Cosa significa socio-sanitario (o meglio sociosanitario)?
Il termine sociosanitario sintetizza una rivoluzione silenziosa del welfare italiano: l’integrazione fra cura medica e assistenza sociale. Prestazione sociosanitaria è ogni intervento che integra in modo inscindibile componenti sanitarie e sociali, volto a tutelare lo stato di salute fisico, psichico e relazionale della persona quando serve insieme cura e sostegno alla vita quotidiana. Si realizza così il diritto costituzionale alla salute (art. 32 Cost.) e il principio di solidarietà sociale (art. 38 Cost.), in un servizio unitario che però continua ad avere un doppio finanziamento – sanitario e sociale – fonte di molte criticità.
Un ambito cruciale ma poco conosciuto
Il sistema sociosanitario è complesso e stratificato: Convenzione ONU, Costituzione, leggi quadro, DPCM, normative regionali e aziendali. Coinvolge Comuni, ASL, consorzi, enti distretto, gestori privati, famiglie, amministratori di sostegno, educatori, assistenti sociali. È anche una sfida demografica ed economica: viviamo più a lungo, ma spesso conviviamo per anni con malattie croniche e fragilità. Il costo di una RSA per anziani non autosufficienti o disabili gravi può superare 3.500-4.000 euro al mese, insostenibile per molte famiglie.
Dalla logica categoriale all’integrazione Fino agli anni ’70 i servizi pubblici erano divisi per categorie. Con la Legge 833/1978 nasce il Servizio Sanitario Nazionale e si riconosce che alcune prestazioni sociali possono avere rilievo sanitario. Le riforme successive (D.Lgs. 502/1992, Legge 328/2000) istituiscono il sistema integrato dei servizi e distinguono tre tipologie di prestazioni: sanitarie a rilevanza sociale, sociali a rilevanza sanitaria, ad elevata integrazione sanitaria. Ma per chi è anziano, non autosufficiente e necessita di cure continuative in RSA, la distinzione è tutt’altro che chiara. Norme di riferimento: art. 3-septies D.Lgs. 502/92, DPCM 14.02.2001, DPCM 12.01.2017.
Il cuore del problema: chi paga la retta?
Il contenzioso sociosanitario nasce quando la componente sanitaria e quella sociale si sovrappongono. Molti cittadini si vedono chiedere di pagare la “quota sociale” anche quando la prestazione serve alla cura e al mantenimento in vita. La Cassazione (Sez. Unite, 22 marzo 2012, n. 4558 – caso Alzheimer) ha chiarito che quando la prestazione è funzionale alla tutela della salute, anche se svolta in un contesto assistenziale, resta a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Diritti condizionati dai bilanci
Le Corti, compresa la Corte Costituzionale, hanno ribadito che i diritti sociali non possono essere compressi oltre il “nucleo essenziale incomprimibile”, neppure per motivi di bilancio. Ma nella pratica, la regionalizzazione e i tagli hanno generato forti disuguaglianze territoriali e spinto molti cittadini ai tribunali. Il diritto alla salute diventa così finanziariamente condizionato: riconosciuto sulla carta, subordinato alle risorse nella realtà.
Le nuove riforme e i rischi di ritorno al passato Le recenti leggi su disabilità e non autosufficienza hanno introdotto valutazioni multidimensionali più partecipate e nuovi percorsi di presa in carico. Tuttavia, rischiano di riproporre la vecchia logica categoriale, con diritti diversi a seconda dell’età o della condizione amministrativa. Nel febbraio 2025 sono stati respinti in Commissione Politiche sociali del Senato tentativi di introdurre un’interpretazione autentica retroattiva che avrebbe limitato i contenziosi pendenti.
Diritti e sostenibilità: la partita politica Il nodo oggi è politico: da un lato, la sostenibilità economica; dall’altro, l’obbligo costituzionale di universalità e uguaglianza. Ogni retta di RSA contesa nasconde una persona che chiede riconoscimento, relazione e dignità, e famiglie o avvocati che fanno valere principi scritti nella Carta e nei LEA ma spesso ignorati.
Verso un nuovo patto socio-sanitario
Rendere effettivo l’art. 32 Cost. significa restituire alla salute la sua dimensione relazionale e collettiva: salute è anche abitare, autonomia, benessere psicologico. Occorre un nuovo patto tra istituzioni, operatori e cittadini, fondato su presa in carico reale, responsabilità condivisa e diritto alla cura senza aggettivi.
Riferimenti normativi principali
Costituzione italiana (artt. 32 e 38); Legge 833/1978; D.Lgs. 502/1992; Legge 328/2000; DPCM 14 febbraio 2001; DPCM 12 gennaio 2017; Cass. Civ., Sez. Unite, 22 marzo 2012, n.4558 (caso Alzheimer).
Claudia Moretti, legale, consulente Aduc
