Lettera aperta al Comune di Pesaro: salvare l’Elvezia, salvare una città che vuole restare accogliente

C’è una luce che si accende ogni sera nel cuore di Pesaro. Non è quella di un albergo come tanti, con insegne luminose e salotti eleganti, ma quella più discreta e vera dell’Hotel Elvezia, che da anni ospita chi non ha nulla: poveri, migranti, italiani in difficoltà, persone fragili. Quella luce rischia ora di spegnersi. Carlo Ialenti, operatore umanitario, e io siamo stati ieri a trovare il coraggioso titolare dell’albergo, Andrea Verde. Ci siamo fermati a conversare con alcuni dei suoi ospiti, profughi che lavorano duramente, fra mille difficoltà, e inseguono un progetto di integrazione positiva.

Il Comune ha disposto la chiusura dell’albergo entro l’8 novembre, a meno che non si verifichino adeguamenti strutturali conformi ai requisiti richiesti per le strutture ricettive classificate a una stella. L’ordinanza cita muffe, infissi logori, prescrizioni antincendio. Il titolare Andrea Verde ha già presentato ricorso al TAR e non intende arrendersi. Non tanto per sé, ma per le 65 persone che perderebbero, con l’Elvezia, l’unico tetto, l’ultimo rifugio.

Non vogliamo, con queste righe, attaccare nessuno. Ma vogliamo rivolgere un appello alla coscienza di chi amministra, progetta, decide. La legge è fondamentale, ma non può restare cieca di fronte ai capisaldi della democrazia, ai valori umani primari. Perché ci sono alberghi e ci sono case della solidarietà, luoghi dove si consuma una battaglia quotidiana contro la solitudine, l’indifferenza, la miseria. L’Elvezia è uno di questi. A me e Carlo, ieri, venivano le lacrime agli occhi conversando con un pescatore, un fattorino, un uomo di fatica: tutti provenienti da nazioni colpite da carestia o conflitti sociali. Persone resistenti in un luogo resistente. Fratelli, specchi in cui si riflette il nostro valore umano, civile, politico.

Non possiamo chiudere gli occhi sull’enormità del rischio che si porrebbe con la chiusura inopinata dell’hotel, un rischio che ci porrebbe sul confine fra sopravvivenza e dramma umanitario. Vogliamo – insieme al sindaco, agli assessori, ai consiglieri, ai candidati alle prossime Regionali – immaginare un altro finale: un intervento condiviso, un tavolo di lavoro, un contributo pubblico, una deroga concordata che permetta all’albergo di rimanere aperto mentre si realizzano, gradualmente, gli adeguamenti richiesti. Si tratta di salvare un presidio sociale, non solo un esercizio commerciale.

Pesaro ha una lunga tradizione di accoglienza. Ha saputo accogliere e proteggere negli anni difficili della guerra, ha fatto la sua parte nella solidarietà verso profughi e ultimi, ha generato esperienze associative e culturali che l’hanno resa una città giusta, viva, democratica. Chi oggi chiude gli occhi davanti all’Elvezia, rischia di voltare le spalle a questa identità.

La società civile si è già mossa. Si sta organizzando una raccolta fondi, un presidio di sostegno, una segnalazione alla Commissione Europea affinché si protegga il valore sociale di questo luogo. Ma il cuore della questione è tutto qui: vogliamo davvero spegnere questa luce, o possiamo fare un passo in più, uno solo, per tenerla accesa?

Pesaro non può diventare una città che ha paura dei poveri, dei diversi, dei fragili. Pesaro deve restare coraggiosa. Deve mantenere lo spirito e le azioni virtuose che l’Elvezia rappresenta ogni giorno con coraggio e amore.

Grazie dell’attenzione; ci auguriamo che vogliate ascoltare il nostro appello e consentire al progetto dell’Hotel Elvezia di continuare a offrire speranza e solidarietà a tanti nostri fratelli in condizioni di fragilità, ma pieni di volontà di riscatto.

La cittadinanza sta rispondendo in massa all’appello, mostrando che lo spirito di accoglienza pesarese è tutt’altro che estinto.

 

Ecco i primi firmatari:

 

Roberto Malini (il sottoscritto, che ha condiviso la lettera aperta), Carlo Ialenti, Paola Elena Cavina, Pier Roberto Renzi, Giuliana Donati, Mariateresa Roseo, Stefano Poderi, Glenys Robinson, Dario Picciau, Lisetta Sperindei, Steed Gamero, Fabio Patronelli… e le adesioni si susseguno a un ritmo incalzante

 

Nella foto di Steed Gamero, da sinistra, Carlo Ialenti, Roberto Malini e Andrea Verde