Salvatore Curtò è un temporale, tuoni e fulmini, parole a forma di saette. Se però esce dalla sua identità tempestosa, ha una specie di dolcezza ruvida o di ruvidezza dolce, vedete voi. Durante questa intervista, a un certo punto, mi ha persino fatto venire da piangere. Non perché sia un comunicatore scarso, tutt’altro, ma perché quando parla dei suoi inizi, del suo amore per la politica, per il sociale, apre una porta che non tutti conosciamo e aprirla squarcia per un attimo il quadretto dell’uomo ruvido e cacciatore.
L’avevamo incontrato qualche anno fa per parlare del suo racconto “I Figli di Nessuno”: una storia che aprì una crepa nel muro che il Sistema aveva costruito per proteggere il tesoretto fatto di voti, consensi e raccomandazioni. Vedendo tanti conoscenti che sono figli di nessuno, si capiva quanto siamo poco fortunati rispetto ai potentati economici. Questo è il grande inghippo.

Purtroppo, una classe dirigente adeguata, forte delle sue convinzioni, accetta le critiche fondate, sostenute da buone ragioni. Populisti e demagoghi emergono solo quando la politica non ha chiarezza di idee e non dà risposte. Non è normale che chiunque osi guardare la realtà negli occhi e la chiami per nome sia sommerso non da critiche, ma da insulti.
La storia non presenta mai nulla di nuovo, si ripete in eterno ed eternamente presenta il suo conto di lacrime e sangue. Ma la storia, questa storia che oggi Salvatore ci svela dipende molto dalla narrazione che si fa di essa. Ci sono narrazioni che portano indietro e sprofondano nel dolore e nella paura. Altre che conducono avanti, verso una esistenza migliore. I protagonisti dell’opera teatrale ci spiegano che si tratta solo di scegliere il percorso da intraprendere. In fondo la vita è bella, in questo caso è una Bella vita!
Salvatore tra pochi giorni sarai in scena nei teatri con Bella vita, per far comprendere cosa?
I miei lavori teatrali hanno sempre uno spiccato accento sociale. Nei “I figli di Nessuno” celebro un inno alla vita onesta attraverso il racconto di un personaggio che è l’antitesi di Totò Riina e di un gruppo di amici che affronta onestamente la scalata sociale contemporaneamente e diversamente dai Corleonesi. In “Bella vita” celebro un inno alla vita attraverso il tema della donazione degli organi e nella fattispecie della donazione del midollo. Qui il dramma è affrontato con lo spirito giusto, lottando con ogni mezzo, ma soprattutto con generosa partecipazione.

Torni in campo e ti metti di nuovo in gioco dopo il successo del tuo romanzo I figli di nessuno: non ti tremano i polsi?
Il teatro è emozione e io mi emoziono ed emoziono. Certo, dopo il successo della precedente opera, c’è grande attesa. La prima volta era una sorpresa, adesso il pubblico si attende grandi cose. Sento la tensione, ma non tremo certo.
Onestà e criminalità sono due tematiche su cui riflettere per raccontare l’attualità: ma è davvero così bella la vita?
Hai centrato uno dei temi della commedia: il bravo ragazzo diventa “socio di banco” di un delinquente in erba e dalla loro amicizia sbocciano solo belle cose, tra le tante risate che caratterizzano una fase di vita spensierata. La vita non è bella, è bellissima e va gustata in ogni attimo con ogni persona che incontriamo durante il nostro cammino. Questo lavoro è un inno alla vita e alla donazione perché donare è vivere.

Ho notato che nei tuoi testi riversi molta sensibilità: quand’è che ti senti più fragile?
Non mi sento fragile, ma certamente un animo sensibile assorbe meno il rinculo delle delusioni che quotidianamente la vita ci regala. Ho imparato a non aspettarmi niente da nessuno, ma apprezzo tanto l’aiuto di tutti, perché da soli non si va da nessuna parte. Come a teatro ogni persona ha qualcosa da darti o da insegnarti, bisogna essere bravi a capire cosa è ascoltare gli altri.

L’ironia aiuta a vivere: a esempio io se scherzo su qualcosa non sto sminuendo, sto solo usando un diverso punto di vista. Capita anche a te?
Affrontare il tema della donazione e il dramma della malattia in una commedia brillante è una grande scommessa, ma io sono sicuro che riusciremo a regalare al pubblico, anche se a corrente alternata, momenti allegri a messaggi commoventi e intensi. A volte bisogna affrontare la vita col piglio giusto come Totò Vita che è un misto di genio e sregolatezza, ma che alla fine risulta un vincente. Capita a tutti e capita anche a me, di essere quasi fisiologicamente portati ad affrontare certi problemi con ironia.
Questa è l’epoca in cui ci si nutre di immagini e cliché: lo trovi onesto che un povero Cristo debba fare i conti che un giorno abbia un like e l’altro no?
Viviamo un periodo storico in cui le emozioni vanno prima condivise e poi vissute. Durante un evento che può essere un concerto, una partita o una festa qualsiasi c’è la fretta di postare il momento piuttosto che viverlo e assaporarlo. Tutti abbiamo bisogno del consenso e dell’approvazione sociale. Se presenti un libro bellissimo o fai una relazione all’università prendi una dozzina di like, ma se ti fai fotografare con un bicchiere in mano, in un posto figo, sei sommerso di “mi piace” È la dura legge del terzo millennio, almeno fino a ora. Nessuno si salva.

Salvatore, cosa dà speranza alla tua vita, nel quotidiano?
La speranza, o meglio il sogno, sono il miglior motivo per vivere. Io scrivo: più si è poveri e più si sogna… più si sta male e più si spera in un domani migliore. Bisogna crederci sempre. La speranza sono gli uomini e le donne di buona volontà, la speranza siamo noi.
In ogni vicenda umana c’è un prima e un dopo: senza svelare la trama ci pare di capire che anche per i personaggi del tuo racconto… E nella vita reale cosa ha per te rappresentato il prima e il dopo?
La vita ti cambia: a volte ti migliora, a volte ti peggiora. Le esperienze ti forgiano. Prima non conosci tante cose, poi hai esperienza e sai come agire. Chiunque desidererebbe tornare indietro e vivere con la saggezza di adesso esperienze passate. A volte, il prima è la speranza e il dopo è la realtà, ovvero la delusione o il successo. Bisogna sapere vincere e perdere.

In una società come la nostra questa rappresentazione teatrale quanto ha da dire a quanti credono e anche a chi non crede che in fondo al tunnel c’è sempre una luce?
Non ho nessuna presunzione, né tanto meno, quella di insegnare niente nessuno. Sono un positivo per eccellenza e do un messaggio sociale positivo, con ironia, spirito, sarcasmo, emozione. Chiaro che, rivolgendomi a chi sta male, non potevo fare altrimenti, il mio è un invito a crederci sempre e a sperare. Nulla di più che una semplice provocazione.
Si dice che l’arte, i libri, il cinema e il teatro abbiano il potere di costruire ponti, espandere orizzonti e alzare le critiche. A chi vorresti dire qualcosa in proposito?
Al pubblico dico che la vita è bella e dobbiamo apprezzarla, sempre. Dedico questo mio ultimo lavoro a chi soffre, a chi è solo, a chi sta male e soprattutto a chi aspetta un donatore, spero di regalare a tutti loro una serata di risate, nella consapevolezza di affrontare un tema serio e delicato. Al pubblico che ci seguirà, durante la tournée siciliana, dedico il lavoro e i sacrifici di tutta l’Accademia Siciliana per diffondere la cultura della donazione e l’amore per la vita.

Nella commedia Bella Vita reciteranno i seguenti attori oltre al regista messinese Salvatore Curtò:
Nino Catanese di Milazzo;
Nancy Barbaro e Annalisa Maiorana di Messina;
Alfonso Guadagnino giovane talento di Canicattì come Giulia Trupia;
Lorenzo Fichera di Palermo;
Gloria Mancuso di Grotte (Agrigento);
Altri attori ruoteranno nelle successive rappresentazioni. La tournée invernali interesserà le provincie di Agrigento, Messina, Siracusa, Palermo, Ragusa con più spettacoli nei vari teatri, poi, in estate, sono previsti due o tre spettacoli fuori Messina e tanti altri nei comuni del messinese.
