Il valore del parkour nei progetti di educativa di strada

“Quando pensiamo al parkour, molti immaginano giovani che saltano da un muro all’altro, scorrono sotto ringhiere e si arrampicano su palazzi. In realtà, dietro a questa disciplina c’è molto di più di un semplice spettacolo urbano: il parkour è una disciplina psico-motoria che, se inserita nell’educativa di strada, diventa un potente strumento di crescita personale e sociale. Uno dei suoi punti di forza è l’accessibilità. A differenza di altri sport, il parkour non richiede attrezzature costose né un abbigliamento specifico: la palestra è la città stessa. Muri, panchine, corrimani e scale diventano ostacoli per esplorare la propria creatività e capacità motoria. Questo lo rende prezioso per i progetti educativi di strada, dove le risorse sono spesso limitate e la creatività diventa la vera ricchezza.

Il parkour non è soltanto libertà di movimento. È soprattutto una disciplina non competitiva che mette al centro la sfida con sé stessi, non con gli altri. Questa caratteristica lo rende attraente per i giovani, che vi trovano non solo un’attività fisica coinvolgente ma anche uno spazio di espressione autentica, lontana da giudizi e classifiche. Un aspetto importante se consideriamo il fenomeno del drop-out sportivo, che porta molti ragazzi ad abbandonare le discipline tradizionali nel passaggio all’agonismo, a causa della pressione competitiva intra ed extra gruppo di allenamento.

Il parkour intercetta una predisposizione naturale dell’essere umano: il gioco motorio. Come i cuccioli di tutti i mammiferi, anche i bambini imparano correndo, saltando, arrampicandosi, sperimentando e spesso sbagliando. Creare un ambiente protetto in cui sia possibile sbagliare senza subire gravi infortuni né il peso del giudizio significa offrire un contesto fertile per la crescita.

Proseguire questo allenamento spontaneo nell’adolescenza e nell’età adulta consente di sviluppare competenze motorie, capacità di adattamento e consapevolezza corporea, ma anche abilità nel valutare e gestire rischi, riconoscere le proprie emozioni e imparare a regolarle.

Praticare parkour significa imparare a programmare i propri movimenti nello spazio, adattarsi agli imprevisti, pianificare strategie a breve, medio e lungo termine per riuscire a migliorarsi. Il praticante deve studiare se stesso e il contesto, valutare rischi e possibilità, allenarsi a prendere decisioni. Competenze che rimangono utili per tutta la vita.

Aspetti valoriali

Nell’educativa di strada, il parkour può diventare una chiave di accesso per la trasmissione di valori. La consapevolezza è la prima lezione: ogni salto richiede attenzione, ogni atterraggio va pensato. Non si tratta solo di eseguire gesti tecnici, ma di allenarsi a riconoscere i propri limiti, a spingerli gradualmente più in là attraverso lo studio e la costanza, a costruire fiducia in sé stessi grazie alla consapevolezza. Il parkour insegna responsabilità: se sbagli, non puoi dare la colpa a un arbitro o a un compagno, ma impari ad affrontare le conseguenze delle tue scelte. Allo stesso tempo insegna solidarietà: chi è più esperto aiuta i principianti, chi conosce un movimento lo mostra, trasformando ogni allenamento in un piccolo laboratorio sociale.

In contesti segnati dal degrado, i modelli dominanti si fondano spesso sulla forza come unico valore. Introdurre alternative significa ampliare il ventaglio delle scelte quotidiane: si può essere ascoltati non alzando la voce ma parlando con chiarezza; si può essere accettati non imponendosi ma aiutando chi è in difficoltà. La teoria criminologica dei “vetri rotti” di Wilson e Kelling, che descrive come il degrado urbano generi ulteriore degrado, offre l’occasione per una rilettura in chiave positiva: la teoria dei “vetri riparati”. Quando la popolazione si prende cura degli spazi, genera un esempio virtuoso che può ispirare altri. Il parkour diventa così uno strumento per riattivare luoghi abbandonati o segnati da criminalità: molte piazze usate per lo spaccio rivivono, almeno temporaneamente, grazie all’allenamento di bambini e ragazzi. Non si tratta di “liberare la città dal crimine”, ma di rivendicare il diritto dei giovani al gioco e all’uso legittimo degli spazi pubblici.

Conclusioni

In un mondo che spesso etichetta i ragazzi come “distratti” o “pigri”, sempre più distanti dai registri comunicativi degli adulti, il parkour offre un linguaggio alternativo per trasmettere concetti fondamentali di crescita personale e cittadinanza attiva: responsabilità, coraggio e libertà. È un’attività che unisce corpo e mente, gioco e disciplina, individualità e comunità. Portare il parkour nell’educativa di strada significa offrire ai giovani non solo un’attività fisica, ma una vera scuola di vita: uno spazio in cui allenare corpo, mente e valori, imparare a cadere senza paura o vergogna e rialzarsi con maggiore consapevolezza. Forse il salto più grande che il parkour ci invita a compiere non è da un muretto a un corrimano, ma da una visione limitata dello sport a un’idea più ampia di educazione, crescita e libertà. (articolo di Fabio Saraceni, tratto da Sport City Journal n.3 2025)