TUMORI: OLTRE 230 TRIAL IN CORSO SU VACCINI MRNA, MA RICERCA A RISCHIO PER TAGLI USA

Dal melanoma ai tumori del polmone, della prostata, del pancreas, del seno fino al cancro ai reni, alla vescica e a molti altri ancora. In totale sono 20 i tipi di tumore contro i quali sono attualmente in corso, nel mondo, oltre 230 studi clinici (GlobalData) che mirano a sviluppare vaccini e terapie basate sull’mRNA.L’oncologia è infatti l’area terapeutica che più di tutte ha visto crescere la ricerca sulla tecnologia a mRNA, seguita da lontano dalle malattie infettive (120 studi in corso).

Una vera e propria corsa all’oro che rischia una brusca battuta d’arresto a causa dei tagli ai fondi da parte dell’amministrazione Trump, che solo nei primi 3 mesi del 2025 ha ridotto del 31% i finanziamenti del National Cancer Institute e che ha annunciato l’interruzione di 22 progetti mirati allo sviluppo di vaccini a mRNA per un valore di 500 milioni di dollari, non nascondendo un certo scetticismo verso questa tecnologia. In questo contesto l’Europa, in particolare l’Italia, può candidarsi a diventare un nuovo polo di riferimento. Questo è uno dei temi affrontati dagli specialisti riuniti da oggi a Napoli per la XVI edizione del Melanoma Bridge e la XI edizione dell’Immunotherapy Bridge, due eventi internazionali dedicati all’immunoterapia.

“L’interesse scientifico per i vaccini a mRNA in oncologia è in forte crescita – dichiara Paolo Ascierto, professore ordinario di Oncologia all’Università Federico II di Napoli, presidente della Fondazione Melanoma Onlus e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli –. Questi vaccini non sono pensati per prevenire il cancro nel senso tradizionale, ma per addestrare il sistema immunitario a riconoscere e distruggere le cellule cancerose. Funzionano come terapie complementari o adiuvanti dopo l’intervento chirurgico, riducendo drasticamente il rischio di recidiva”.

 

Gli mRNA in arrivo

La ricerca è ormai ben oltre le fasi precliniche, con progressi concreti e candidati promettenti che stanno affrontando le fasi finali dei test. È, ad esempio, in dirittura d’arrivo il vaccino a mRNA per il melanoma di Moderna e Merck. “Siamo alle battute finali dello studio clinico di fase III – riferisce Ascierto, il primo a dare il via a questa sperimentazione in Italia –. I risultati finali sono attesi per l’anno prossimo, ma i dati preliminari sono molto promettenti: sembra infatti che il vaccino, in combinazione con l’inibitore dei checkpoint immunitari pembrolizumab, sia in grado di migliorare la sopravvivenza nei pazienti dopo la resezione chirurgica del tumore”.

Alte le aspettative anche per uno studio di fase III condotto da MSD e Moderna contro il cancro al polmone: anche in questo caso il vaccino a mRNA viene somministrato insieme al pembrolizumab. È invece in fase II il trial del vaccino a mRNA BNT-122 della BioNTech per la prevenzione delle recidive del cancro al pancreas: uno studio pubblicato su Nature a febbraio ha dimostrato che il vaccino personalizzato ha ridotto il rischio di ritorno della malattia dopo l’intervento chirurgico in 16 pazienti, con 3 anni di follow-up. Altri vaccini a mRNA sono ancora in fase iniziale di sviluppo. Ad esempio, nel maggio 2024, il Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito ha reclutato partecipanti per uno studio clinico personalizzato su un vaccino a mRNA contro il cancro del colon-retto.

 

Le altre novità

Il futuro riserva grandi innovazioni anche in termini di semplicità di somministrazione dei farmaci immunoterapici, come le terapie sottocute con nivolumab. “L’equivalenza dell’efficacia terapeutica nelle modalità di somministrazione sottocute è ampiamente dimostrata, e non solo in oncologia – spiega Ascierto –. Parliamo di una piccola iniezione che dura solo pochi minuti al mese, ma con tutta la sicurezza della gestione ospedaliera e monitorata del trattamento. Questo segnerà un netto miglioramento della qualità di vita del paziente oncologico”.

Inoltre, sono promettenti i primi risultati relativi al primo vaccino “fisso”, più semplice ed economico da produrre rispetto a quelli personalizzati, che mira a colpire un set di quattro antigeni presenti nella maggior parte dei melanomi. In un recente studio condotto dal professore Ascierto, il vaccino ‘fisso’ BNT111 si è dimostrato in grado di raddoppiare il tasso di risposta nei pazienti con melanoma avanzato e resistenti a più trattamenti standard, sia in combinazione con l’immunoterapia (cemiplimab) che da solo. “Infine, molto positivi sono i risultati degli studi sulle cosiddette ‘T-cell engagers’, un tipo di immunoterapia che sfrutta i linfociti T per attaccare le cellule tumorali, agendo come una sorta di ‘ponte’ tra le due cellule – spiega Ascierto -. Funzionano legandosi simultaneamente alle cellule T e a un antigene tumorale specifico, attivando così le cellule T per distruggere il tumore. Sono già efficaci in alcuni tumori del sangue, nel melanoma uveale e sono in fase di studio per i tumori solidi”.

Gli investimenti

Tuttavia, proprio mentre la scienza celebra i primi successi cruciali, un’ombra si allunga sulla ricerca. “I tagli ai finanziamenti negli Stati Uniti minacciano di rallentare quella che è stata definita una delle vie terapeutiche più promettenti del secolo – evidenzia Ascierto –. In questo contesto potrebbe aprirsi una finestra di opportunità strategica per l’Europa, e in particolare per l’Italia: di fronte a un potenziale rallentamento della ricerca americana, i Paesi europei possono cogliere l’occasione per rafforzare il loro ruolo ed entrare a pieno titolo come nuovo polo di riferimento globale in questa tecnologia salvavita. L’Italia vanta una straordinaria qualità della ricerca e dei suoi ricercatori, contesi in tutto il mondo: stabilizzando e aumentando i finanziamenti pubblici e privati, potrebbe attrarre investimenti e startup biotecnologiche che vedono incertezza oltreoceano”.

La ricerca sui vaccini oncologici è fondamentale non solo per la salute, ma anche per la sovranità tecnologica e industriale. “Investire ora in centri di ricerca d’eccellenza, come quelli già presenti in Italia, permetterebbe di capitalizzare sul know-how sviluppato durante la pandemia e assicurare l’accesso prioritario a queste terapie future – conclude Ascierto –. L’Europa e l’Italia hanno l’opportunità unica di dimostrare che la ricerca scientifica e l’innovazione medica possono essere sostenute con rigore e distacco dalle tensioni politiche, cementando il proprio ruolo di leader nell’immunoterapia oncologica del futuro”.