
Nel 2010 il 61,8% delle famiglie italiane ha acquistato acqua minerale, percentuale che risulta in leggero calo rispetto agli anni precedenti (era il 64,3% nel 2008 e il 63,4% nel 2009). La spesa media mensile delle famiglie per l’acquisto di acqua minerale si attesta, nel 2010, a 19,50 euro senza evidenziare significative differenze territoriali. Tale spesa risulta di poco inferiore a quella sostenuta per il servizio di acqua potabile nelle abitazioni. Lo rileva Istat che in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, istituita dall’ONU e celebrata ogni 22 marzo, fornisce un quadro di sintesi sull’approvvigionamento di acqua a uso potabile e sui consumi di acqua delle famiglie. La diffidenza nel bere acqua di rubinetto si manifesta ancora elevata nel Paese: nel 2011 il 30,0% delle famiglie ha al suo interno uno o più componenti che dichiarano di non fidarsi a berla. Tale fenomeno raggiunge i livelli più elevati in Sicilia (60,1%), Sardegna (53,4%) e Calabria (47,7%). Nel 2011 inoltresono lamentate irregolarità nell’erogazione dell’acqua dal 9,3% delle famiglie residenti in Italia. Questo problema e’ dichiarato soprattutto dalle famiglie del Mezzogiorno (17,4%), in particolare della Calabria (31,7%) e della Sicilia (27,3%).
Nel 2008 – rileva ancora Istat – , il volume pro capite di acqua, corrispondente a 72,9 m3/anno per abitante (pari a 199,7 litri per abitante al giorno) e’ diminuito del 9,2% rispetto al 1999. La contrazione e’ imputabile sia alla variazione nel sistema di contabilizzazione, oggi piu’ legato ai consumi reali direttamente misurati dai contatori, sia a una leggera riduzione dei consumi e, come conseguenza, degli sprechi idrici degli utenti finali. Il prelievo nazionale di acqua a uso potabile (dati 2008) ammonta a 9,11 miliardi di metri cubi di acqua il 2,6% in piu’ dal 1999. L’85,6% del prelievo nazionale di acqua a uso potabile deriva da acque sotterranee, il 14,3% da acque superficiali e il restante 0,1% da acque marine o salmastre. In Italia, nel 2008, le regioni dispongono di un totale di 9,04 miliardi di metri cubi di acqua a uso potabile da destinare alle reti comunali di distribuzione. Tali volumi sono il risultato della fruibilita’ idrica propria del territorio, degli scambi interregionali e degli usi non civili. Gli scambi di acqua piu’ apprezzabili, in termine di volume, si concentrano nelle regioni del Centro-Sud. Quanto agli scambi interregionali, importanti volumi di acqua, provenienti da Basilicata, Campania e Molise, affluiscono in Puglia, che si caratterizza come la regione con il maggiore volume di acqua in ingresso, pari a circa 335,5 milioni di metri cubi. Significativo – sottolinea Istat – e’ anche il volume di acqua in ingresso in Campania, dove giungono circa 228 milioni di metri cubi da Lazio e Molise. Valle d’Aosta, provincia autonoma di Trento, Abruzzo, Sicilia e Sardegna sono le aree territoriali che risultano autosufficienti dal punto di vista idrico, ovvero l’acqua utilizzata nelle reti comunali di trasporto e distribuzione proviene esclusivamente da risorse interne. In particolare, Valle d’Aosta, Sicilia e Sardegna si contraddistinguono, inoltre, come regioni "chiuse" dal punto di vista idrico, in quanto non effettuano scambi di acqua a uso potabile con altre regioni. Riguardo agli scambi di acqua tra regioni, il contributo extra regionale alla disponibilita’ interna della risorsa idrica per uso civile e’ generalmente diffuso, ma non determinante, nell’economia della maggior parte delle gestioni locali, con le eccezioni di Puglia e Campania, regioni per le quali rispettivamente il 61,6% e il 23,7% della disponibilita’ regionale proviene da risorse esterne.