
Si è chiusa al Cinema Massimo del Museo Nazionale del Cinema la sesta edizione di Job Film Days, festival diretto da Annalisa Lantermo, che si è tenuto dal 30 settembre al 5 ottobre 2025 a Torino.
Premio Cinematografico Internazionale “Lavoro 2025” JFD – INAIL
La Giuria, presieduta da Paola Randi e composta da Eva Parey, Paola Valentini, Matteo Berardini e Domenico Princigalli, assegna il premio come miglior film a
Mr. Nobody Against Putin di David Borenstein (Danimarca/Repubblica Ceca, 2025, 90’)
Con la seguente motivazione: realizzato tramite footage girato e trafugato con grande rischio per la sicurezza personale, Mr. Nobody Against Putin è un documentario che testimonia anzitutto il coraggio del suo protagonista, Pasha, disposto a fronteggiare ritorsioni ed esilio pur di denunciare la deriva autoritaria della società russa seguita all’invasione in Ucraina. Pasha è infatti un insegnante, un lavoro determinante che spesso diamo per scontato e che invece si fa ancora più importante nel momento in cui propaganda, culto dell’autorità e militarizzazione si impossessano della quotidianità scolastica. Il film si costruisce così su un punto di vista privilegiato e originale in grado di svelare i meccanismi interni di un’autocrazia che promuove una cultura bellica radicata sul concetto di invasione, coltivata nell’etnocentrismo e nella mancanza di empatia. Senza dimenticare la sofferenza vissuta dalle famiglie dei soldati caduti, o lo spavento mal nascosto dal machismo dei giovanissimi pronti a partire, il documentario ci appare come un lavoro quanto mai necessario, in questi tempi di tanta cecità da parte di società impegnate a perpetrare l’orrore.
Il Gran Premio della Giuria è assegnato a
How to Talk to Lydia? di Rusudan Gaprindashvili (Georgia/Germania, 2025, 72’)
Con la seguente motivazione: sorretto da un’intuizione che è assieme potentemente cinematografica e assai pertinente rispetto ai temi della salute e della sicurezza sul posto di lavoro, How to Talk to Lydia? è un documentario che pone in rilievo l’interazione tra uomo e IA per come va configurandosi nel capitalismo neoliberista contemporaneo. Raccontando una storia di migrazione economica in cui il lavoratore è costretto a “indossare” l’intelligenza artificiale divenendone il supporto, il completamento fisico, il film espone con chiarezza la doppia valenza di tale relazione, per cui ai vantaggi dell’automazione corrispondono nuovi rischi e storture. A partire da quella, paradossale, di rendere tale dinamica patologica nel suo sovvertimento: è Lydia, la voce generata dal dispositivo indossabile, a impartire istruzioni dettagliate al lavoratore affinché questi possa compiere incarichi fisici con maggior accuratezza e velocità, esponendosi alle operazioni più rischiose del processo. Di pari passo l’alienazione generata passa anche per il linguaggio, appiattito a una serie di istruzioni essenziali che trasformano la quotidianità verbale in un mantra solitario, un nuovo portato della feticizzazione del lavoratore non lontano dai tic nervosi delle mani di chapliniana memoria.
Il Premio al miglior film sulle tematiche inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro (1.000 €) va ex aequo a
Naima di Anna Thommen (Svizzera, 2024, 98’)
Con la seguente motivazione: nel raccontare il complesso percorso intrapreso da Naima, una migrante che studia in Svizzera per diventare infermiera e ricongiungersi ai propri figli, il film tratta con estrema pertinenza il tema della salute e della sicurezza sul posto di lavoro, un argomento spesso critico per chi lascia il proprio paese con l’obiettivo di raggiungere una vita migliore per sé e per i propri cari. Come per ogni popolo in movimento, italiani compresi, il disagio dell’emigrante parla la lingua del precariato, dello sfruttamento, dei pregiudizi e delle discriminazioni, tanto da tradurre l’ansia e il senso di inadeguatezza in uno vero e proprio stato depressivo o di crisi esistenziale. Sottolineando l’importanza di strumenti di welfare come il patronato, il film mostra però come sia possibile evadere da questi circoli viziosi, ottenendo un maggior riconoscimento dei propri diritti e nuove opportunità di lavoro, elementi chiave grazie ai quali Naima riesce a dare una svolta alla vita sua e della propria famiglia.
Bad Reputation di Marta García e Sol Infante (Uruguay/Argentina, 2024, 78’)
Con la seguente motivazione: il documentario segue Karina Nunez, una prostituta di strada, nel suo percorso di sopravvivenza e lotta per i propri diritti. Karina è un personaggio straordinario, un’attivista determinata a raggiungere un vero riconoscimento per le sex workers come lei – emarginate, a rischio, soggette a pregiudizi e stigma – grazie alla creazione di un’organizzazione sindacale specifica, la OTRAS. Nel raccontare con efficacia narrativa e padronanza cinematografica un contesto normativo diverso da quello italiano (in Uruguay il sex work è parzialmente regolamentato, gode di sorveglianza sanitaria obbligatoria per quanto manchi di ogni diritto legato al welfare), il film ha l’ulteriore merito di accendere un faro su un territorio lavorativo che in Italia necessita ancora di legislazione specifica, e così di tutele sociali e assicurative, welfare, salute e sicurezza.
Premio “Job for the Future” JFD – Camera di Commercio di Torino
La Giuria, presieduta da Gianluca e Massimiliano De Serio e composta da Francesca Portalupi, Rossana Mortara, Antonio Cuesta e Nicola Scarlatelli, assegna il premio come miglior cortometraggio a
They Can Hear Your Smile di Michael Jiřinec (Repubblica Ceca, 2024, 12’)
Con la seguente motivazione: il cortometraggio usa uno stile originale che sfocia nell’assurdo e nel grottesco rendendo un affresco di un luogo di lavoro tragicamente attuale dove la pressione e la frustrazione sono agenti determinanti. Le tinte della narrazione assolutamente sopra le righe rendono ancora più d’impatto la rivelazione finale: il film si ispira alla storia personale della mamma del regista. Per il suo coniugare una narrazione originale, una tecnica cinematografica di qualità impeccabile ed elemento autobiografico.
Il premio al miglior soggetto in relazione alle tematiche del bando di concorso è assegnato a
+10K di Gala Hernández López (Spagna/Francia, 2025, 31’)
Con la seguente motivazione: il documentario riesce a ritrarre una generazione di giovani adulti di oggi, nella figura così reale e così impalpabile di un ventenne spagnolo, Pol, tessendo una stratificata riflessione sulla solitudine, sulle relazioni familiari, sull’iperconnessione contemporanea, mettendo al centro il tema del lavoro da una prospettiva insieme naturale e inquietante. Nel racconto del sogno di una ricchezza senza lavoro, il protagonista e la regista del film ci conducono nel dietro le quinte di un’irreversibile, attuale e futura, smaterializzazione della vita, interrogandosi al contempo sul cinema e sullo sguardo, ormai sempre più sospesi tra realtà e artificio.
Il premio al miglior regista che abbia sviluppato temi di interesse per il Piemonte è assegnato a
Dream Car Wash di Edoardo Brighenti (Italia/Regno Unito, 2024, 13’)
Con la seguente motivazione: Edoardo Brighenti ha saputo raccontare con pochi tratti un angolo di umanità fatta di lavori a giornata, di piccoli soprusi, di sogni che danno la forza di superare le avversità quotidiane. La giovane ragazza che lava le auto e coltiva nel corpo e nella mente l’ambizione di diventare ballerina e il suo capo, che ‘ce l’ha fatta’ e ciononostante conserva vivida la memoria di quando era lui a provarci, sono personaggi ben delineati dalla scrittura e ben interpretati dal punto di vista attoriale. E proprio nella parola “sogno” la giuria ha rintracciato un legame con la Regione Piemonte, territorio da sempre propenso all’accoglienza e alla realizzazione dei sogni di chi lo abita. Una Regione che ha visto nascere il cinema, la televisione, la radio, la moda e l’elettronica. Una Regione che oggi è culla di molte imprese che integrano valori morali e principi di sostenibilità nelle loro attività. E l’idea che oggi, nel mondo in cui viviamo, si possa
continuare ad avere dei sogni, e coltivarli, e vederli realizzati, ci è parsa una ricchezza non da poco.
La giuria composta da studentesse e studenti di Università di Torino, Politecnico di Torino e Scuola Holden, assegna il primo per il miglior cortometraggio a
Queen Ant di Michał Mróz (Polonia, 2024, 8’)
La giuria studentesca assegna inoltre una menzione speciale a
The Office Farewell di Mehdi Pierret (Belgio, 2024, 18’)
e a
Dream Now Revolution Tomorrow di Francesco Manzato (Italia, 2024, 9’)
Premio “Decent Work for All” JFD – ITCILO
La Giuria, presieduta da Dagmawi Yimer e composta da Cristina Voto, Paola Babos, Mattia Temponi e Annamaria Gallone, assegna il premio come miglior cortometraggio a
Patron Saint di Fanie Soto (Messico, 2024, 15’)
Con la seguente motivazione: il cortometraggio affronta temi centrali per l’Agenda del Lavoro Dignitoso, con particolare riferimento ai paesi a medio e basso reddito. In primo luogo, emerge la mancanza di sistemi di protezione sociale, soprattutto per la vecchiaia e la disoccupazione: a livello globale, si stimano 165 milioni di lavoratori privi di copertura pensionistica e soltanto il 30% dei lavoratori dispone di un sostegno in caso di perdita del lavoro. Un secondo tema riguarda la migrazione per lavoro. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro promuove il concetto di “fair migration”, che garantisce condizioni eque e il rispetto dei diritti dei lavoratori migranti. Oggi nel mondo si contano circa 170 milioni di lavoratori migranti, una componente essenziale ma spesso vulnerabile dei mercati del lavoro globali. Infine, il film mette in evidenza il peso del lavoro domestico e di cura non retribuito, prevalentemente svolto dalle donne. Questa condizione limita le loro opportunità occupazionali: circa 708 milioni di donne nel mondo non possono accedere a un lavoro dignitoso perché impegnate nella cura della famiglia senza un compenso economico. Tutti temi cruciali che ci ricordano quanto il diritto a un lavoro dignitoso sia ancora lontano dall’essere universale.
Il premio al miglior soggetto in relazione alle tematiche del bando di concorso è assegnato a
The Weeper di Hamed Ghasemi (Iran, 2024, 20’)
Con la seguente motivazione: la scelta viene dalla necessità di ascoltare, vedere e mettere in luce una tematica come quella del lavoro non dignitoso, che spesso non è una scelta. The Weeper, attraverso diverse sfumature e strati narrativi riesce a rappresentare, senza essere didascalico, la condizione femminile in Iran. Ci ha colpito la cura dell’estetica e la direzione attoriale, nel descrivere i rapporti tra i personaggi in una struttura narrativa spesso silenziosa e costruita nei dettagli. Un film che permette allo spettatore di osservare una realtà lavorativa e identitaria a molti sconosciuta.
Il premio per la miglior regia è assegnato a
The Rock Speaks di Francois Knoetze e Amy Louise Wilson (Sud Africa/Stati Uniti/Congo, 2024, 7’)
Con la seguente motivazione: per aver saputo mettere in primo piano, con uno sguardo insieme rigoroso e poetico, il tema della dignità nel rapporto tra lavoro umano e lavoro macchinico. Attraverso una regia capace di restituire opacità a ciò che solitamente appare invisibile e trasparente, il film rende percepibile il carattere tangibile e terreno delle operazioni meccaniche, mostrando come esse non siano affatto artificiali, ma parte integrante di un paesaggio naturale e sociale condiviso. Con sensibilità e precisione, l’opera traduce in immagini il confronto tra corpi, gesti e dispositivi, restituendo al pubblico una riflessione attuale e necessaria sul valore del lavoro e sulle forme della sua trasformazione.
La giuria assegna inoltre una menzione speciale a
Touch di Pedro Carvalho (Brasile, 2024, 20’)
Con la seguente motivazione: attraverso un linguaggio visivo potente ed emozionante, Pedro Carvalho invita a riflettere sui principi dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL/ILO): la giustizia sociale e il lavoro dignitoso come base del progresso umano e della convivenza pacifica. Il film mette in luce come, in assenza di un lavoro dignitoso, milioni di lavoratori poveri in tutto il mondo si trovino intrappolati in una condizione di precarietà, incapaci di costruire un futuro sostenibile per sé e per le proprie famiglie. Come ricorda uno dei personaggi: «Per fare progetti per il futuro, bisogna avere dei risparmi» — un’affermazione semplice ma profondamente vera. Là dove mancano libertà, equità, sicurezza e dignità nel lavoro, vengono meno anche le pari opportunità e la possibilità di una reale integrazione sociale. Secondo l’OIL, la giustizia sociale è la pietra angolare della pace, della stabilità e della coesione sociale.
La giuria composta da studentesse e studenti di Università di Torino, Politecnico di Torino e Scuola Holden, assegna il primo per il miglior cortometraggio a
The Weeper di Hamed Ghasemi (Iran, 2024, 20’)
Con la seguente motivazione:
La giuria studentesca assegna inoltre una menzione speciale a
Patron Saint di Fanie Soto (Messico, 2024, 15’)
Bars di Waleed Zedaney (Palestina, 2023, 3’)
Laboratorio di scrittura “Dall’idea al soggetto Job Film Days”
La Giuria, presieduta da Monica Repetto e composta da Fabrizio Bontempo e Massimo Arvat, assegna il premio per il miglior soggetto a Ritratto di un giovane indiano che scompare nell’indifferenza generale di Giacomo Mosca.
Con la seguente motivazione: per l’originalità della scrittura e per la capacità di affrontare con uno sguardo personale e originale il tema dell’intelligenza artificiale sul lavoro e dell’identità. Come scrive l’autore, questa storia nasce dal desiderio di raccontare le paure condivise da una generazione «cresciuta con un cellulare in mano e che oggi, paradossalmente, inizia a temerlo». Un doppio registro tra leggerezza e profondità restituisce l’autenticità di un’esperienza vissuta, trasformando la paura della sostituzione tecnologica in una riflessione universale sulla fragilità e sul senso di smarrimento del nostro tempo.
La sinossi: Patel è un ragazzo qualunque. Lavora come attore per una subdola azienda di Stock Footage, prestando ogni giorno il suo volto, generico e rassicurante, a ruoli che non gli appartengono. Ma mentre interpreta le vite degli altri, la sua si fa sempre più rarefatta, portandolo a perdere lentamente il contatto con sé stesso
Il secondo premio va a Il nido della gru di Riccardo Berca e Rocco Zaupa.
Con la seguente motivazione: per la forte potenzialità drammaturgica e per l’intelligente lavoro sui generi, che fonde realismo sociale e suggestioni da western contemporaneo. Il cantiere urbano diventa il confine di un mondo sospeso, dove regole e protocolli smettono di valere. Il soggetto illumina, usando con abilità il registro grottesco, un territorio narrativo in cui non esistono buoni o cattivi in senso assoluto ma, come dicono gli autori stessi: «solo una montagna di complicazioni, interferenze, dilemmi morali e colpe condivise».
La sinossi: All’alba, in un cantiere che pare una frontiera, tre figure ai margini si ritrovano a occultare il corpo senza nome di un gruista. Nel silenzio sporco del loro accordo emerge un dramma grottesco, specchio di un mondo operaio ancora sepolto.
Il terzo premio è assegnato a Fuori servizio di Francesca Dursi.
Con la seguente motivazione: per l’efficacia con cui trasforma un blackout in dispositivo narrativo e simbolico: l’oscurità diventa specchio del burn-out e occasione di cambiamento, costringendo i personaggi a togliersi la maschera del ruolo nel lavoro e a incontrarsi nella loro umanità condivisa.
La sinossi: Bianca, manager ambiziosa, a causa di un blackout generale resta intrappolata in ufficio di notte a poche ore dalla scadenza di una consegna decisiva per la sua carriera. Mentre il tempo scorre, grazie a un incontro inaspettato, il buio esterno accenderà una resa dei conti interiore.