Lunedì 13 ottobre 2025 si è svolto il seminario USSI Roma “Raccontare lo sport, raccontare la società: il giornalista di fronte alle continue trasformazioni, tra mondo sportivo e terzo settore“, presso il Salone d’Onore del CONI. Il convegno, organizzato dal Gruppo Romano Giornalisti Sportivi con il supporto di Ussi Nazionale e Ordine dei Giornalisti del Lazio, ha visto la presenza del presidente del Coni, Luciano Buonfiglio, del presidente Cip, Marco Giunio De Sanctis e del presidente Uisp, Tiziano Pesce.
Tra gli interventi c’è stato quello di Ivano Maiorella, direttore di Uispress e del Giornale Radio Sociale, che ha coniugato i temi della comunicazione sociale e della deontologia giornalistica, tra sport e terzo settore. Nel corso dell’intervento è stato analizzato il ruolo del giornalista nelle trasformazioni del linguaggio sportivo e del racconto sociale, sottolineando che l’incontro tra sport e terzo settore aumenta le potenzialità narrative della comunicazione sociale. Come?
“Non ci sono formule magiche, nè esperienze consolidate alle quali attingere – ha detto Ivano Maiorella – si tratta di sporcarsi le mani e cercare di capire realtà nuove che modificano la realtà sociale. Società sportive e asd incarnano realtà in trasformazione, nate dall’incontro delle recenti riforma dello sport e del terzo settore. Pur conservando una specificità propria del fenomeno sportivo, concorrono a gran parte degli stessi obiettivi, socialmente riconosciuti: partecipazione, inclusione, diritti, pari opportunità, parità di genere, solidarietà, lealtà e fair play, volontariato, coesione sociale, educazione, pace, salute, socialità, relazioni. In un titolo: il valore sociale dello sport”.
“Ripercorriamo alcune tappe fondamentali di questo percorso: 2007 con il Libro Bianco dello sport (Commissione Europea); 2016 con la riforma del terzo settore; 2019 con la riforma dello sport; 2023 con lo sport in Costituzione. Ci sono molte difficoltà normative da assimilare per i sodalizi associativi dello sport di base, nuovi adempimenti formali ma anche nuove opportunità: possibilità di accedere a nuovi bandi pubblici e privati, agevolazioni fiscali, una più solida percezione sociale del proprio ruolo, una rivoluzione culturale ancora in atto, con riflessi su economia e lavoro”.
“Quindi, sport e Terzo Settore sono diventate due facce della stessa medaglia, ma lo erano anche prima, ovvero lo sport di base era terzo settore anche prima del terzo settore. Non lo era per l’ordinamento giurico, non lo era nella percezione comune nella quale prevaleva un modello Coni fatto di reclutamento-avviamento-selezione. L’associazionismo sportivo di base, sin dal dopoguerra ha svolto un’azione fondamentale in quanto ha contribuito a ricostruire un tessuto democratico di associazionismo libero (dopo la dittatura fascista) e capace di divulgare e promuovere un accesso per tutti – non soltanto per i più dotati o per i più ricchi – ai benefici della pratica sportiva e motoria, in termini di salute, socialità, divertimento. Il ruolo sociale dell’associazionismo nella ricostruzione della Repubblica libera, democratica e anitfascista è dato da alcune date esemplificative: 1944 nasce il Csi-Centro Sportivo Italiano; 1948 nasce l’Uisp; 1949 nasce l’Endas. Quell’associazionismo dal base, terzo settore prima del terzo settore, si proponeva interventi sociali per il bene comune: rimuovere disuguaglianze, provare a colmare alcuni ritardi della scuola in termini di educazione motoria, intervenire sul problema degli impianti sportivi e sulle disuguaglianze di sviluppo che produceva tra Nord e Sud del Paese, far affiorare il tema dei diritti per tutti e quello delle pari opportunità tra uomini e donne”.
“Che cosa può fare l’informazione sportiva di fronte a questa realtà in mutamento? Lo sport, come genere giornalistico, nasce come una realtà separata rispetto al resto. Le riforme dello sport e del terzo settore lo rendono meno separato, anzi aprono le porte a potenzialità narrative nuove che non sono più un genere ma raccontano lo sport attraverso il sociale, e viceversa. Non a caso, da oltre una decina d’anni, l’Uisp propone seminari interni e corsi formativi, alcuni in collaborazione con Ordine dei Giornalisti, che hanno proprio questo titolo: raccontare lo sport attraverso il sociale, raccontare il sociale attraverso lo sport”.
“Sport e terzo settore sono occasioni di sviluppo anche per il giornalismo, l’informazione e la comunicazione. Su vari livelli: illuminare tutto losport, non soltanto calcio e quello di altissimo livello (riequilibrio culturale); raccontare la società attraverso lo sport; occasione di emancipazione, uscire fuori dal genere, ripensare l’informazione classica. Non è un caso che molte media company seguite in rete dai giovani (Will, Factanza, Torcha, Scomodo…per citarne alcuni) mischiano i generi classici e ne inventano di nuovi che orientano i lettori a nuovi rapporti col testo: rispetto, salute e benessere, contrasto al razzismo, parità di genere, green, scienza, tecnologia…Le storie di sport hanno un grande appeal, soprattutto tra i giovani: si esplorano itinerari nuovi di conoscenza entrando da quelli e si approda ad altri contenuti. E viceversa”.
” L’incontro tra questi due mondi genera un nuovo racconto sociale: non più soltanto cronaca di risultati, ma narrazione di esperienze, diritti, comunità, educazione e cittadinanza attiva. Il giornalista, chiamato a raccontare questa unione, deve utilizzare competenza, sensibilità e rispetto dei valori etici.
Che fare? Perché la deontologia è una valida alleata in questo percorso? Il nuovo Codice deontologico delle giornaliste e dei giornalisti, entrato in vigore il 1 giugno 2025, stabilisce che la libertà d’informazione è un diritto insopprimibile, subordinato al racconto della verità sostanziale dei fatti, alla lealtà e alla buona fede (art. 1), quindi, bisogna fare uno sforzo per raccontare la realtà dei fatti in modo vero, pertinente e continente, dal punto di vista del linguaggio e delle modalità espressive utilizzate. Ciò assume particolare rilievo nel contesto sportivo e sociale, dove la narrazione può incidere profondamente sull’opinione pubblica e sulla dignità delle persone. Il giornalismo sportivo e quello sociale si incontrano in un terreno comune: raccontare le persone prima delle performance, valorizzare i percorsi inclusivi, evitare linguaggi discriminatori. Il Codice deontologico aggiorna e integra le “Carte” che da anni orientano l’informazione: Carta di Treviso, Carta di Roma, Comunicare la disabilità, Media, Donne, Sport”.
“Ne emerge una visione e un racconto unitario, che mette la persona al centro, non la condizione o l’etichetta; evitare stereotipi, discriminazioni e linguaggi lesivi (art. 11, 13, 14); tutelare i minori e le persone vulnerabili, privilegiando sempre l’interesse educativo; rappresentare correttamente le differenze di genere, anche attraverso la scelta delle parole, come indicato nel manifesto Media, Donne , Sport-idee guida per una diversa informazione presentata nel 2019 da Uisp, Giulia Giornaliste, Odg, Ussi, Fnsi, Assist (“allenatrice”, “presidentessa”, “arbitra”). L’informazione sportiva, in particolare, ha la responsabilità di rendere visibili le atlete, le diversità e le pratiche inclusive, rompendo lo stereotipo dello sport come spettacolo maschile e competitivo”.
“È un racconto che educa, forma e costruisce cittadinanza. “L’informazione è un bene pubblico”, questo viene affermato dal Media Freedom Act, entrato in vigore l’8 agosto 2025, imponendo trasparenza, indipendenza editoriale e tutela delle fonti. Parallelamente, l’articolo 19 del Codice deontologico introduce per la prima volta il tema dell’uso dell’intelligenza artificiale: le tecnologie possono assistere, ma non sostituire il giornalista, che resta responsabile dei contenuti, della verifica delle fonti e dell’impatto sociale dell’informazione”.
“In questo quadro, il giornalista che opera negli uffici stampa o nel settore sportivo deve mantenere autonomia, separando comunicazione e marketing, come previsto dagli articoli 22 e 32. Trasparenza, formazione continua e rispetto delle persone diventano i pilastri del nuovo giornalismo pubblico e sociale. Il racconto che nasce dall’incontro tra sport e terzo settore rappresenta a tutti gli effetti un paese che cambia: più attento ai diritti, più sensibile alle differenze, più consapevole del valore sociale dello sport. Il giornalista, in questo contesto, è chiamato non solo a informare ma a educare alla cittadinanza, costruendo fiducia, pluralismo e inclusione. È qui che la deontologia diventa racconto, e il racconto diventa bene comune”. (a cura di Elena Del Grosso)
