottengono ma ciononostante si grida al successo. Si arriva in coda alle classifiche ma si elogiano i meriti del proprio settore giovanile, anche quando la realtà consiglierebbe il silenzio più assoluto. Non si vince nulla ma si elencano progressi, fattori di crescita, talenti sfornati… solo per assicurarsi la benevolenza economica dei genitori anche per la prossima stagione. Il guaio è che il bluff prima o poi verrà scoperto. Per prima cosa perché negli ultimi dieci anni Messina non ha prodotto atleti degni di poter giocare in categorie importanti nonostante i centri di avviamento e i soldi incassati dagli stessi. Se avessero svolto con professionalità e competenza il proprio compito oggi il movimento cestistico cittadino avrebbe dovuto avere atleti sparsi in tanti campionati maggiori e almeno tre o quattro formazioni nella DNC, se non addirittura, qualcuna in Lega Silver. E non si dica che sia colpa della crisi economica perché se i giocatori in questi ultimi dieci anni fossero stati prodotti dai centri che vanno per la maggiore a Messina, non saresti costretto a prenderli da fuori – pagando vitto e parametro – ma avresti pure ricavato profitto esportandoli in giro per l’Italia. Ma la realtà, certificata dai risultati ottenuti sul campo, dice che se oggi si provasse a far giocare in una unica formazione di C regionale i cosiddetti ragazzi locali usciti da questi centri d’avviamento, la squadra potrebbe puntare solamente a una salvezza tranquilla. Quali trionfi, quali sogni di gloria. E’ chiaro che una volta appurato che c’è basket e basket, crescita e crescita, ci si chiede come possono essere così “polli” quei genitori che consegnano i propri figli, pagando profumatamente certi servizi sportivi, a istruttori diversamente competenti. Ma come più volte detto non si va in palestra per far crescere i giovani bensì per ricevere dai loro genitori la paghetta per poter campare. L’odore della "fuffa" viene immediatamente avvertito da qualsiasi modesto avventore del nostro sport quando si arriva alla fine della stagione e ogni centro d’avviamento deve giustificare le tante sconfitte maturate sul campo nonostante i proclami creativi di inizio anno: abbiamo giocato contro avversari più grandi (nel settore giovanile si gioca per annate); noi non puntiamo a vincere bensì a produrre giocatori (quali? fate i nomi…); quelli che ci hanno battuto erano più in forma (magari è proprio questo uno dei loro demeriti)… Scuse, scuse, scuse. Sarebbero stati più apprezzati se avessero confessato i propri limiti organizzativi e tecnici, però capiamo che se lo avessero fatto oggi sarebbero costretti a cercare una nuova occupazione. E così grazie alla comunicazione creativa possono permettersi di mandare allo sbaraglio i giovani con trasferte senza "vitto"… dopo che i genitori pagano rette mensili sui quaranta euro di media. In questa bizzarra organizzazione sportiva tutta messinese il dramma della “scoppola” agonistica non viene superato, ma almeno condiviso con il proprio compagno di ventura, in un rapporto che prevede disorganizzazione, ma soprattutto complicità: siamo tutti bravi, competenti, selezionatori anche se non vinciamo nulla e cosa più grave, non produciamo atleti. Oggi la logica di fare bene le cose e di sfornare giocatori non gode di molti favori (eufemismo): aggravata dalla limitata deambulazione, nonostante la giovane età, dei protagonisti. Purtroppo la voglia di cambiare certe cattive abitudini sportive lotta con l’ignoranza sportiva di molti genitori che pagano per sentirsi dire che il figlio è un talento pur non avendone le qualità. E infatti una volta finito il mercato delle giovanili si ritrova senza squadra perché non ha quelle doti che qualcuno sosteneva: una cosa è giocare le giovanili, un’altra è competere nei campionati maggiori. Infine, poiché i meriti son sempre gli ultimi a essere ricercati in questa città scartata, i giornali hanno giusto il tempo di darne i risultati, quando c’è lo spazio grazie al comunicato stampa celebrativo dove tutti sono stati bravi, buoni, superlativi, tranne il risultato ottenuto sul campo. E’ però evidente che blog e stampa non possono essere la causa della decadenza di una specialità altri tempi in auge. Si limitano a far da specchio. La flessione del basket locale è stata causata dalla crescente necessità dei grandi talenti di nascere in altri luoghi, per esempio a Patti, luogo citato non a caso che potrebbe schierare ora come ora una formazione locale e rischiare di vincere la DNC. Patti e non Barcellona o Capo d’Orlando dove oggi si vive di basket ma non si hanno dieci elementi locali per vincere una DNC nonostante gli investimenti per partecipare alla Lega Gold. Meglio, molto meglio …