Prosegue l’inchiesta sui rapporti Stato-mafia che vede sempre più sotto i riflettori il ruolo dell’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino: nelle carte anche le sue telefonate intercettate. Scrive Giovanni Bianconi sul CORRIERE DELLA SERA: "Era molto agitato, Nicola Mancino. Soprattutto dopo la sua deposizione al processo contro il generale dei carabinieri Mario Mori, accusato della mancata cattura del boss Bernardo Provenzano. Un campanello d’allarme, per l’ex ministro dell’Interno, indicato come ipotetico mentitore: o lui o il suo predecessore al Viminale Scotti, o l’ex ministro della Giustizia Martelli; lui che era stato anche presidente del Senato e vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Con la dichiarazione del pm si profilava una richiesta di confronti tra Mancino e Martelli, e tra Mancino e Scotti, davanti al tribunale. Ipotesi non gradita all’ex ministro, al punto di telefonare con insistenza al Quirinale, per parlare col consigliere giuridico di Napolitano Loris D’Ambrosio. Voleva sapere come evitare quei ‘faccia a faccia’, ma D’Ambrosio spiegava che bisognava aspettare le mosse del pm. ‘Io per adesso posso parlare col presidente (probabilmente Napolitano, ndr)… lui se l’è presa a cuore la questione… non lo so… Francamente la ritengo difficile’, diceva D’Ambrosio, che prima di approdare al Quirinale con Ciampi ha lavorato a lungo al ministero della Giustizia. Anche insieme a Giovanni Falcone. Mancino immaginava di intervenire su Messineo, il procuratore di Palermo, e sul procuratore nazionale antimafia Grasso, ma D’Ambrosio spiegava che i pm in udienza sono autonomi, non rispondono al loro capo. ‘L’unica cosa e’ parlare con il procuratore nazionale antimafia’, aggiungeva. Lui aveva potere di coordinamento sulle inchieste tra i diversi uffici, e della trattativa si stavano occupando, oltre ai magistrati palermitani, anche quelli di Caltanissetta e Firenze. Ma Mancino era preoccupato dai possibili confronti in tribunale.
(à) Mancino concluse che bisognava far intervenire Grasso: ‘Io gli voglio parlare perche’ sono tormentato’. Poi accadde che i pm chiesero i confronti ma il tribunale decise di non farli. Con il magistrato in servizio al Quirinale al quale chiedeva suggerimenti e intercessioni, l’ex ministro aveva stabilito una consuetudine nei quattro anni in cui guido’ il Csm per conto di Napolitano. (à) Considerazioni che non tranquillizzavano l’ex ministro il quale, quando i pm di Caltanissetta chiusero la loro inchiesta stigmatizzando il comportamento di alcuni politici di allora, fece altre rimostranze. Stavolta con l’allora procuratore generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, che aveva gia’ chiesto il provvedimento dei magistrati nisseni e disse a Mancino: ‘Comunque io sono chiaramente a sua disposizione. Adesso vedo questo provvedimento e poi magari ne parliamo. Se vuole puo’ venire quando vuole’. E Mancino: ‘Guaglio’, cosi’ come vengo vado sui giornali…’. Dal Quirinale, il 4 aprile, parti’ la lettera con la quale si invitava il massimo rappresentante dell’accusa a valutare l’esercizio dei suoi poteri, anche sulla procura nazionale antimafia. Al posto di Esposito stava arrivando il nuovo pg Ciani, e D’Ambrosio l’indomani spiego’ a Mancino: ‘Ho parlato con Ciani, hanno voluto una lettera cosi’ fatta per sentirsi piu’ forti…’. All’ufficio di Grasso fu chiesta una relazione sul lavoro svolto, che giunse qualche settimana piu’ tardi: il coordinamento era stato assicurato secondo le regole, che non prevedeva ne’ il suggerimento di ipotesi investigative alternative ad altre, ne’ la limitazione dell’autonomia dei pm".
