Di SILVANA PARATORE
Si assiste oggi, quasi quotidianamente, ad eventi tragici consumati in contesti familiari che vedono come vittime le donne.
La provocazione continua, l’offesa, la disistima, la svalutazione, il tradimento della fiducia riposta, sono solo alcune delle forme in cui si manifesta la violenza psicologica. Caratteristica comune di questi comportamenti è la crudeltà mentale. Spesso, in ambito familiare con la vittima si è prima instaurato un legame affettivo per cui è già difficile individuare il limite sottile che separa un rapporto funzionante ancora da quello decisamente patologico. Talvolta chi pone in atto comportamenti aggressivi, manda spesso messaggi contrastanti nel senso che dice una cosa e ne pensa una altra, mettendo in tal caso, la propria “vittima” in uno stato di confusione e nell’incapacità di capire cosa stia succedendo. A volte la stessa interruzione della comunicazione bilaterale è una altra delle manovre che l’aggressore instaura. Spesso subentra un senso di colpa di chi inizia a subire e con esso un tentativo di perfezionismo. E’ stato dimostrato in alcuni studi di psicoterapeuti, come siano diverse le motivazioni che portano l’aggressore a porre in essere delle condotte lesive del rispetto e della dignità di una persona individuata come vittima. : violenze subite nell’infanzia e non elaborate psichicamente trovano terreno fertile in una persona che da adulta cerca di infliggere quello che ha subito per difendere la sua precaria identità. In queste persone già disturbate nel loro passato, operano meccanismi inconsci che fanno in modo che l’autore sia incapace di sentirsi in colpa, di riconoscere la sua incapacità di soffrire o meglio di provare sentimenti reali. A volte si tratta di personalità bordeline o paranoiche o di narcisisti che pensano solo a loro stessi o di analfabeti emotivi incapaci di leggere le emozioni altrui. La violenza contro le donne viene definita dall’art. 1 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne del 1993 come: “ Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale , sia nella vita pubblica che nella vita privata”. Frequenti, nella violenza psicologica, sono gli attacchi diretti a colpire la dignità personale, forme di mancanza di rispetto, atteggiamenti volti a ribadire continuamente uno stato di subordinazione e una condizione di inferiorità. Esempio: critiche continue, insulti, umiliazioni, denigrazioni anche in presenza di altri, tentativo di isolare le donne da parenti e amici, minacce contro la persona e famiglia. La realtà è che gli uomini che pongono in essere condotte di violenza psicologica, non sono in grado di vivere relazioni paritetiche, di reciprocità. Il bisogno diviene, per essi, quello di dominare la donna attraverso una sistematica demolizione di ogni sua sicurezza, annientandone la personalità. Fondamentale è riconoscere che la violenza non è mai giustificabile ed è necessario parlare di ciò che si subisce, con altri o in casi gravi rivolgersi ai centri antiviolenza.