La triplice sfida di Bersani per conquistare Palazzo Chigi

"Bersani ha mostrato di aver capito quale sia la sua mission, lanciando subito tre messaggi forti: ‘Dare al centrosinistra un forte profilo di governo e di cambiamento’, "predisporre i percorsi e gli spazi per le nuove generazioni’. E soprattutto: ‘Si deve vincere senza raccontare le favole". Un appello anti-demagogico – scrive Fabio Martini nella sua analisi sulla STAMPA – che e’ stato accolto con un applauso tiepido dai suoi fans che erano pronti a spellarsi le mani per qualsiasi battuta avesse detto il vincitore delle Primarie. Certo, per ora si tratta di impegni generici, ma Bersani sa che per conquistare Palazzo Chigi, e’ atteso da una via crucis scandita in tre stazioni: tenere e non disperdere subito la ritrovata forza elettorale del Pd; rinnovare in profondità gruppi parlamentari e dirigenza del partito; apparecchiare un risiko istituzionale da rompicapo, che prevede per i vincitori delle prossime elezioni politiche le indicazioni per il Quirinale e per le presidenze delle due Camere. La prima ‘stazione’ della via crucis da superare per arrivare a palazzo Chigi e’ dentro il suo partito. Dice Giorgio Tonini, gia’ presidente della Fuci, uno dei pochissimi parlamentari che ha sostenuto Renzi: ‘Bersani ha avuto un mandato pieno che non lascia dubbi a recriminazioni ed ora si parra’ la sua nobilitate: per evitare l’effetto-depressione degli elettori di Renzi, dovra’ fidelizzare quell’elettorato, interpretando il segnale forte di rinnovamento emerso dalle Primarie’. Miguel Gotor, un intellettuale che e’ anche uno dei primi consiglieri di Bersani, all’Espresso’, ha dato un’indicazione molto interessante: ‘C’e’ la consapevolezza in Bersani che dopo il governo Monti non si puo’ tornare indietro, al manuale Cencelli tra le correnti per nominare i ministri. Servono autorevolezza e competenza, bisogna alzare il livello’. Una lettura che convince un altro sostenitore di Bersani come Pier Luigi Castagnetti, che pero’ da uomo di partito, gia’ indica le resistenze: ‘Il segretario del Pd, tornando a Roma dopo una campagna elettorale che ce lo ha proposto piu’ forte e diverso, ora dovra’ stare attento ai rischi della sua "Curia", che e’ sempre conservatrice. Papa Giovanni, quando annuncio’ il Concilio, spiazzo’ e inquieto’ la Curia romana.
Per vincere quelle resistenze, il Papa rifece l’annuncio per altre due volte e i suoi successivi discorsi dal balcone erano diretti proprio a vincere le resistenze della Curia’.
Un patto BersaniRenzi?: ‘Se Bersani cerchera’ e trovera’ un’intesa di fondo col sindaco di Firenze, sia pure in ruoli diversi – dice l’ex ministro Paolo Gentiloni – il Pd potra’ continuare quella ascesa elettorale, testimoniata dai sondaggi, che puo’ portarlo verso percentuali ancora piu’ alte, vicine al 40%’.

Tradotto in soldoni? Renzi, come ha fatto capire nel suo discorso a caldo, si prepara a fare il capo della opposizione interna, ma la sua ‘costituzionalizzazione’ puo’ passare attraverso una corposa offerta da parte di Bersani? Sugli oltre trecento parlamentari che il Pd si prepara a portare nel prossimo Parlamento, il segretario quanti ne offrira’ al sindaco di Firenze? Ottanta? Cento? Ma offerte cosi’ importanti – ecco il punto – potrebbero mettere Bersani in collisione con la sua ‘Curia’, i gruppi organizzati raccolti attorno a D’Alema, Franceschini, Bindi, Letta e Fioroni, che qualche giorno fa, un po’ scherzando e un po’ no, diceva: ‘Saremo fatti tutti fuori’. Ma per poter vincere senza sbavature le elezioni, la seconda ‘stazione’ che attende Bersani e’ la riforma elettorale. Con una forza attuale del 30-35%, il Pd per conquistare Palazzo Chigi deve mantenere in vita il tanto detestato (a parole) Porcellum. Bersani non potra’ mai dirlo, ma il suo obiettivo e’ proprio quello e d’altra parte una mano gliel’ha data nientedimeno che Romano Prodi.
Intervenendo a Sky, l’ex presidente del Consiglio ad un certo punto ha indicato la strada a Bersani: ‘Se il Porcellum restera’, si potrebbero fare primarie per i parlamentari’. Ma se il Porcellum resta, proprio Romano Prodi diventa il candidato dei progressisti per il Quirinale, non solo perche’ e’ il candidato che puo’ mettere d’accordo anche Vendola e Renzi, ma anche perche’ l’ex premier ha un identikit che su un punto essenziale si sovrappone a quello di Monti: ‘Prodi – dice Sandro Gozi, responsabile Pd per le Politiche europee – ha il profilo giusto per fornire le necessarie garanzie a livello internazionale’". –