Immigrati: mondo cattolico plaude a sentenza Strasburgo

Grande soddisfazione, ma anche rimpianto per un’umiliazione che poteva essere evitata al nostro Paese se fosse stata ascoltata la voce delle associazioni: è questa la reazione del mondo cattolico alla sentenza del Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ha condannato l’Italia per i respingimenti in mare di cittadini eritrei e somali provenienti dalla Libia nel 2009. La decisione della Corte, dice mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei, e’ una ‘conferma della legittimità delle richieste e delle proteste di diversi enti e organizzazioni’. ‘Purtroppo – aggiunge – nei respingimenti che hanno interessato almeno 1000 persone, tra cui donne in gravidanza e bambini, molti hanno anche perso la vita: un dramma che purtroppo pesa sulla nostra coscienza e sulla coscienza europea’. Per la Caritas, la sentenza di Strasburgo puo’ essere l’occasione di aprire una ‘nuova stagione in cui la politica migratoria non sia interpretata solo attraverso norme restrittive o legate all’allontanamento dei migranti’.
‘Finalmente – dice al Sir Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana – l’Europa si pronuncia in maniera seria su un comportamento che ha violato i diritti umani… un comportamento assolutamente deprecabile che noi e le altre organizzazioni abbiamo piu’ volte condannato.
Purtroppo la decisione arriva dopo tanti respingimenti e dopo tante tragiche vicende’.
Per le Acli, ‘viene condannato il governo italiano, ma vince lo spirito della nostra Costituzione, nonche’ la tradizione del popolo italiano, quella di un paese accogliente che non respinge i disperati in mare consegnandoli ad un tragico destino’. Si tratta di ‘una censura gravissima per il governo che commise quell’errore e per quelle forze politiche che non solo difesero ma si fecero vanto di quei respingimenti’, commenta il presidente nazionale Andrea Olivero. La sentenza di Strasburgo ha un ‘grande valore morale e politico’ per il futuro dell’Europa, perche’ richiama al ‘dovere fondamentale dell’accoglienza e dell’assistenza, che prescinde dalle barriere imposte dai confini nazionali, nel rispetto di ogni vita umana. Qui sono le radici cristiane del Continente e del nostro Paese’.
‘Profonda soddisfazione’ esprime anche p. Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli – ‘Speriamo che questa sentenza metta definitivamente la parola fine a una gestione dei controlli delle frontiere che calpesta sistematicamente il diritto d’asilo e che induca il governo italiano a un maggior senso di responsabilita’ anche nella stipula dei nuovi accordi con la Libia’ – mentre Guido Barbera, presidente del coordinamento di Ong Solidarieta’ e Cooperazione Cipsi, parla di ‘condanna non all’Italia, ma a tutte quelle politiche che non riconoscono la centralita’ del rispetto dei diritti umani e della vita, valori in cui gli italiani credono fermamente’.
Per Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, la sentenza ‘prova che nelle operazioni di respingimento sono stati sistematicamente violati i diritti dei rifugiati’ mentre per Sant’Egidio si tratta di una ‘decisione storica’ che puo’ ‘contribuire a ridurre il numero delle vittime nel Mediterraneo: almeno 1500 solo nel 2011’. ‘I diritti dei migranti sono violati troppo spesso, e la stessa tematica delle migrazioni internazionali e’ generalmente trattata in maniera unilaterale, solo dal punto di vista della sicurezza (a livello nazionale), o badando alla convenienza e alle implicazioni economiche’, nota Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv.
C’e’ invece tristezza per una sentenza arrivata troppo tardi per salvare molte vite nelle parole di don Mussie Zerai, sacerdote eritreo presidente dell’Agenzia Habeshia: ‘Una sentenza tardiva ma positiva, meglio tardi che mai’, commenta.
Zerai non nasconde la sua ‘grande tristezza perche’ centinaia di profughi che sono Stati respinti, tra cui alcuni dei ricorrenti, non sono piu’ in vita, morti nel Mediterraneo, nel tentativo di fuggire dalla guerra in Libia’.