Sul campo di calcio può avere inizio la rivoluzione dell’anima

Marilù Moalli viene da Varese, è una psichiatra e psicoterapeuta junghiana, dal 25 al 27 settembre è stata a San Benedetto del Tronto insieme alla squadra Asd Global Sport Lario che ha preso parte alla XVII edizione di Matti per il calcio. La rassegna nazionale Uisp ha coinvolto 11 squadre composte da pazienti, medici, infermieri e volontari dei Dipartimenti di salute mentale di tutta Italia: giovedì e venerdì si sono svolte le partite e sabato si sono giocate le finali e ci sono state le premiazioni. Nel corso delle giornate abbiamo avuto l’occasione di intervistare la psichiatra per conoscere il suo punto di vista sul valore dell’iniziativa Uisp, nel percorso terapeutico e di reinserimento delle persone con disagio mentale.

E’ la seconda volta che partecipo a Matti per il calcio – racconta la psichiatra -la trovo una manifestazione molto interessante perchè apre il mondo della psichiatria. Quella proposta da Franco Basaglia è stata una grande rivoluzione che ha impattato sull’aspetto burocratico ma c’è ancora molto da lavorare sulla sensibilità, la libertà, la possibilità di sentirsi uguali agli altri. Gli ospedali psichiatrici sono stati chiusi ma al loro posto sono state aperte molte comunità in spazi periferici e i pazienti si trovano sempre chiusi in altre strutture. Invece, un’esperienza come questa permette ai pazienti di sperimentarsi attraverso lo sport, insieme ad altre persone con e senza disagio, si crea unione e un senso di uguaglianza e di libertà”.

“La caratteristica fondamentale dello sport è la possibilità di mantenere l’individualità della persona: all’interno della squadra ognuno ha il suo ruolo, le sue caratteristiche e la sua personalità, ma tutto avviene in funzione della squadra. Quindi otteniamo il mantenimento dell’individualità collegato ad un gruppo di appartenenza. Le due pulsioni istintive che ci governano sono rabbia ed eros, noi non possiamo eliminarle, ma attraverso il gioco e lo sport possiamo canalizzare queste tensioni interne, soprattutto con attività competitive, in questo modo viene legittimata l’aggressività perchè inserita nell’ambito di un sistema di regole. Quando giochi devi essere leale, rispettare te stesso e l’altro, gli avversari, il pubblico, l’arbitro. Così giocando a pallone si riescono a mettere insieme l’aspetto umano e psicologico oltre che di integrazione sociale”.

“L’unica cosa che un po’ mi dispiace è che ci siano pochi psichiatri – aggiunge Marilù Moalli – io sono venuta volontariamente, perchè sono molto legata ai ragazzi della squadra di Como, sono contenta di essere qui e loro sono felici che io partecipi. Anche noi medici, operatori, infermieri, abbiamo l’occasione di uscire dal nostro ruolo, partecipiamo, facciamo il tifo: forse è questa la vera rivoluzione che Basaglia avrebbe voluto promuovere. Franco Basaglia ha gettato un seme da cui deve ancora nascere una pianta: penso, infatti, che la nostra psichiatria sia spesso troppo organicistica, sarebbe meraviglioso far nascere una psichiatria diversa, una rivoluzione dell’anima, in cui al farmaco bisogna unire l’ascolto, la lettura psicologica dei sintomi. La mia speranza è che la rivoluzione di Basaglia avvenga e coinvolga anche l’anima delle persone. A Matti per il calcio lo sport finalmente entra nella psichiatria, qui conosco persone senza riuscire a distinguere tra operatori e pazienti, perché sono tutti uniti dall’essere matti per il calcio… E’ una prospettiva divertente e l’ironia del nome si ritrova nello spirito sul campo: i matti non sono i pazienti, siamo tutti noi, è una cosa che ci unisce, siamo tutti matti per il calcio”.