La Corte d’Appello di Firenze era stata chiamata a decidere su una questione che genera numerosi contenziosi nelle aule di Tribunale.
Nello specifico la Provincia aveva ritenuto che un’autovettura, parcheggiata su un area privata, fosse in stato di abbandono e fuori uso, ai sensi del D.Lgs n. 209/2003, poiché presentava ruggine, muschio e aveva le gomme completamente sgonfie, in virtù di ciò aveva qualificato l’autovettura come rifiuto.
Il proprietario del mezzo si opponeva a tale qualificazione e chiariva che l’autovettura doveva essere oggetto di un restauro.
Tale difesa non convinceva né la Provincia che confermava il proprio provvedimento e neppure il Tribunale di Lucca.
La Corte d’Appello di Firenze, invece, sovvertiva la sentenza dopo aver chiarito la nozione di rifiuto, asserendo che non ogni veicolo vecchio, fermo o impolverato, può essere automaticamente considerato abbandonato.
Per far scattare la disciplina del rifiuto, infatti, occorrono elementi più solidi che rivelino una concreta volontà di dismissione o una oggettiva, grave inidoneità funzionale.
Con la sentenza n. 2091, la Corte d’Appello di Firenze (1) ha chiarito che le macchie di ruggine, muschio e pneumatici sgonfi sicuramente indicano incuria ma non necessariamente abbandono.
Inoltre da tali condizioni non si può dedurre che un auto sia inidonea alla sua funzione poiché, come dedotto più volte dalla Cassazione per verificare le ipotesi di abbandono occorre che manchino, ad esempio, le parti meccaniche essenziali.
Nella valutazione, peraltro, occorre valorizzare gli indici positivi quali l’interesse del proprietario, il pagamento della tassa automobilistica negli anni precedenti, l’avvio dei lavori di restauro, il progetto di utilizzo agricolo, il valore economico non trascurabile e l’imminente classificazione come veicolo storico.
Perché tale sentenza è rilevante?
Dalla stessa emerge un principio fondamentale nel diritto ambientale ovvero la disciplina ambientale non può essere applicata come uno strumento di automatica repressione dell’incuria estetica o del semplice non utilizzo.
Non basta, a qualificare un bene come rifiuto, il fatto che sia vetusto ma occorre che sussista una condizione di chiaro disinteresse accompagnata da una seria degradazione funzionale.
Sara Astorino, legale, consulente Aduc
