
Joppolo (Patti, Messina, 1906 – Parigi, 1963) rappresenta un caso unico nel mondo artistico italiano. Drammaturgo, narratore, poeta, saggista, pittore, ha saputo eccellere in ciascuna di queste sue attività, anche se forse il teatro è stato il suo terreno di più viva vocazione. Il suo lavoro più famoso, “I Carabinieri”, è stato messo in scena da Roberto Rossellini e Godard ne ha tratto un famoso film. Lunedì prossimo al Vittorio Emanuele in programma un incontro con la presenza di Giovanni Joppolo, figlio dello scrittore
“Joppoliana”, progetto speciale del Ministero della Cultura, organizzato dall’associazione Il Castello di Sancio, con la direzione artistica di Roberto Zorn Bonaventura, ricorderà Beniamino Joppolo da lunedì 13 ottobre a Messina fino al 26 ottobre a Naso. La manifestazione ha il patrocinio dei comuni di Messina e Naso.
Lunedì (ore 10 – 13, Book Shop del Vittorio Emanuele) ci sarà un incontro al quale prenderà parte Giovanni Joppolo, figlio dello scrittore, con la partecipazione di Vincenzo Bonaventura, critico teatrale; Lucio Falcone, edizioni Pungitopo; Angela Pipitò, Italia Nostra, Presidio Nebrodi, già direttrice della Galleria provinciale d’Arte moderna e contemporanea di Messina; Dario Tomasello, docente universitario; Maurizio Puglisi, già interprete de “I Carabinieri” nel teatro Vittorio Emanuele; Roberto Bonaventura, già regista de “I Microzoi” nella Sala Laudamo. Letture di Monia Alfieri, Gerri Cucinotta e Giuseppe Giamboi.
Nel pomeriggio dello stesso giorno (ore 15 – 17), nel Cospecs dell’Università (Sala Cinema, via Concezione), si parlerà del testo teatrale più noto di Joppolo, “I Carabinieri”, messo in scena nel 1962 da Roberto Rossellini in quella che fu l’unica regia teatrale del grande regista (con scene e costumi di Renato Guttuso) e da cui nel 1963 Jean-Luc Godard trasse un famoso film. In programma un intervento del regista cinematografico Francesco Calogero.
Dal 23 al 26 nel Teatro Alfieri di Naso ci saranno un laboratorio dedicato al teatro di Joppolo, prove aperte e letture sceniche con contributi di Monia Alfieri, Gaspare Balsamo, Roberto Zorn Bonaventura, Ninni Bruschetta, Gianluca Cesale, Giorgia Di Giovanni, Pierfrancesco Mucari, Michele Sinisi, Carla Tatò, Togo e altri.
Beniamino Joppolo (Patti, Messina, 1906 – Parigi, 1963) rappresenta un caso unico nel mondo artistico italiano. Drammaturgo, narratore, poeta, saggista, pittore, ha saputo eccellere in ciascuna di queste sue attività, anche se forse il teatro è stato il suo terreno di più viva vocazione. Da ricordare anche che è stato lui a scrivere il primo manifesto dello Spazialismo, insieme con Lucio Fontana e Milena Milani, ed è stato anche un teorico-artista di punta del gruppo di Corrente, di cui faceva parte anche il pittore Giuseppe Migneco, che era stato suo compagno di scuola a Messina nel liceo Maurolico. Molti degli episodi relativi agli anni trascorsi nella città dello Stretti sono contenuti nel romanzo autobiografico “La doppia storia”, a suo tempo edito da Mondadori e recentemente ripreso da Pungitopo, che meritoriamente sta ripubblicando i testi di Joppolo, fra cui il teatro, di cui sono già usciti due volumi.
«Joppolo – ricorda in uno scritto il figlio Giovanni – ha vissuto la sua infanzia in un paesino dei Nebrodi, Sinagra. Sua madre era di una famiglia nobile di Patti, cittadina costiera che si affaccia sulle Isole Eolie. Il padre era professore di letteratura italiana, latino e greco al liceo Maurolico di Messina. Era nato in una famiglia di nobili scaduti, discendenti dei conti di Naso, imparentati con i Piccolo, la famiglia del poeta Lucio Piccolo.
«All’inizio del secolo questi paesini montani della catena dei Nebrodi (Sinagra, Ucria, Naso) erano posti sperduti, isolati dai centri costieri, con problemi sociali ed economici scottanti. Ci sono accenni precisi a questa realtà in romanzi come “La giostra di Michele Civa” e “La doppia storia”, in lavori teatrali come “Le acque” e “I carabinieri”.
«Ma la visione della Sicilia nell’opera di Joppolo non s’impernia direttamente sulla storia o sull’antropologia culturale. La sua ricerca non si apparenta a quella di scrittori come Brancati e più avanti Sciascia. Joppolo ha un suo modo particolare di contestualizzare, là dove la geografia fisica e mentale dei Nebrodi è presente e ricostituibile ma volontariamente astrattizzata. Forse perché le preoccupazioni di Joppolo erano più ancorate nell’utopia del dopoguerra, cioè più avanguardistiche, più universalistiche che identitarie o, come si dice ormai da un po’ di anni, postmoderne. Joppolo è invece totalmente moderno, pienamente partecipe dell’utopia avanguardistica degli anni cinquanta».