
di Andrea Filloramo
“I membri della Conferenza episcopale tedesca e il Comitato centrale dei cattolici tedeschi hanno adottato e pubblicato una linea guida per gli agenti pastorali sulla benedizione delle coppie non sposate in chiesa e hanno raccomandato ai vescovi diocesani di procedere secondo il suo spirito”.
Così Matthias Kopp, portavoce dei vescovi tedeschi, ha dato comunicazione della pubblicazione di un opuscolo che propone di benedire le coppie dello stesso sesso o le coppie divorziate e risposate. Il documento prevede celebrazioni con musica, letture e preghiere.
Questo documento afferma che la Chiesa riconosce e offre sostegno alle coppie unite nell’amore. “Pertanto – in esso c’è scritto- va rafforzata la pratica di accompagnare con una benedizione le coppie divorziate e risposate, così come le coppie di ogni identità di genere e orientamento sessuale e le coppie che non vogliono o non possono ricevere il sacramento del matrimonio”.
Una cosa appare oggi certa: I vescovi tedeschi continuano a proseguire sulla loro strada riguardo alle benedizioni delle coppie dello stesso sesso, nonostante le posizioni contrastanti con la Santa Sede.
Per capirne il senso occorre andare indietro nel tempo.
Nel marzo 2023, l’Assemblea sinodale della Chiesa cattolica tedesca aveva approvato, con 176 voti favorevoli, 14 contrari e 12 astensioni, la celebrazione di cerimonie di benedizione per coppie gay, con attuazione prevista a partire da marzo 2026. Questa decisione era stata presa in risposta alla crescente richiesta di inclusività e accoglienza da parte delle persone LGBTQ+ nella Chiesa.
Il presidente della Conferenza episcopale tedesca, monsignor Georg Bätzing, aveva dichiarato che non intendeva impedire ai sacerdoti di benedire le coppie omosessuali che credono e chiedono la benedizione di Dio, sottolineando la libertà pastorale dei singoli sacerdoti in queste situazioni.
Tuttavia, questa posizione si scontrava con l’insegnamento ufficiale della Chiesa cattolica, che considera le unioni omosessuali come “irregolari”.
Il Vaticano ribadiva la sua posizione attraverso dichiarazioni ufficiali, come quella della Congregazione per la Dottrina della Fede, per la quale ai sacerdoti non è consentito benedire l’amore di una coppia omosessuale, in quanto ciò avrebbe implicato un riconoscimento che non è conforme alla dottrina cattolica.
Inoltre, nel dicembre 2023, la stessa Congregazione pubblicava la dichiarazione “Fiducia supplicans”, approvata da Papa Francesco, che consentiva la benedizione di coppie dello stesso sesso, ma senza equipararle al matrimonio e senza convalidare ufficialmente il loro status.
Questa situazione ha creato una frattura tra la Chiesa cattolica tedesca e la Santa Sede, con alcuni osservatori che parlarono di una possibile divisione all’interno della Chiesa universale, che, in realtà, però, non c’è stata.
Ancora oggi, i vescovi tedeschi continuano a proseguire con la loro iniziativa di benedire le coppie dello stesso sesso e questo nonostante il disappunto del nuovo Papa Leone XIV, affiorato nell’intervista a Crux, giornale on-line, che si concentra su notizie relative alla Chiesa Cattolica, realizzata il 30 luglio 2025, condotta dalla giornalista Elise Ann Allen e inclusa nella sua biografia, in cui egli ha affermato che tali benedizioni: «vanno specificamente contro il documento approvato da Papa Francesco, “Fiducia Supplicans”, che sostanzialmente dice che, naturalmente, possiamo benedire tutte le persone, ma non cerca un modo per ritualizzare un qualche tipo di benedizione perché non è questo che insegna la Chiesa».
Nell’intervista Leone XIV ha fatto poi un netto distinguo tra benedizioni individuali e di coppia, a suo dire una differenza sostanziale che va applicata per non ritualizzare nulla.
Tuttavia, la Chiesa tedesca, con una alzata di spalle, ha fatto capire che difficilmente tornerà indietro dal percorso intrapreso, con buona pace del nuovo pontefice, che si trova, perciò, a superare il primo scoglio del suo pontificato.
È questo un passaggio delicatissimo e, direi, emblematico della tensione che attraversa oggi la Chiesa cattolica in cui i vescovi tedeschi – e più in generale una parte della Chiesa del Nord Europa – portano avanti una linea pastorale che vuole dare risposte concrete a comunità e fedeli che chiedono riconoscimento, inclusione e vicinanza.
La benedizione delle coppie omosessuali, per loro, è un gesto che non si colloca (almeno nelle loro intenzioni) sul piano dottrinale del matrimonio, ma su quello pastorale dell’accompagnamento e della preghiera. Essa, quindi, non equivale a un riconoscimento sacramentale o giuridico del nuovo legame. È solo un gesto che invoca la misericordia di Dio, chiedendo la sua luce e il suo aiuto per la vita delle persone che si presentano, indipendentemente dalla loro situazione canonica.
Da evidenziare che la benedizione delle coppie dello stesso sesso o le coppie divorziate e risposate può essere accostata – ma non più di tanto e con qualche fraintendimento – agli adelphopoiesis (letteralmente “fare fratelli”), dei primi secoli della Chiesa e attestata in area bizantina nel Medioevo, la cui interpretazione come matrimonio omosessuale è stata sempre rigettata sia dalla Chiesa Cattolica, sia da quella ortodossa, tuttavia, era una celebrazione, che sanciva un vincolo di fraternità tra due uomini, un riconoscimento pubblico e sacralizzato di una relazione che comportava obblighi di mutuo sostegno, assistenza e talvolta sepoltura comune.
La cerimonia addirittura poteva comprendere: invocazioni, legatura delle mani con la stola, scambio del bacio di pace, condivisione della coppa eucaristica.
Le adelphopoiesis possono, quindi, essere considerate delle testimonianze eloquenti di come la Chiesa abbia storicamente riconosciuto e benedetto legami profondi al di fuori della famiglia naturale.
La riscoperta di questa cerimonia che si svolgeva nell’antichità, può stimolare una riflessione teologica più ampia sul valore delle relazioni affettive e sull’accoglienza della comunità ecclesiale nei confronti di forme di comunione che oggi chiedono riconoscimento e dignità.
Leone XIV indubbiamente riconosce la validità di queste considerazioni ma, per la sua forte attenzione all’unità ecclesiale, teme derive locali troppo “autonome”; percepisce le scelte dei vescovi tedeschi e di altri episcopati come rischiose, in quanto possono dare l’impressione di creare una “Chiesa a due velocità”: da un lato comunità nazionali che aprono, dall’altro altre che restano su posizioni più tradizionali.
Il Papa ritiene che il punto non sia soltanto il gesto pastorale, ma l’impatto simbolico ed ecclesiologico: se ogni conferenza episcopale dovesse decidere per conto suo, si rischierebbe di intaccare l’universalità della Chiesa.
In pratica, i vescovi tedeschi “tirano dritto” perché avvertono l’urgenza pastorale e hanno alle spalle un cammino sinodale, voluto dal Papa, che li ha spinti in questa direzione, nella quale hanno posto anche altri temi rilevanti per il rinnovamento della Chiesa in Germania, come il potere e la divisione dei poteri nella Chiesa, il celibato sacerdotale, la possibilità di sacerdoti sposati, la figura del sacerdote nel contesto contemporaneo, le donne nei ministeri e nei servizi della Chiesa, l’ammissione delle donne al diaconato e al sacerdozio.
Leone XIV legge in questa ostinazione un segnale di frammentazione, quasi un preludio a una “federalizzazione” della Chiesa cattolica. Il nodo vero, quindi, per il Papa non è la benedizione in sé, ma la tensione tra unità e pluralismo interno.
È questo un terreno sul quale Egli sembra voler mantenere un freno deciso, mentre i vescovi tedeschi mettono l’accento sull’urgenza pastorale e sulla credibilità verso la società contemporanea.
In Curia, già dai tempi di Papa Francesco, si studiavano diverse opzioni per evitare lo scontro frontale: ’l’impressione è che si sia giunti a un bivio delicato: concedere aperture pastorali controllate, rischiando di alimentare la percezione di un doppio binario, oppure mantenere la fermezza, rischiando una rottura latente, che rischia però di non essere sempre tale, con intere Chiese locali”.
E’ ben chiaro a tutti che è stato proprio in Germania in cui nel XVI secolo avvenne quella riforma, che ha rappresentato una rottura fino ad oggi insanabile e una svolta epocale nella storia religiosa e culturale dell’Europa, avviata da Martin Lutero, che – guarda caso – era agostiniano come l’attuale pontefice.
La questione delle benedizioni delle coppie omosessuali, insomma, non è soltanto per Papa Leone una disputa morale ma è il terreno dove si misura la tensione tra unità e pluralismo, tra universalità e inculturazione; è, anche equilibrio tra l’accoglienza e la fedeltà alla dottrina, che in ogni modo si può in ogni caso salvaguardare.