Le persone assolte dopo anni di ingiusta detenzione spesso tornano in libertà senza avere una casa, senza avere un lavoro e senza avere un sostegno immediato. C’è chi deve chiedere soldi ai familiari persino per le sigarette. È una ferita che continua anche fuori dal carcere.
Irene Testa descrive la realtà di chi affronta spese legali enormi e un futuro incerto. Ricorda che molti non sanno come andare avanti, perché i processi costano e lo Stato non garantisce un aiuto rapido a chi è stato riconosciuto innocente. La vicenda di Beniamino Zuncheddu mostra quanto questo vuoto incida sulla vita delle persone.
Nell’intervista di Sonia Martina con Irene Testa, tesoriera del
Partito Radicale, viene raccontato il ritorno di Beniamino Zuncheddu nel carcere di Uta per raccogliere le firme sulla proposta di legge che porta il suo nome (proposta dal Partito Radicale) e che mira a dare un sostegno economico e immediato a tutte le persone vittime di un errore giudiziario.
Testa spiega che Zuncheddu ha voluto tornare “nonostante fosse combattuto” perché “sentiva il bisogno di dare la possibilità anche ai detenuti e a chi lavora in carcere di firmare una legge che riguarda tutti”. Sottolinea che chi esce dopo anni di carcere da innocente “vive nella disperazione perché non sa come poter campare”. Ricorda anche che ritornare a Uta per Beniamino significa “tornare in un luogo che gli ricorda il dolore e la paura provati per anni”.
Irene Testa denuncia inoltre il silenzio della politica: “media e partiti non si sono fatti vivi”, mentre centinaia di volontari in Sardegna portano avanti la raccolta firme tra difficoltà burocratiche, costi e tempi stretti.
Poi un appello: avvocati e cittadini possono ancora raccogliere firme o sostenere la campagna per la proposta di legge Zuncheddu e altri. Ogni modulo certificato può fare la differenza per arrivare all’obiettivo.