
Con la sentenza n. 1644 del 9 giugno 2025 (1) la Corte d’Appello di Milano ha rimesso ordine su una questione che, nei tribunali, viene ancora troppo spesso trattata come opinabile: le rette di ricovero per malati affetti da Alzheimer, demenza o altre patologie degenerative non sono a carico delle famiglie.
La vicenda. Il figlio di una degente, al momento dell’ingresso della madre in RSA, firma l’impegno al pagamento della retta. Dopo anni di richieste economiche, porta la questione in giudizio. Il Tribunale di Milano gli aveva dato torto. La Corte d’Appello ha invece ribaltato la decisione, dichiarando nullo l’impegno sottoscritto dal familiare perché contrario a norme imperative (art. 1418 c.c.) e chiarendo che l’intero costo del ricovero grava sul Servizio Sanitario Nazionale.
Non è più tempo di distinguere artificiosamente tra prestazioni “sanitarie” e prestazioni “assistenziali”. La Corte di Cassazione lo ha detto in modo inequivocabile in più occasioni:
– Cass. 2038/2023: basta che ci siano prestazioni sanitarie inscindibilmente connesse a quelle assistenziali per rendere gratuito l’intero trattamento;
– Cass. 34590/2023: l’attività svolta in favore di malati di Alzheimer in istituto di cura è attività sanitaria, e quindi di competenza esclusiva del SSN;
– Cass. 4752/2024 e Cass. 2216/2024: quando le cure mediche non possono essere erogate senza il supporto assistenziale, prevale la natura sanitaria, e la spesa non può essere scaricata sulle famiglie.
La Corte d’Appello di Milano ha fatto applicazione di questi principi, ricordando che la retta di ricovero, quando vi è un trattamento terapeutico continuativo e personalizzato, non può essere posta a carico del paziente né dei parenti.
Cosa significa per gli utenti
Per le famiglie questa sentenza è una conferma importante: gli impegni firmati all’ingresso in RSA non hanno valore giuridico se contrastano con la normativa sui Livelli Essenziali di Assistenza.
Inoltre, eventuali richieste economiche delle strutture possono essere contestate, anche in giudizio, con concrete possibilità di vittoria. Infine, le Regioni e le strutture devono assumersi le proprie responsabilità e non scaricare i costi sui cittadini.
La decisione si inserisce in un orientamento giurisprudenziale ormai stabile: la “longoassistenza” sanitaria e sociosanitaria ad elevata integrazione è a carico del SSN: non può diventare un debito delle famiglie.
Per questo è fondamentale che gli utenti conoscano i propri diritti e non si facciano intimidire da richieste economiche illegittime. La giurisprudenza è dalla loro parte.
Si ringrazia l’Avv. Federico Randazzo per la condivisione della sentenza
1 – https://www.aduc.it/generale/files/file/newsletter/2025/settembre/milano9giugno.pdf
Claudia Moretti, legale, consulente Aduc