ScentsBeatz si racconta: Il desiderio di fuga e il bisogno di radici. Tra vento e terra, tra movimento e stabilità

La carriera artistica di ScentsBeatz è iniziata in un altro universo sensoriale: quello della profumeria artistica. Ha lavorato accanto a case essenziere e nasi internazionali, sviluppando un gusto e la sua dedizione agli ossimori sensoriali. Questo bagaglio ha alimentato il suo approccio alla musica: due linguaggi diversi ma complementari, che considera i suoi archivi sensoriali.

Da qualche settimana è su tutte le piattaforme digitali e in rotazione radiofonica, il nuovo singolo di ScentsBeatz, Rootless, per la label Three Hands Records.

La musica, assieme alla profumeria artistica, è diventata il suo linguaggio principale. Ha impiegato anni per trovare una direzione che fosse autentica e personale: non un genere definito, ma un percorso libero, istintivo e fuori dagli schemi. Non le interessa incasellarsi, perché per lei la musica è soprattutto emozione: deve colpire, scuotere, trasmettere energia.

Nata in Sardegna e cresciuta in un contesto familiare profondamente legato alla musica e all’arte, ScentsBeatz è stata fin da piccola immersa in un laboratorio creativo. Musicista, autrice, viaggiatrice: la creatività è anche mettersi a nudo? Tutto questo ha colmato la tua curiosità?

La creatività è la forma più autentica di espressione di sé. Esporsi attraverso ciò che si crea significa mostrare una parte intima della propria anima, e questo inevitabilmente rende vulnerabili. Ma è proprio in quella vulnerabilità che risiede la forza: la capacità di mostrarsi per ciò che si è davvero, senza paura del giudizio. È lì che nasce l’autenticità.

Perché hai scelto il nome SCENTSBEATZ?

Il nome Scentsbeatz rappresenta l’incontro tra due mondi che mi appartengono profondamente: quello delle fragranze e quello della musica. Scents richiama l’universo olfattivo, qualcosa di sottile e invisibile ma capace di evocare emozioni. Beats invece è ritmo, battito, energia vitale. Insieme raccontano la fusione tra sensazione e suono.

La tua carriera è iniziata in un altro universo sensoriale: quello della profumeria artistica… Qual è il senso di essere un’artista oggi? Davvero siamo fatti di parole, odori e musica?

Penso che troppo spesso ci dimentichiamo che i sensi sono la nostra prima forma di linguaggio. È attraverso di loro che viviamo, comprendiamo e traduciamo le emozioni. La musica e i profumi, per me, sono due strumenti potentissimi in questo: amplificano ciò che sento e mi permettono di comunicare in un modo diverso, più vero, più immediato

Il nuovo singolo Rootless che suggestione nasconde? 

Rootless è un brano che per me rappresenta una corsa — intensa, dinamica, quasi viscerale. Ha un’anima elettronica, con suoni talvolta spigolosi, quasi disturbanti, che si mescolano alla parte più emotiva e dolce della mia voce. È proprio in questo contrasto che trovo la mia identità: quella tensione costante tra il desiderio di fuga e il bisogno di radici, tra vento e terra, tra movimento e stabilità. Credo che in fondo parli di qualcosa che appartiene un po’ a tutti noi. È un brano che parla di movimento, ma anche di appartenenza.

Perché proprio questo genere?

Sono cresciuta con mio padre che mi faceva ascoltare Jean-Michel Jarre, e credo che quell’universo sonoro, così visionario e sensoriale, mi abbia segnato profondamente. È un mondo che mi appartiene, che riconosco come casa. L’elettronica mi consente di unire la parte più emotiva e organica della voce con quella più astratta e concettuale del suono, proprio come accadeva in quelle prime esperienze di ascolto.

 

A quale progetto fin qui sei particolarmente legata?

Unire l’aspetto olfattivo a quello sonoro è ancora un territorio sperimentale, e proprio questo lo rende affascinante. Mi incuriosisce il parallelismo tra le note olfattive e quelle musicali: entrambe, pur essendo finite, permettono infinite combinazioni, emozioni e risultati. Ciò che più mi entusiasma di Scentsbeatz è la possibilità di rendere ogni esperienza unica, personalizzandola in base al contesto, alla cultura, alla stagione. È un progetto fortemente identitario, ma allo stesso tempo aperto, in continua trasformazione.

 

La musica, assieme alla profumeria artistica, è diventata il tuo linguaggio principale: chi o cosa rappresenta l’essenza infinita? L’arte, la musica, i viaggi possono essere una sorta di riscatto o sono semplicemente un percorso naturale di una persona sensibile?

Le evoluzioni del progetto, la musica, i viaggi… sono tutte manifestazioni della mia curiosità. Ognuna di esse è un territorio da esplorare, un invito alla scoperta. Vivo costantemente in trasformazione, e questi stimoli mi permettono di restare in equilibrio tra ricerca e cambiamento, senza mai cristallizzarmi in un’unica forma.

Che cosa ti suggerisce la parola identità?

Per me l’identità è strettamente legata al concetto di autenticità. Esporsi per ciò che si è davvero richiede coraggio e un alto grado di accettazione della propria vulnerabilità. Credo che spesso ci si nasconda dietro strutture, convenzioni o soluzioni pensate solo per piacere, per paura del giudizio. Ma l’identità autentica nasce proprio quando si sceglie di mostrarsi, anche nella fragilità, senza compromessi.

La libertà è un concetto molto complesso: la tua idea di libertà in cosa consiste? 

La libertà, per me, è la possibilità di essere in ascolto di sé, senza lasciarsi imprigionare dal giudizio o dalle regole imposte. Non credo sia una meta, ma un cammino continuo, fatto di scelte e di consapevolezza. In una società che spesso ci spinge a recitare ruoli, la vera libertà è riuscire a vivere in sintonia con la propria essenza, anche nei limiti della quotidianità.

Danze in riva al mare. Scivolando nel mondo. Senza gravità. E’ per te questa la libertà di una donna?

La libertà, per una donna, è la possibilità di appartenere solo a sé stessa. È la capacità di esprimere la propria identità e la propria sensibilità senza essere filtrata da ruoli o relazioni che la definiscano. È un atto politico e personale insieme: la scelta di vivere la propria femminilità come espressione piena di sé, non come risposta a uno standard o a un’aspettativa collettiva.

 

Mi ha sempre affascinato la coesistenza di tante anime, spesso diverse, nelle donne. In modo particolare quando le manifestate con orgoglio. In te quante anime convivono?

In passato vivevo la mia sensibilità come qualcosa di troppo, come una parte difficile da gestire. Oggi invece la riconosco come la mia vera forza. L’ho imparata a elaborare, a trasformarla in linguaggio artistico, a farla diventare creatività invece che malinconia. La mia musica nasce proprio da questo processo: dal desiderio di dare forma a ciò che sento, di trasformare l’emozione in energia. Amo l’estetica, il dettaglio, ma credo che tutto parta sempre da lì — da quella vulnerabilità che continua a essere il mio terreno più fertile

La cura per prendere le cose meno belle con filosofia?

La mia cura è sempre stata il fare. Nei momenti più difficili ho imparato che anche la più piccola azione può diventare un seme di rinascita. Muoversi, creare, trasformare: è così che ho sempre trovato equilibrio. La musica, in particolare, è la mia medicina più profonda — riesce a prendere ciò che pesa e a restituirlo come luce, come energia nuova. È il mio modo di guarire e di andare avanti.