
Dal 1995 a oggi, la pressione fiscale più bassa l’abbiamo avuta con il governo Berlusconi II.
Anche a causa di un esercito di almeno 2,5 milioni di evasori, quest’anno i contribuenti italiani hanno impiegato 156 giorni per onorare tutte le richieste avanzate dal fisco. In altre parole, per rispettare le decine e decine di scadenze previste dal calendario fiscale, le persone fisiche e quelle giuridiche hanno teoricamente lavorato per lo Stato sino all’inizio dello scorso mese di giugno.
Versamenti che sono necessari per retribuire i dipendenti pubblici, per consentirci, quando è necessario, di essere curati da una struttura ospedaliera pubblica, di far frequentare ai nostri figli la scuola o l’università, di disporre di trasporti veloci ed efficienti e di vivere in tranquillità, perché la sicurezza di tutti noi è assicurata dalla presenza delle forze dell’ordine. Solo dal 6 giugno fino al prossimo 31 dicembre (209 giorni) gli italiani lavoreranno per sé stessi e per la propria famiglia. Quello realizzato dall’Ufficio studi della CGIA è un puro esercizio di scuola che ci consente di misurare in un modo del tutto originale il peso fiscale che grava sugli italiani.
Per 2,5 milioni di evasori le tasse sono un optional
In Italia, purtroppo, i contribuenti onesti versano molte tasse perché ci sono tante persone che non le pagano o lo fanno solo parzialmente. Secondo le ultime stime dell’Istat riferite al 2022, infatti, sono quasi 2,5 milioni le persone fisiche presenti in Italia che sono occupate irregolarmente. Sono uomini e donne che lavorano completamente in nero o quasi; quando operano in qualità di subordinati non sono sottoposti ad alcun contratto nazionale di lavoro. Se, invece, lavorano in proprio, ovviamente non possiedono la partita Iva. In valore assoluto il numero più elevato è concentrato in Lombardia con 379.800 unità. Seguono i 319.400 residenti nel Lazio e i 270.200 abitanti della Campania. Se, invece, calcoliamo il tasso di irregolarità, dato dal rapporto tra il numero di occupati irregolari e il totale degli occupati di ciascuna regione, in Calabria registriamo il tasso più elevato pari al 17,1 per cento. Seguono la Campania con il 14,2, la Sicilia con il 13,6 e la Puglia con il 12,6. La media italiana è del 9,7 per cento.