L’Associazione Vittime del Dovere esprime profonda amarezza, che si unisce al senso di frustrazione delle Vittime e delle loro famiglie, per la persistente e ingiustificata assenza di risposte da parte del Governo rispetto al pacchetto di emendamenti presentati in Parlamento su esplicita sollecitazione dell’Associazione stessa.
Si tratta di interventi necessari per colmare una disparità giuridica e morale che da anni penalizza donne e uomini che hanno subito gravi lesioni, o hanno perso la vita, nell’adempimento del dovere, a tutela dell’ordinamento repubblicano e dell’intera collettività.
A distanza di oltre vent’anni dalla promessa espressa della Legge 266/2005 e dopo dieci dalla Relazione del Tavolo Tecnico Governativo, l’inerzia dell’apparato pubblico appare non solo incomprensibile, ma lesiva della dignità delle Vittime e delle loro famiglie, oltre che potenzialmente foriera di danno erariale per il contenzioso che ne deriva.
La Repubblica continua a rendere omaggio, sul piano formale, al sacrificio di chi ha servito il Paese, ma nega nei fatti l’effettività delle tutele previste dall’ordinamento, costringendo i familiari a lunghi e dolorosi percorsi giudiziari per ottenere ciò che dovrebbe essere automatico.
Questa contraddizione svuota di significato il concetto stesso di riconoscimento istituzionale e trasforma il rapporto tra Stato e i cittadini che lo hanno servito in un conflitto giudiziario permanente, profondamente ingiusto e umanamente inaccettabile.
Sono stati accantonati interventi importanti, proposti attraverso emendamenti formalmente trasmessi ai Ministeri competenti e alla Presidenza del Consiglio, relativi all’equiparazione delle tutele delle Vittime del Dovere a quelle delle Vittime del terrorismo, al collocamento obbligatorio, alle borse di studio per gli orfani, alle onorificenze, al riconoscimento del 2 giugno anche come giornata di memoria del sacrificio di chi si è immolato per la Nazione, alla realizzazione di una sala museale presso il Vittoriano e, più in generale, al riconoscimento pubblico della memoria delle Vittime del Dovere: misure a costo minimo, ma decisive per la credibilità dell’Esecutivo.
In questo quadro di sistematica rimozione, il tema del collocamento lavorativo assume un valore ancora più grave. Non si tratta di una criticità recente né di una questione improvvisata: l’Associazione segnala da oltre un decennio una grave e ormai consolidata disapplicazione delle norme sul collocamento mirato a favore degli aventi diritto e dei loro familiari, portandola all’attenzione delle autorità competenti attraverso articoli di approfondimento, esposti alla Corte dei Conti e interpelli formali al Dipartimento della Funzione Pubblica e al Ministero del Lavoro. A tali iniziative non è mai seguita alcuna risposta scritta ufficiale, neppure di cortesia, come se queste istanze non meritassero nemmeno un riscontro formale.
Resta allora da chiedersi quali strumenti debbano ancora essere attivati per ottenere almeno un segnale di attenzione da parte delle Autorità di vertice.
Negli ultimi due anni, nonostante il silenzio che pesa quanto una risposta negativa, l’Associazione ha continuato a lavorare, senza arrendersi all’assenza di interlocuzione. È stato quindi riproposto un testo normativo – più volte analizzato, scomposto e ricostruito, anche con il contributo volontario e non ufficializzato da parte dei tecnici virtuosi dei Dicasteri competenti, volto a chiarire e rendere effettivo un diritto che dovrebbe essere già acquisito e funzionante. Un lavoro approfondito, condiviso e tecnicamente solido, rimasto tuttavia privo di qualsiasi iniziativa concreta.
Il paradosso diventa ancora più evidente se si considera che, nel nostro ordinamento, l’accesso ai concorsi pubblici è oggi consentito anche a soggetti con precedenti penali, mentre a chi ha subito danni permanenti o ha perso un familiare nell’adempimento del dovere, viene negata, nei fatti, l’applicazione di un diritto previsto dalla legge. Le Vittime del Dovere non chiedono scorciatoie né trattamenti di favore. Chiedono che le Amministrazioni applichino le norme vigenti, rispettino gli impegni assunti e non trasformino un diritto in una concessione arbitraria.
Lo Stato sceglie chi tutelare e chi ignorare, rivelando così le proprie priorità, costringendo chi ha sacrificato salute, vita o famiglia al servizio dell’Italia a inseguire diritti sulla carta: per le Vittime del Dovere l’accesso al lavoro è ormai una battaglia lunga e incerta, combattuta nelle aule dei Tribunali.
Pensare che, di fronte a tutto questo, l’Associazione Vittime del Dovere possa fermarsi significa non aver compreso la forza morale di chi ha già pagato il prezzo più alto. La nostra azione proseguirà in ogni sede, istituzionale e giudiziaria, fino a quando i valori costituzionali, troppo spesso evocati, non torneranno a essere tradotti in atti concreti.
