
Consultare il vocabolario, risolvere equazioni, studiare poesie: dopo la scuola ci sono i compiti da fare a casa. Ma servono? Non molto per come sono concepiti, sostengono alcuni ricercatori e direttori d’istituto. Il loro giudizio è che rendono più deboli gli alunni in difficoltà e non è detto che migliorino i più bravi. Gli esperti dell’Università Tecnica di Dresda (Germania) hanno interpellato 1.300 alunni e 500 insegnanti delle scuole a tempo pieno della Sassonia. Un terzo (33%) dei maestri riconosce di non saper valutare se i compiti abbiano qualche effetto. In generale, i maestri non hanno rilevato benefici particolari per i tre quarti (75%) dei loro alunni. Anche gli scolari hanno molti dubbi sui meriti dei compiti a casa (e questo è comprensibile); solo un terzo pensa d’aver migliorato i voti grazie a loro. I ricercatori vedrebbero di buon occhio quest’alternativa: lezioni di sostegno a scuola per alunni in difficoltà, anche perchè sono proprio quelli che in famiglia non trovano l’aiuto necessario. Ma questa soluzione comporterebbe ulteriori aggravi di spesa pubblica. Insomma il problema rimane tutto, anche in Italia.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc