Curare con la terapia genica non solo patologie retiniche rare, ma anche malattie della retina comuni, non è più un traguardo lontano, ma una realtà a breve termine. Il follow-up a 4 anni degli studi clinici più avanzati è positivo, le sperimentazioni di fase III sono già avviate e si attende per il 2027 l’approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA). Diventa, dunque, più concreta la possibilità di una terapia genica definitiva che permetta di trattare la maculopatia umida, la forma più aggressiva e rapida di degenerazione maculare legata all’età, con una sola iniezione intravitreale.
È l’obiettivo a cui stanno lavorando da diversi anni alcuni gruppi di ricerca internazionali, che hanno dato impulso alla crescita di trattamenti sperimentali rivolti, non soltanto alle patologie retiniche rare, ma anche a malattie più comuni e diffuse come la degenerazione maculare e la retinopatia diabetica, che stanno generando maggiori investimenti a livello globale, perché colpiscono milioni di persone. Ed è proprio al pre-meeting EYENOVATE 2025 del Congresso Internazionale FLORetina ICOOR, che sia le grandi aziende farmaceutiche leader di settore, che le piccole aziende biotecnologiche, presenteranno i farmaci più innovativi candidati ai programmi di terapia genica.
Un’innovazione che prevede di introdurre nelle cellule della retina del paziente, un “DNA terapeutico” in grado di fornire tutte le istruzioni necessarie a far produrre direttamente all’occhio il farmaco anti-VEGF, capace di contrastare i fattori di crescita principali responsabili della proliferazione incontrollata dei vasi sanguigni che causano il danno retinico e visivo.
A oggi, infatti, i pazienti possono aderire a una terapia a base di anti-VEGF di ultima generazione, il gold-standard del trattamento per la maculopatia umida, che però, nonostante l’elevata sicurezza ed efficacia, e con una netta riduzione di somministrazioni rispetto ai farmaci di prima generazione, necessita dalle 5 alle 7 iniezioni l’anno. Per questi pazienti si aprono ora nuove reali prospettive di ridurre significativamente i trattamenti. Sono infatti molto favorevoli i dati presentati a FLORetina ICOOR, che aggiornano i risultati provenienti da un recente studio pubblicato su The Lancet che ha valutato ABBV-RGX-314. Stabili e duraturi anche gli esiti delle sperimentazioni su 4D-150. Entrambe le terapie sono state progettate proprio per essere somministrate tramite una singola iniezione che potrebbe funzionare per molti anni e, forse, per tutta la vita dei pazienti.
CHE COSA È LA MACULOPATIA UMIDA
“La maculopatia umida è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità della vita dei pazienti, per via della sua manifestazione improvvisa, caratterizzata da sintomi che peggiorano rapidamente e colpisce 2 milioni di persone solo nelle aree geografiche di Stati Uniti, Europa e Giappone. Nonostante rappresenti solo una parte dei casi di maculopatie legate all’età, il 10-15% circa del totale, è largamente responsabile delle perdite di vista più rapide e gravi legate alla patologia – spiega Stanislao Rizzo, presidente di FLORetina ICOOR, direttore del Dipartimento di Oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS e Professore ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma –. È causata dalla formazione di nuovi vasi sanguigni anomali negli strati interni o al di sotto della retina, che possono perdere sangue o liquidi, provocando la cicatrizzazione della macula e un danno irreversibile ai fotorecettori”.
“Oggigiorno i pazienti affetti da maculopatia essudativa possono aderire a una terapia iniettiva a base di anti-VEGF. Nonostante questa presenti un elevato grado di sicurezza ed efficacia, per funzionare, necessita di costanza nel sottoporsi alle iniezioni intravitreali che devono essere fatte in maniera continuativa, con un grande impatto logistico e psicologico su pazienti e caregiver – sottolinea Rizzo -.Da qui la necessità di trovare terapie innovative come quella genica, soprattutto per ridurre il numero di iniezioni per queste persone e contrastare i danni della maculopatia essudativa in modo definitivo, o almeno per periodi molto lunghi”.
“La terapia genica – descrive Francesco Faraldi, Direttore della Divisione di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano – Umberto I di Torino –, consiste in un vettore virale che viene ‘caricato’ di un gene e che, una volta iniettato nello spazio sottoretinico o intravitreale, trasmette alle cellule le istruzioni per produrre speciali proteine anti-VEGF. Le cellule del paziente, insomma, grazie alla terapia genica, sono in grado di produrre autonomamente le proteine anti-VEGF, che, altrimenti, dovrebbero essere frequentemente iniettate dall’esterno”, spiega.
POSITIVI I PRIMI RISULTATI DI EFFICACIA A 4 ANNI DI ABBV-RGX-314: GIÀ AVVIATI GLI STUDI DI FASE III ANCHE SU RETINOPATIA DIABETICA. ITALIA CAPOFILA IN EUROPA
“In questa direzione, risultati promettenti per la cura della maculopatia umida arrivano ora dalla terapia genica ABBV-RGX-314, o sura-vec. A dimostrarlo sono i dati aggiornati emersi a FLORetina che, con un follow-up a 4 anni, confermano gli esiti emersi da un recente studio pubblicato su The Lancet, che ha valutato e dimostrato la sicurezza e l’efficacia di questa terapia genica in una sperimentazione multicentrica su 42 pazienti a cui è stata somministrata una singola iniezione sottoretinica di ABBV-RGX-314”, osserva Rizzo.
“I risultati presentati a FLORetina hanno dimostrato efficacia e sicurezza della terapia sia da un punto di vista anatomico, che funzionale con stabilizzazione o miglioramento dell’acuità visiva. Inoltre, molti pazienti hanno avuto bisogno di poche o, addirittura, nessuna iniezione supplementare di anti-VEGF durante gli anni di follow-up, dimostrando la capacità di RGX-314 di fornire una soppressione duratura del VEGF dopo una singola somministrazione”, riferisce Rizzo.
Gli studi di fase III, ATMOSPHERE e ASCENT sono in corso negli Stati Uniti, e in vari Paesi europei, tra cui l’Italia, capofila in Europa per numerosità di pazienti arruolati, dove la sperimentazione clinica è stata già avviata dallo stesso Professor Rizzo, su 12 pazienti, a cui presto se ne aggiungeranno altri 4, presso la Clinica Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma. I due trial mirano a confermare l’efficacia, la durata e la sicurezza della somministrazione della terapia in un maggior numero di pazienti, allo scopo di raccogliere dati per una prossima presentazione alle autorità regolatorie. “La fase di arruolamento è già stata completata con oltre 1.200 partecipanti, in più di 200 centri, e i dati preliminari sono attesi per il quarto trimestre del 2026. Ad oggi sono molto incoraggianti i dati sulla sicurezza e la durata a lungo termine, come emerso dai primi studi clinici che hanno evidenziato la tollerabilità e l’efficacia fino a 4 anni dall’inizio della terapia”, commenta Rizzo.
“In parallelo, sono in corso ulteriori studi che stanno valutando l’applicazione della terapia ABBV-RGX-314 anche per la retinopatia diabetica, una complicanza del diabete che colpisce gli occhi e che si stima interessi almeno il 30% delle persone diabetiche. Nello studio di fase II ALTITUDE, si sta quindi sperimentando l’uso di ABBV-RGX-314 con iniezione sovracoroideale invece che sottoretinica, andando cioè a introdurre il farmaco nella parte più esterna dell’occhio, tra la sclera e la coroide”, fa notare Daniela Bacherini, Professore Associato in Malattie dell’Apparato Visivo presso la Clinica Oculistica dell’Università di Firenze.
FAVOREVOLI ANCHE I RISULTATI DELLO STUDIO PRISM CON IL FARMACO GENETICO 4D-150
Novità anche per la terapia genica con 4D-150 che, una volta iniettata per via intravitreale, garantirebbe un effetto terapeutico efficace, duraturo e sicuro. I primi esiti arrivano dallo studio clinico di fase I/II PRISM che ne ha valutato sicurezza, efficacia, tollerabilità su pazienti colpiti da maculopatia umida: la terapia ha mostrato risultati positivi a 2 anni dall’applicazione del 4D-150 sia in pazienti con malattia severa già presente al momento dell’ingresso nello studio, che in un sottogruppo di pazienti con malattia grave resistente alle terapie standard.
“Una singola iniezione intravitreale di 4D-150 ha aiutato tutti i pazienti a mantenere l’acuità visiva e buoni risultati anatomici, fino a 2 anni dalla somministrazione del farmaco, con un’efficacia del 92% nei pazienti con malattia già presente, dell’82% in quelli con malattia avanzata entro 6 mesi dall’ingresso nello studio, e del 79% nei soggetti con malattia resistente alle terapie standard – osserva Faraldi -. I pazienti, nel corso dei due anni hanno inoltre mostrato una riduzione della necessità delle iniezioni supplementari di anti-VEGF dopo il trattamento con 4D-150. Inoltre, hanno avuto sempre meno necessità delle iniezioni supplementari dopo il trattamento con 4D-150. In aggiunta a tutto ciò, il farmaco è stato ben tollerato e non sono stati riscontrati problemi di sicurezza o infiammazioni intraoculari nei pazienti dopo circa 3 anni e mezzo dall’iniezione”.
CONCLUSIONI
“Diventa dunque sempre più concreta e vicina la possibilità di una terapia genica definitiva che permetta potenzialmente di curare con una sola iniezione intravitreale la maculopatia degenerativa umida. Ciò consentirà di migliorare la qualità di vita dei pazienti, garantendo una visione stabile nel lungo termine, riducendo l’impegno anche logistico ed emotivo di iniezioni intravitreali continue. Ma, superata la sfida scientifica, il settore dovrà superare anche quella della rimborsabilità dell’innovazione, per mettere a disposizione dei nostri pazienti questi nuovi trattamenti”, conclude Rizzo.
