
Mentre tra le macerie di Gaza si ricomincia a sperare, esultando al cessate il fuoco; Israele gioisce per il ritorno dei rapiti, il mondo intero tira un sospiro di sollievo e trenta Paesi si riuniscono oggi a Sharm-El-Sheik per dare un nuovo orizzonte al Medio Oriente, a Firenze, la prima di Macbeth, ha reso omaggio ai torturatori di Hamas. Un omaggio, come al solito, camuffato da anelito di pace e pietà per un popolo, quello palestinese, vittima dei raid israeliani quanto di chi li ha governati finora.
Mario Martone, regista dell’opera andata in scena ieri sera al maggio Musicale Fiorentino, ha pensato bene di far scorrere le immagini della distruzione di Gaza come sfondo al coro dei profughi scozzesi: “Patria oppressa il dolce nome…d’orfanelli e di piangenti…s’alza un grido e fere il sol”. Non solo, ma i combattenti scozzesi, eroi del riscatto della Patria, erano in tuta e col mitra, in tutto simili ai criminali di Hamas. Ma questo e’ stato solo l’antipasto, un assaggio del finale in linea con quanto di peggio i Propal hanno invaso le strade, le piazze e le università del Belpaese. A sipario, chiuso, sullo sfondo del velluto rosso, sono apparsi striscioni sui quali, nero su bianco, si invocava “Basta al genocidio”, “Non più bambini innocenti uccisi”. Chissà che cosa avrà pensato il rieleggendo presidente Giani, che era in sala. Chissà se ha applaudito?
Perché sono stati proprio gli applausi a fare più male. Un lungo battimani regalato alle scene di Gaza, un altro altrettanto lungo per gli striscioni. I “Bu, Bu” non sono mancati, ma sempre troppo pochi e forse inibiti dalla “moda” imperante che ha trasformato le vittime del 7 ottobre in carnefici e liberatori e resistenti chi ha ridotto i gazawi in schiavi e carne da macello.
Quando una tragedia si riduce a una moda si smette di pensare. La moda è una facile scappatoia dalla complessità, non ti impegna a capire e ti concede il facile beneficio di sentirti dalla parte giusta. E così hai finalmente una risposta alla domanda di quanti, nati dopo la seconda guerra mondiale, hanno continuato a chiedersi come siano potuti nascere e attecchire fascismo, nazismo e tutti gli ismi che hanno insanguinato il secolo scorso.
Peccato, perché questo Macbeth era bello. Bellissime le voci di Luca Salsi, nei panni del protagonista, e di Vanessa Goikoetxea come Lady Macbeth; di Antonio di Matteo (Banco) e Antonio Poli, nel ruolo di Macduff; e bellissimo, come sempre il coro del coro del Maggio. Peccato che Martone stesso abbia voluto infangare la propria regia, che sarebbe stata ottima senza populistiche concessioni alla moda. Mi auguro solo che nessuno gli affidi mai la regia di un Nabucco, non potrei resistere ad un coro dei palestinesi.
Grazia Carifi, giornalista, collaboratrice Aduc